«Sono una onça (un giaguaro) che scrive», è così che si definisce la scrittrice pluripremiata, Micheliny Verunschk. Si spiega: «Mi identifico con questo felino e sento un affetto allegro alla Spinoza». In portoghese la onça, una grossa specie di felide, è l’unico rappresentante del genere Panthera ad essere originario delle Americhe. Dettaglio non da poco, poiché è un animale perseguitato ma che resiste. Per le popolazioni indigene è un simbolo di potere e di una conoscenza sinonimo di coscienza. Parlando con l’autrice traspare anche in lei questo ruolo di saggia… delle parole.
Sottolinea, infatti: «Per me la letteratura è uno strumento di creazione di mondi, serve a costruire ponti tra realtà diverse». Leggendo i suoi ultimi due libri appartenenti alla “Trilogia della foresta”, si capisce immediatamente che Verunschk, storica prima che scrittrice, è una pensatrice complessa, ma di grande interesse per leggere le questioni urgenti del Brasile e del mondo.
Nel “O som do rugido da onça” (in italiano: Il suono del ruggito del giaguaro), racconta non solo il dramma delle popolazioni indigene, ma anche aiuta a riscrivere la storia del colonialismo con gli occhi dei personaggi, due giovani indigeni strappati dalla loro terra e portati in Europa da due naturalisti. Una storia vera accaduta all’inizio del XIX secolo. Mentre nel secondo libro della trilogia, “Resta solo il fuoco” (66thand2nd Ed., 2023), l’autrice tratta il fanatismo religioso e la caccia alle streghe. Una storia violenta e cruda che si svolge nella campagna brasiliana, ma che è estendibile a molti altri paesi.
Verunschk ricorda che: «La caccia alle streghe non è né un fenomeno circoscritto al passato, né un elemento proprio al Brasile contemporaneo, ma accade in tutto il pianeta. La studiosa Silvia Federici studia come la stregoneria stia alla base del capitalismo e come serva per reprimere le donne. Non è una cosa che è lontana da noi; continuamente, in qualsiasi realtà, c’è qualche donna di spicco che è repressa o assassinata. Questo rivela la parte più perversa del capitalismo». Continua: «Per quel che concerne il fanatismo religioso, se va a New York è pieno di chiese pentecostali; alimenta le guerre ma non solo quelle fra Stati. A volte quando si parla di fanatismo religioso si pensa che questo sia qualcosa di esotico, ma non lo è. Nella stessa Münich, per esempio, nelle chiese pentecostali, i fedeli devono obbligatoriamente pagare una percentuale del proprio stipendio. La portata politica delle “sette religiose” ha ancora grande importanza nei conflitti umani».
Nel suo discorso narrativo ci sono diversi parallelismi tra luoghi e tempi e si potrebbe pensare ad una scrittura mossa dall’attivismo politico, ma la scrittrice ci tiene a precisare che: « La Micheliny “privata” agisce con una sua etica ed il suo bagaglio formativo ed ha un modo di stare al mondo. Ciò “attraversa” la mia letteratura, ma non scrivo per uno scopo politico. Il mio compromesso maggiore è con la narrativa, con la finzione. Poi, sono una donna nata in un paese “attraversato” dal colonialismo e questo, per forza di cose, si riflette nella mia scrittura». Insiste sul verbo “attraversare”, forse per evidenziarne il processo involontario.
Un elemento più che volontario che traspare nei suoi libri è invece ciò che Verunschk chiama il “tempo perturbato”. Ci spiega che: «sebbene ogni mio libro funzioni a modo suo, utilizzo sempre questo tempo». Per la scrittrice il passato, presente e il futuro sono costantemente in frizione nei suoi scritti e si toccano o si rifiutano o dialogano tra di loro. Ciò implica un’altra interpretazione del fattore temporale. Per l’autrice: «Questo “tempo perturbato” riflette il tempo di territori del mondo come l’America e l’Africa che hanno un “tempo perturbato” nella storia». Continua dicendo: «La nostra storia non è in linea retta e tutte le ferite coloniali ancora sanguinano. In Brasile tutto è molto rapido e aggrovigliato e le circostanze del nostro territorio, delle nostre città e del nostro popolo non consentono la comprensione di un tempo “posato” cronologicamente, che va in crescendo». Inoltre, la scrittrice ci mostra come il tempo dei suoi racconti non sia il tempo tecnologico che appartiene alla linearità del progresso, ma un tempo che dialoga con l’”ancestralità” e si sviluppa meglio nei cicli della natura, delle piante e degli animali.
Concludo pensando alla necessità di tradurre queste scrittrici-giaguaro, scrittrici-streghe a contatto con la parte selvaggia delle parole. Parole che rispiegano il mondo. Scrittrici che, come Verunschk, hanno la capacità di creare una narrativa selvaggia, ossia una narrativa libera e profonda che prende la natura come co-protagonista insieme ai personaggi.
Nell’immagine: l’autrice e il suo libro