Lo scontro al vertice già segnala la lotta per la successione a Mosca

Lo scontro al vertice già segnala la lotta per la successione a Mosca

Cosa significa l’arresto del vice-ministro della difesa Timur Ivanov, un corrotto già denunciato da Navalny, e perché solo ora è caduto in disgrazia?


Yurii Colombo
Yurii Colombo
Lo scontro al vertice già segnala la lotta...

Dal nostro corrispondente da Mosca

Gli hanno messo le manette mentre lasciava il suo ufficio. Timur Ivanov, numero due della Difesa russa, ha saputo così di essere ormai finito in guai seri, perché accusato di aver incassato “tangenti su larga scala”. Si parla di milioni di euro. Il caso, dice la stringata spiegazione ufficiale dell’Agenzia Tass, è legato a fenomeni di “corruzione e appropriazione indebita nell’esecuzione di opere per le necessità del Ministero della Difesa”.

Che il vice capo dicastero avesse fatto dell’appropriazione indebita il suo stile di vita era noto – e da molti anni – in tutta Mosca. Il “Fondo per la Lotta alla Corruzione” fondato da Alexey Navalny aveva più volte denunciato gli acquisti milionari di immobili, gioielli e antiquariato che Timur e la moglie Svetlana facevano regolarmente in Europa, prima di essere sanzionati dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina.

Malgrado il viceministro avesse uno stipendio di poco più di 100 mila euro annui, era abituato a spese da capogiro. In base a un’inchiesta di “Proekt”, il patrimonio immobiliare del viceministro è costituito da una casa di 1.600 metri quadri, e un giardino di 10mila metri quadrati, “reggia” che si trova a pochi chilometri della capitale; inoltre risulta proprietario di un cottage a Ostozhen, altri 300 metri quadrati. La squadra di Navalny aveva anche messo le mani sull’archivio di posta elettronica della moglie di Ivanov: fatture relative a proprietà immobiliari, noleggio di yacht, acquisto di abiti e accessori costosi. Prima delle sanzioni occidentali, gli Ivanov soggiornavano abitualmente a Saint-Tropez, dove arrivavano a spendere 850.000 euro per un solo mese di vacanza.

Dopo così tanto tempo, quindi, il suo arresto, più che un caso giudiziario di corruzione, sembra una bomba a orologeria piazzata sotto la poltrona del suo superiore, il ministro Sergey Shoygu. È anche da escludere che l’arresto vada fatto risalire a uno scontro interno al Cremlino su come condurre la guerra, o addirittura che Ivanov fosse a capo di una fronda “traditrice” e/o “filo-occidentale”, come hanno fantasiosamente sostenuto alcuni giornali europei.

In realtà Ivanov è la vittima sacrificale dello scontro che da mesi sta coinvolgendo i vertici del ministero della difesa e quello delle finanze: scontro provocato dalla ripartizione dei fondi miliardari per la ricostruzione delle zone occupate dalle truppe russe nel Donbass, e in particolare della città di Mariupol, distrutta dagli stessi russi.

Un anno fa, la rivista “Centro Dossier” aveva rivelato che i territori occupati in Ucraina “erano diventati una vera e propria miniera d’oro per Ivanov”. Secondo le fonti della pubblicazione, tutti gli appaltatori del ministero della difesa pagano tangenti; allo stesso tempo, a fronte di un aumento dei coefficienti di costruzione nei territori occupati, vengono stanziati fondi da 3 a 4 volte superiori allo standard.

Nel quadro di questa lotta inter-ministeriale senza esclusione di colpi, non si può escludere che si giunga anche all’allontanamento dello stesso ministro Shoygu, un protetto di Putin, anche se ciò produrrebbe un terremoto e uno squilibrio politico con ricadute difficili da prevedere. Secondo il giornalista Andrey Pertse “l’arresto del viceministro della difesa alza notevolmente la posta in gioco nella lotta all’interno dell’élite. In definitiva, una volta che un tabù viene infranto da qualcuno cessa rapidamente di valere per tutti. Se uno dei partecipanti ha infranto la regola e ha temporaneamente ottenuto un vantaggio sleale, sarà presto seguito da altri gruppi, il che promette nuovi cicli di lotta ai vertici. Del resto, i segnali che le regole nella lotta tra clan sono sempre meno evitabili erano da tempo già evidenti”.

La guerra, ma anche il pragmatismo di Putin, impediscono alle élite russe di fare piani a lungo termine per il futuro, e quindi le incoraggia a non rispettare più le vecchie regole. Soltanto alcuni mesi fa, abbiamo già visto un esempio di questa caotica lotta di “tutti contro tutti” durante lo scontro tra Evgeny Prigozhin e il ministero della difesa.

Così, mentre i soldati russi continuano a morire al fronte per l’equivalente di 2 mila dollari al mese, i capi delle forze armate e i vari dicasteri si contendono i grandi investimenti per la ricostruzione dei territori occupati, dimostrando che le capacità di mediazione tra i vari clan del presidente russo funzionano sempre meno. E dentro questa dinamica si potrebbe aprire nel futuro la battaglia per la sua successione.

Nell’immagine: una simpatica scenetta coniugale fra Ivanov e la moglie

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