India in bilico tra economia galoppante e democrazia condizionata

India in bilico tra economia galoppante e democrazia condizionata

Il controverso premier Narendra Modi verso il terzo mandato; mentre il paese più popoloso del mondo diventa sempre più strategico sul piano internazionale, la sua democrazia si indebolisce


Loretta Dalpozzo
Loretta Dalpozzo
India in bilico tra economia galoppante e...

Sembra una scommessa sicura quella della vittoria elettorale del primo ministro Indiano Narendra Modi nelle elezioni più lunghe e complesse del pianeta: 968 milioni di persone decideranno se estendere il già storico mandato del BJP, partito del popolo indiano (Bharatiya Janata Party), che da dieci anni governa l’India. Dal 19 aprile al 1. giugno, si svolgerà un enorme esercizio per il rinnovo del parlamento, in quella che, almeno sulla carta, è la più grande democrazia del mondo. Ci vorrà più di un mese per conoscerne l’esito.

Anche se i risultati (previsti addirittura per il 4 giugno ) non stravolgeranno gli equilibri politici, ciò che succede in India “conta”. Sotto Modi, l’India è diventata l’economia con la crescita più rapida del pianeta, spingendo il paese verso lo statuto di superpotenza e, allo stesso tempo, la popolarità del  premier, visto che i suoi successi, gli hanno permesso di stringere la presa sulle istituzioni democratiche. 

Se in altri paesi in via di sviluppo si è data prima la libertà economica e poi quella politica, in India, al contrario, si è concessa prima la libertà politica e poi quella economica. La democrazia è intrinsica nel tessuto sociale del paese, ma la popolazione sembra essere disposta a “sacrificare” alcune libertà in cambio della crescita economica. Una dinamica di cui è architetto appunto Narendra Modi, personaggio controverso, ma estremamente popolare. Modi è considerato un leader che si è fatto da sè, senza il sostegno della dinastie politiche che dominano da sempre il paese.

E’ stato accusato di aver messo a tacere i suoi critici e di aver represso i media indipendenti. Nell’annuale indice della libertà di stampa (World Press Freedom Index), l’India è scesa dal 140° posto nel 2014, anno in cui Modi salì al potere, alla 161esima posizione, su 180 nazioni.

L’India è sempre più polarizzata lungo le linee religiose e i critici sostengono che altri cinque anni dominati dal BJP cementeranno le politiche che si allontanano dalla tradizione secolare. Le minoranze, in particolare i 200 milioni di musulmani del paese, affermano di essere perseguitate. Dalla demolizione dei monumenti islamici, alla ridenominazione delle città fondate da antichi sovrani islamici,  alla revisione dei libri di storia: l’India di Modi è una nazione sempre più incentrata sugli indù. 

Ma sotto la sua guida, la quinta economica del mondo, ha fatto passi da gigante sul palcoscenico internazionale. Dalla missione di successo sulla luna, alla presidenza di turno del G20, il 2023 è stato l’anno in cui Delhi ha mostrato il suo valore e consacrato il suo ruolo da protagonista sulla scena mondiale. 

Sempre più corteggiato da Europa e Stati Uniti, il gigante indiano è visto dall’Occidente come un’alternativa alla Cina comunista e una forza per contenere Pechino. L’anno scorso la patria di Gandhi ha superato il rivale asiatico, come paese più popoloso del mondo: 900 milioni di persone sono ora in età lavorativa, secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. 

Nuova Delhi sta formando nuove alleanze, siglando accordi commerciali e intensificando la cooperazione in materia di difesa, rimodellando l’ordine globale. Alleato storico della Russia, non prende posizione sulla guerra in Ucraina. Aiuta l’Occidente a contenere la Cina, ma non volta completamente le spalle a Pechino. Indipendentemente da chi è al governo, la politica estera indiana è guidata dalla diplomazia e dai principi democratici, che vanno difesi per il bene dell’India stessa e del resto del mondo.

Con un’opposizione debole e una successione incerta, la più grande sfida di Modi, in caso di vittoria elettorale, sarà creare posti di lavoro, espandere i programmi di sicurezza sociale per mantenere il patto tacito con la popolazione pronta a rinunciare almeno temporaneamente a certi valori, in cambio della crescita e del benessere economico. Quanto questo porterà ad un’ulteriore erosione della democrazia parlamentare in favore dell’autoritarsimo, lo capiremo nei prossimi cinque anni.

Nell’immagine: Narendra Modi

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