Le cifre salgono, le misure vanno riviste

Le cifre salgono, le misure vanno riviste

Dagli inizi di luglio, ogni sette giorni i casi quasi raddoppiano: è la quarta ondata, che andrebbe contenuta ora


Riccardo Fanciola
Riccardo Fanciola
Le cifre salgono, le misure vanno riviste

L’inversione di tendenza è ormai lampante. Da due settimane, il numero dei contagi è tornato a salire e si tratta, a non dubitarne, di una crescita esponenziale: l’aumento era di 666 casi l’altra settimana e di 1293 in quella appena conclusa. In altre parole, le cifre raddoppiano in poco più di una settimana e di questo passo entro la fine del mese ci troveremo a circa diecimila casi a settimana: ancora lontani dai diecimila ai giorno dei primi di novembre, ma ormai vicini al picco della terza ondata (oltre 15 mila a settimana, a metà aprile).

Non è ovviamente detto che la quarta ondata prosegua con questi ritmi e ci si può sempre consolare perché per ora decessi e ospedalizzazioni non fanno segnare aumenti: dai 14 morti registrati due settimane fa siamo scesi a 5, mentre le ospedalizzazioni erano 49 nella settimana del 1. luglio e sono state 35 la scorsa settimana (comunque in leggera risalita rispetto a quella precedente). Non dimentichiamo però che nel Regno Unito, dopo settimane di stagnazione nonostante casi in forte aumento, ospedalizzazioni e decessi stanno crescendo ora, e notevolmente:  gli ultimi dati, indicano su base settimanale un aumento del 46,8 per cento delle ospedalizzazioni e del 47,7 per cento dei decessi.

Se i vaccini riducono il rischio di malattia grave e quindi di ospedalizzazione e di morte, più persone si contagiano più gli ospedali si riempiono, ovviamente, con esiti a volte letali anche perché a contagiarsi sono soprattutto i non vaccinati. E se questo succede oltre Manica, dove a essere completamente vaccinato è il 67 per cento della popolazione, cui si aggiunge un 20 per cento che ha ricevuto la prima dose, difficilmente potrà non succedere in Svizzera, dove queste percentuali sono sensibilmente inferiori: 43,3 per cento completamente vaccinato, 9 per cento con la prima dose.

Tutto questo per dire che in Svizzera sarebbe tempo e ora di ripensare l’approccio alla pandemia e chiedersi se gli allentamenti introdotti a fine giugno non debbano essere rivisti. “Le fasi di riapertura del 19 aprile e del 31 maggio non hanno avuto conseguenze negative sulla situazione epidemiologica”, scriveva il Consiglio federale, che per giustificare le riaperture citava “il miglioramento della situazione epidemiologica” e “il buon andamento della campagna vaccinale”. Oggi la situazione epidemiologica peggiora, complici di certo anche le ultime riaperture, e la campagna vaccinale ha ormai il fiatone, come mostra eloquentemente questo grafico.

Grafico elaborato da Marc Renfer, giornalista della cellula di data-giornalismo della Radiotelevisione Svizzera francese, sulla base di dati dell’UFSP. Dopo il picco raggiunto a metà giugno, le vaccinazioni sono in netto calo, tendenza destinata ad accentuarsi nelle prossime settimane considerata la diminuzione che si registra nella somministrazione delle prime dosi.

Se questa è la situazione, com’è possibile continuare a permettere a negozi, strutture per il tempo libero e impianti sportivi di sfruttare appieno la propria capienza; consentire 1000 spettatori sia al chiuso che all’aperto per manifestazioni che non richiedono il certificato COVID, a condizione che stiano seduti; 250 spettatori al chiuso e 500 all’aperto se stanno in piedi, seppur con obbligo di mascherina e di registrazione?

Nell’autunno dello scorso anno, il Consiglio federale aveva temporeggiato. Con quali risultati abbiamo visto tutti. Sarebbe il caso non lo facesse di nuovo.

Ma visti i precedenti, come sottolineavo la scorsa settimana, non resta che incrociare le dita.

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