Vette, teste e croci

Vette, teste e croci

La recente polemica, in Italia, sul senso delle croci poste in cima alle montagne, fra pseudo discorsi identitari e fake news


Mario Casella
Mario Casella
Vette, teste e croci

Il “Crocione”, come lo chiamano in Capriasca, domina la collina sopra casa mia. Da quello che sulle mappe porta l’anodino toponimo di “Motto della Croce”, si scorge il filo delle creste tra la Svizzera e la vicina Italia. Da oltre 120 anni questa grande croce scruta la pianura Padana. Anche in questi giorni guarda giù, ignara del clamore mediatico che – se si dovesse credere a quanto scritto da alcuni giornali – potrebbe minacciare il destino delle consorelle della Penisola. Titoli a caratteri cubitali hanno gridato: “Il CAI (Club alpino italiano) è contro le croci”.

Anche le croci, non solo i paracarri, ormai lo hanno capito: ogni giorno siamo inondati dalle “fake news”. Questa volta però, come ha fatto notare Michele Serra su Repubblica, la sbandata è di quelle clamorose. Per restare nel gergo montanaro: la notizia ha fatto partire una valanga di reazioni e provocato danni imprevisti. “Come si fa a scatenare una polemica contro una cosa mai detta? Non sto parlando di una frase decontestualizzata (sui social la decontestualizzazione è materia prima di molte polemiche), né della distorsione malevola di una cosa davvero detta. Sto parlando di una cosa mai detta, eppure spacciata per detta”, scrive il sempre acuto commentatore.

A pronunciare le presunte parole blasfeme sarebbe stato il neodirettore editoriale del CAI, Marco Albino Ferrari durante un convegno organizzato dall’Università cattolica. In realtà, nel corso della discussione, un alto prelato aveva affermato che usare la croce come simbolo identitario significa banalizzarla e perciò è meglio non erigere nuove croci sulle vette. Ferrari si è detto d’accordo: “il CAI si occupa della manutenzione di quelle esistenti perché rappresentano un elemento culturale delle nostre montagne che va preservato”. È però giusto non aggiungerne altre.

Il concetto era già stato espresso anche da Pietro Lacasella, il curatore de “Lo Scarpone”, il portale online del CAI. Il titolo del suo contributo non avrebbe dovuto lasciar spazio ai malintesi: “Croci di vetta: sbagliato rimuoverle, anacronistico installarne di nuove”. La strumentalizzazione politica si è invece subito scatenata. Il Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini ha definito una “sciocchezza” la proposta di “vietare” il crocifisso in montagna. La ministra del turismo, Daniela Santanchè, si è indignata: “Un territorio si tutela fin dalle sue identità e l’identità delle nostre comunità è fatta anche di simboli”.

E qui è d’obbligo abbandonare le metafore alpinistiche per ricorrere a quelle culinarie. La frittata l’ha cucinata Antonio Montani, da un anno presidente del CAI, prendendo le distanze dalle parole di Marco Albino Ferrari. “Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci in vetta. In alcuna sede”, ha puntualizzato prima di scusarsi con la ministra “per l’equivoco”. Risultato: per scelta dei presunti blasfemi sono cadute alcune teste che – salvo ripensamenti dell’ultimo momento – avrebbero potuto portare aria nuova in un’istituzione secolare come il Club alpino italiano. Ferrari ha inoltrato le dimissioni dalla carica di direttore editoriale e responsabile delle attività culturali, Lacasella ha fatto lo stesso lasciando “Lo Scarpone” mentre i collaboratori del portale online sono scesi in sciopero in segno di protesta per le parole del presidente del CAI.

Un pasticciaccio che vanifica – vien da dire “crocifigge” – il rinnovamento editoriale e culturale delle pubblicazioni e dei portali del Club alpino italiano messo in atto negli ultimi mesi da un nuovo team competente, coraggioso e pieno di idee originali.

Il Crocione della Capriasca dal canto suo può continuare a dormire tranquillo. Per ora in Svizzera nessuna minaccia, vera o strumentalizzata, di abbattere o vietare i crocifissi sulle vette. Dall’alto della sua mole però lo stesso Crocione per ben due volte ha già assistito incredulo all’abbattimento notturno con tanto di motosega di un’altalena panoramica eretta a pochi metri dai suoi piedi.

In Italia le croci e i malintesi pilotati fanno cadere le teste. Da noi le altalene fanno girare la testa e vengono tagliate al piede. Il Crocione, lui resiste…

Nell’immagine: il Crocione fotografato da Mario Casella

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