Studiare la lingua là dove nasce
Il lavoro culturale e l’umana simpatia del noto linguista e ricercatore Ottavio Lurati, scomparso nei giorni scorsi - Il ricordo di chi l’ha conosciuto bene
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Il lavoro culturale e l’umana simpatia del noto linguista e ricercatore Ottavio Lurati, scomparso nei giorni scorsi - Il ricordo di chi l’ha conosciuto bene
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Il lavoro culturale e l’umana simpatia del noto linguista e ricercatore Ottavio Lurati, scomparso nei giorni scorsi - Il ricordo di chi l’ha conosciuto bene
Ottavio Lurati, il linguista scomparso giovedì a 85 anni, era sempre rimasto figlio della terra che lo aveva visto nascere, riuscendo così a elevare a terreno di studio quel Ticino che nel periodo tra gli anni Sessanta e i Settanta si assoggettava a una trasformazione epocale. Era nato a Chiasso nel 1938, quinto figlio di un macchinista delle FFS, e proprio negli anni che vedevano il consolidarsi del settore terziario (con banche e istituti di credito che sorgevano ovunque, offrendo un’occupazione a tutti), palpabile in uno stravolgimento architettonico diffuso e in certa qual misura, nella rottamazione di tutto ciò che fino a quel momento aveva costituito il tratto distintivo dei ticinesi (la tradizione, una quotidianità ancora parzialmente ancorata al primario, l’isolamento dal resto del Paese), con il suo precoce piglio da sociolinguista, aveva dato il via a una modalità di indagine che lo avrebbe caratterizzato fino agli ultimi giorni.
Ottavio Lurati, infatti, si muoveva tra due poli, quello accademico, e quello che potremmo chiamare “delle genti”, riuscendo alla fine a farli convergere in risultati scientifici acclamati (fu professore ordinario e poi emerito di linguistica italiana all’Università di Basilea, nonché uno dei cinque corrispondenti accademici stranieri della prestigiosa Accademia della Crusca), da cui però, sempre, traspariva in filigrana quell’elemento che rendeva inconfondibili i suoi risultati anche ai non addetti ai lavori, ossia l’umano sentire.
Averlo dunque visto “in azione”, con il senno (e un certo rimpianto) di poi, laddove a volte riusciva bonariamente a spazientire il suo entourage famigliare per una certa pignoleria (una nota di stima vada alla moglie Marialuisa per la sua pazienza) e l’indugio nelle relazioni umane con sconosciuti, ha oggi il sapore del privilegio. Una passeggiata con Ottavio Lurati, che fosse per i vicoli di Sonogno, per le strade di Chiasso, o semplicemente fuori casa nel suo comune di elezione di Montagnola, non era mai una passeggiata e basta. Gli occhi vispi e arguti di Lurati, infatti, si accendevano ogni volta che per strada uno sguardo o un passo altrui incrociava il suo, e in modo quasi naturale, a prima vista forse straniante per chi non ne conosceva la personalità nonché le modalità investigative, prendeva il via uno spontaneo terzo grado. Nella sua capacità connaturata di aderire al linguaggio del suo interlocutore, permeando le parole di ironia e condendole con un sorriso sempre aperto al mondo, Lurati si informava su provenienza e biografia di sconosciuti, virando poi immancabilmente e in modo impercettibile – chissà se ne era consapevole – verso quelli che erano i suoi campi di interesse: modi di dire, determinate pronunce, nomi di luoghi, magari oggi fuori uso poiché spogliati della loro funzione originaria, in una società che ne aveva perduto il bisogno.
È a volte difficile colmare il gap tra il mondo accademico e il campo di studi, dicevamo, ma Ottavio Lurati, al di là della sua cultura magistrale, della padronanza della lingua e della storia della sua evoluzione, delle conferenze internazionali, dei suoi blazer di tweed, dei girocollo di merino e di quell’aria vagamente british, non concedeva nulla a snobismi mal riposti e tantomeno all’invidia. La sua curiosità congenita lo rendeva un uomo aperto al genere umano, e, di conseguenza, anche ai nuovi impulsi che esso naturalmente ci restituisce. E quella voglia, che forse era anche necessità, di dare valore a ogni umana storia, indipendentemente da background culturali e biografici, gli ha permesso negli anni, con modestia e applicazione, perseveranza e competenza, di costruire (archiviandoli, catalogandoli, sviscerandoli) una serie di tesori della nostra memoria e della nostra tradizione, la cui portata ci si rivelerà ancora più cristallina e fondamentale con il passare dei prossimi anni, proiettati come siamo verso un futuro sempre più digitalizzato, effervescente ma a tratti anche evanescente.
Quello che è stato è stato, quello che si diceva in parte forse non si dice più, ma grazie a Ottavio Lurati e al suo amore per gli esseri umani, anche il passato resterà fulgido in alcuni suoi tratti nei giorni a venire, permettendoci di conservare consapevolezza di chi siamo stati e di come. E scusate se è poco.
Nell’immagine: Ottavio Lurati con la moglie Marialuisa
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