La Peppa Tencia 
della “Lugano da bere”

La Peppa Tencia 
della “Lugano da bere”

Il dilemma dell’acquisto o meno dello splendido palazzo ideato da Mario Botta negli effervescenti anni Ottanta per l’allora Banca del Gottardo


Saverio Snider
Saverio Snider
La Peppa Tencia 
della “Lugano da bere”

Le acque del Ticino trasportano ancora i resti del rogo sul quale si intendevano consumare le spoglie politiche dello sfigato automobilista Norman Gobbi, e una nuova ansia riprende pur quietamente a spirare nel cielo della nostra Repubblica.

Il prossimo 9 giugno i cittadini saranno infatti chiamati ad esprimersi in votazione su ben tre argomenti d’interesse cantonale: la riforma fiscale, il risanamento della cassa pensioni dello Stato e, “dulcis in fundo” (immancabile ciliegina sulla torta), l’acquisto dello stabile spettacolare sito in viale Franscini a Lugano disegnato da Mario Botta negli anni Ottanta quale prestigiosa sede dell’allora Banca del Gottardo. E come spesso avviene in simili frangenti, è l’argomento politicamente meno rilevante sul tappeto a dare avvio ai pubblici dibattiti, cioè nella fattispecie il destino di quel palazzo. 

Ne è prova la subitanea (e più o meno contemporanea) nascita degli immancabili comitati pro e contro, accompagnata dal botto provocato da un colpo di mortaio iniziale lanciato dall’autorevole penna gaddiana (ricordiamoci che il grande scrittore lombardo fu ufficiale d’artiglieria) di un ex Consigliere di Stato, quello della” scuola che verrà”, nonché dal contropianto della mirabile pulzella di un’antica socialdemocrazia, condecorato dai lamenti dei liberisti duri e puri. 

A chi scrive piange sinceramente il cuore pensando che l’edificio monumentale più bello costruito a Lugano negli ultimi 70 anni rimanga in mani private anziché in quelle dell’intera comunità, tanto più che la sua destinazione sarebbe quella di diventare la sede nobile e signorile di quel potere fondamentale dello Stato che è la Giustizia con la maiuscola, che merita senz’altro di trovare finalmente una casa dignitosa, un alloggio all’altezza del suo ruolo giudicante. E quale soluzione logistica migliore si può trovare a tal fine se non il monumento più eclatante dello splendore della “Lugano da bere” di quegli anni ruggenti e effervescenti? 

Se l’interrogativo può sembrare paradossale, nella realtà delle cose diventa inquietante se appena si ricorda (ma chi lo vuole ricordare?) la sorte toccata ai precedenti proprietari dell’immobile, la Gottardo e la Banca della Svizzera Italiana, finite al cimitero in modo ignominioso per la vergognosamente impunita avidità di pochi e senza nemmeno il conforto di un compianto condiviso, semmai solo di un falso stupore scandalizzato dettato dal senno di poi.

C’è da capire che chi è rimasto con la bella e affascinante Peppa Tencia in mano se ne voglia ora generosamente liberare cedendola allo Stato a buon prezzo (si fa per dire), ma insomma a che pro invocare l’assoluta necessità dell’acquisto? La riposta sta nello sfascio dell’attuale affollatissima sede del Tribunale (e della Procura), che obbliga di fatto a cercare alternative che non esisterebbero. Perché la nostra pianificazione politica (quindi anche logistica), di cui ogni tanto si parla, in realtà è solo una chimera che nessuno ha mai visto né conosciuto. Piani B – è stato detto senza pudore – non ce ne sono: o questo o il nulla, insomma. 

La tristissima costatazione di un disastro non solo annunciato da decenni, ma persino sotto gli occhi di tutti e infinite volte denunciato. Perché negli ultimi vent’anni nessuno ha picchiato un chiodo là dove pur si doveva, nessuno ha mosso un dito, nessuno ha immaginato alternative? Un patatrac ovviamente senza responsabili: i guai restano, i politici passano, come mutano gli equilibri partitici. Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, e scordiamoci il passato…

Intanto il cittadino votante dovrà pur decidere nella contingenza. Ma come può maturare un’idea serena al riguardo se Governo e Parlamento dicono che siamo alla bancarotta, proponendo preventivi spaventosi, minacciando tagli a destra e a manca, auspicando tuttavia nel contempo sgravi fiscali per i ricchi perdendo decine di milioni d’entrate senza certezza di contropartita alcuna, e poi in aggiunta si inventano la compera di immobili lussuosi? Misteri della schizofrenia di chi, ben al di là del cappio Morisoli alla gola, non ha comunque arte né parte.

Non so dire come andrà a finire la storia dell’immobile Botta, anche se lo immagino. Da ragazzo ho frequentato per tre anni la maggior parte delle lezioni dell’allora unico liceo pubblico cantonale nelle baracche piazzate alla foce del Cassarate, senza che per questo la mia dignità ne abbia sofferto. Nell’eventualità di un no se ne facciano una ragione anche gli odierni Magistrati, che pur conoscono non solo le goliardate dei liceali, ma persino i giochi che si praticano al “Kindergarten”. 

Nell’immagine: la Peppa Tencia di Emanuele Luzzati

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