Ombre sulla nazione arcobaleno a 30 anni dalla rivoluzione di Mandela

Ombre sulla nazione arcobaleno a 30 anni dalla rivoluzione di Mandela

Il Sudafrica, paese sull’orlo della bancarotta, con una disoccupazione al 32%, si avvicina alle elezioni tra sfiducia e malcontento


Carla Ferrari
Carla Ferrari
Ombre sulla nazione arcobaleno a 30 anni...

Durban, Sudafrica

Il prossimo 29 maggio il Sudafrica torna alle urne in un clima di sfiducia e malcontento. Trent’anni anni dopo la storica svolta democratica, il partito di maggioranza ANC, il movimento anti-apartheid di Nelson Mandela, ha perso molto smalto e il paese è sull’orlo della bancarotta.

I quattro successori di Mandela non sono riusciti a condurre una politica coerente e realistica sulle possibilità di questo splendido paese, ricco di risorse naturali e con un enorme potenziale, tale da farne ‘la’ potenza economica africana.

Cos‘è successo? Di tutto e di più. Gestione infedele delle risorse dello stato, nepotismo e incompetenza hanno inflitto un duro colpo alla credibilità dell‘ANC nel saper governare seriamente.

È purtroppo il tragico destino di tutti i movimenti per la libertà e la democrazia africani. Pensiamo allo Zimbabwe di Mugabe, all’Angola e al Mozambico, che subito dopo l’indipendenza si sono dissanguati in cruente guerre civili.

Non accadrà in Sudafrica. Nonostante gli errori e l’incapacità di governare, i sudafricani sono notoriamente resilienti e sapranno affrontare queste crisi con coraggio e realismo.

Tuttavia le cifre parlano chiaro: disoccupazione al 32% (nel 2007 era al 21%), debito statale del 70% del PIL (nel 2007 era ancora solo del 30%), inflazione al 6%. Si aggiunga la crisi energetica, con le interruzioni quotidiane di corrente e la monopolista società statale Eskom oberata da una montagna di debiti, che hanno reso necessario un salvataggio da parte dell’erario. Anche l’approvvigionamento dell’acqua è in crisi per l’insufficiente manutenzione, complici addirittura atti di sabotaggio. Lo stesso vale per le ferrovie, a causa della cattiva gestione, che influenza negativamente anche l’efficienza dei porti commerciali, con conseguenti ricadute su importazioni ed esportazioni.

I sondaggi prevedono che il partito di Cyril Ramaphosa, appunto l’ANC, perderà la maggioranza. Quindi dovrà trovare un partito che gli permetta di formare un governo di coalizione.

Con chi? Con la “Democratic Alliance” (DA) di John Steenhuisen è altamente improbabile, in quanto ancora percepito da larghe fasce della popolazione nera come partito dei bianchi.

L’“Economic Freedom Fighters” (EFF) di Julius Malema, un populista demagogico che promette l’impossibile, per esempio la nazionalizzazione di tutte le terre senza compenso, sembra imprevedibile e piuttosto inaffidabile come alleato.

Umkonto We Siswe dell’MK, un nuovo partito recentemente costituito da Jakob Zuma (ex presidente allontanato con gravi accuse di corruzione, formulate dalla “Commissione Zondo”, che ha svolto uno splendido lavoro nel mettere a nudo le responsabilità dei governanti al potere con Zuma) potrebbe entrare in linea di conto come partner dell’ANC. Jacob Zuma può difatti ancora contare su un largo elettorato nel suo feudo, il Kwazulu Natal, la seconda più popolosa provincia del paese.

Mi sento di dire che a tutt’oggi esiste fra la gente un grande malinteso su cosa sia la democrazia. Non è un istituto di beneficienza, la democrazia: è esigente e richiede agli aventi il diritto di voto maturità civica e senso di responsabilità. Ciò non è stato chiarito a sufficienza e molti, troppi cittadini ritengono che lo stato debba risolvere i loro problemi.

Questo paese da 20 anni non finisce di stupirmi. Vi trascorro almeno 3 mesi all’anno e sono impegnata in progetti sociali nel campo dell’educazione. Nonostante i gravi problemi evocati, il turismo attrae ancora milioni di persone.

“Sikhona”, ti risponde la gente quando il mattino gli chiedi come sta. “Sikhona” in Zulu vuol dire: «Siamo qui». La giornata può ancora riservare belle sorprese.

Nell’immagine: il leader dell’ANC e presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa

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