Cosa sta succedendo in Cina?

Cosa sta succedendo in Cina?

Inondazioni, difficoltà economiche, epurazioni, le sfide di Xi Jinping sotto la lente


Loretta Dalpozzo
Loretta Dalpozzo
Cosa sta succedendo in Cina?

Quando il Presidente cinese Xi Jinping ha deciso di non partecipare al vertice del G20 a Delhi, in India, la sua assenza è stata interpretata come un modo per snobbare il padrone di casa, il Primo Ministro indiano Narendra Modi, e per sminuire la rilevanza del gruppo delle più grandi economie del mondo, alcune delle quali ostili a Pechino, in favore di altri gruppi di influenza come quello dei Brics, composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. In un momento in cui l’India cresce più di qualsiasi altro paese al mondo e la Cina rallenta, Xi potrebbe semplicemente aver preferito evitare l’imbarazzo di dover spiegare ai suoi pari le ragioni della decelerazione della sua economia, la più grave da quando riforme ed aperture sono cominciate negli anni Settanta. Il settore immobiliare è nel caos, il tasso di disoccupazione giovanile è peggiorato, a tal punto che le autorità cinesi hanno smesso di pubblicare dati. 

Il leader cinese ha boicottato però anche l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York e se alcuni analisti dicono che vuole preparare la sua visita a San Francisco, in novembre, per il vertice dell’Apec, ci si comincia a chiedere se le sue assenze siano invece legate alle ormai evidenti turbolenze interne. Soltanto un anno fa infatti, al vertice del G20 di Bali, la presenza di Xi Jinping, dopo quasi tre anni di auto-isolamento a causa della pandemia da Covid19, era stata vista come un ritorno sulla scena internazionale, motivato dalla volontà di riallacciare le relazioni con il mondo.

Le recenti sparizioni di alcuni funzionari governativi di spicco sono  indizi che confermerebbero il difficile momento di Xi Jinping. L’ultimo a scomparire è stato Li Shangfu, il generale dell’Esercito popolare di liberazione, diventato ministro della difesa soltanto sei mesi fa. Secondo alcune fonti, l’allontanamento di Li fa parte di una campagna per sradicare la corruzione. Il “Wall Street Journal” ha riferito che Li è stato portato via per essere interrogato dalle autorità. Ma sappiamo che le campagne anti-corruzione sono un mezzo per la repressione politica. A scomparire dalla vista durante l’estate è stato anche l’allora ministro degli Esteri cinese Qin Gang, già Ambasciatore negli Stati Uniti e presumibilmente reo, durante il suo mandato a Washington, di una relazione extraconiugale. Negli ultimi mesi, Pechino ha poi licenziato due generali di alto livello responsabili della Rocket Force dell’esercito.

Tali epurazioni hanno un impatto sulla diplomazia internazionale, soprattutto perché Qin e Li erano i due funzionari più “esposti” al mondo. Se da una parte dimostrano che Xi Jinping può fare ciò che vuole, senza dover dare giustificazioni, dall’altra suggeriscono che il Presidente potrebbe non essere così in controllo come vuole far credere. Pur avendo accumulato più potere di qualsiasi altro leader cinese, Xi continua la campagna per consolidare la sua autorità nel partito e nell’esercito. 

Un quadro che si discosta dall’immagine di stabilità, che Xi ha cercato di dare al Congresso del Partito Comunista Cinese dello scorso anno, quando ha cementato la sua posizione di uomo forte, assicurandosi uno storico terzo mandato, dopo essere riuscito ad abolire i limiti dell’incarico presidenziale. 

In quell’occasione, la rimozione dalla sala del Congresso del suo predecessore, Hu Jintao, un tempo l’uomo più potente del Paese, aveva sollevato domande sulle possibili divisioni interne e su un certo malcontento della vecchia guardia. Dubbi che sono continuati dopo il convegno annuale di Beidaihe, nella provincia di Hebei, tra il leader in carica e quelli in pensione del Partito Comunista Cinese. Le discussioni informali non vengono mai rese pubbliche, ma secondo alcune fonti, durante l’incontro, un gruppo di anziani del partito ha rimproverato il leader, mettendolo in guardia sulle agitazioni politiche, economiche, sociali viste nei mesi precedenti, e sulla necessità di prendere contromisure efficaci, per non rischiare di perdere il sostegno pubblico. “Non possiamo avere più disordini” avrebbero sottolineato alcuni membri, riferendosi anche alle rarissime manifestazioni contro le severe misure anti-covid viste alla fine del 2022.

La Cina è stata spesso descritta come una scatola nera e non ci sono dubbi che stia diventando sempre più opaca sotto la guida di Xi. La mancanza di trasparenza, accesso e spiegazioni compromette ulteriormente la già debole fiducia degli investitori e interlocutori stranieri, rendendo difficili analisi e previsioni.  Anche chi conosce e capisce bene la Cina, riconosce che ci sono segnali di insoddisfazione. Le incertezze e verosimili discordie interne stanno esponendo le vulnerabilità di un sistema mono-partitico, che si sta amplificando sotto la guida di Xi. 

Non è la prima volta che il Presidente cinese deve affrontare degli ostacoli, ma alcuni dei problemi sembrano derivare proprio dalla sua ossessione per il comando, dalla concentrazione di potere attorno a sé. Per ora il resto del mondo può solo continuare a speculare e cercare di decifrare i segnali che arrivano da un Paese sempre più chiuso su se stesso.

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