Quando si osa il “politicamente scorretto”

Quando si osa il “politicamente scorretto”

I finanzieri della City risultano distruttori e non creatori di ricchezza: distruggono 47 volte più ricchezza di quanto ne creano. Mentre i maestri o le infermiere d’ospedale generano ricchezza dieci volte superiore rispetto alle contribuzioni (agli investimenti) che sono loro concesse


Silvano Toppi
Silvano Toppi
Quando si osa il “politicamente scorretto”

Per fortuna ci sono anche le opinioni politicamente scorrette. Qualcuna affiora in questi giorni in qualche comune della nostra repubblica. Sentir dire, ad esempio, che le imposte andranno aumentate, con ponderazione, se si vuol salvare capra e cavoli. È fatto straordinario nel clima cantonticinese, quando si sa che per guadagnarsi l’elettorato o gli ambienti economici (elezioni comunali) la miglior seduzione si trova nel “meno imposte o tributi” o – con la mano sul fuoco e caschi il mondo – nella promessa che ogni aggravio fiscale sarà evitato. Osar dire, ad esempio, che non è chi sa quale plusvalore attribuito a finanziere internazionale e superintervistato che ci salverà, ma piuttosto l’impegno molto concreto della maestra dell’infanzia locale o dell’infermiera del vicino ospedale, mai interpellati.

Spesso, trascinati a spirale discendente in una “politica” che si tenta di imporre come l’unica corretta e salvifica e che va dalla storiella della ricchezza che sgocciola come sego di maiale se la solleciti con sgravi fiscali, sino alla conseguente denunciata carenza di vergogna politica (consoliamoci, caro Andrea Ghiringhelli, che ne hai qui scritto: il termine inglese absence of shame è ormai entrato nel linguaggio della sociologia politica e ci dice che è pandemia), si è tentati di vedere cosa capita altrove. Prescindiamo dalla vicina Italia, bell’esempio che ci assomiglia troppo. Guardiamo ad esempio alla Germania.

Contrari alla riduzione delle imposte

Da una approfondita inchiesta nel quadro del “Deutschland-Trend” è risultato che una maggioranza dei cittadini tedeschi (58 per cento, contro il 38 per cento) è contraria ad una riduzione delle imposte. Da non credere. Con una motivazione precisa e logica: perché si rischia di aumentare ancora il debito pubblico e perché si indeboliranno i servizi pubblici, dalla salute, alla scuola, alle comunicazioni, alla sicurezza.

Emergono tuttavia altri fatti, in parte singolari, in parte scontati. I cittadini con redditi medi e superiori sono molto più contrari alla riduzione delle imposte dei cittadini con redditi inferiori (ai 1500 euro mensili). Forse perché quest’ultimi avrebbero poco o niente da guadagnarci? Esito comunque inimmaginabile, politicamente scorretto alle nostre latitudini. Migliore intelligenza e maturazione civica? Una constatazione appare certa: il problema risulta meno quello della riduzione delle imposte o degli sgravi fiscali o della concorrenza fiscale per vivere o crescere, quanto piuttosto quello dell’impoverimento “provocato” dello Stato, delle collettività territoriali e comunali, considerato un grave pericolo. O anche quello del pretendere dall’ente pubblico, che non può però contare su entrate pubblicitarie palesi o coperte, una imitazione dell’’”economia della gratuità” (quella cioè di pretendere e ottenere… convinti di non dover pagare). Viene pure rovesciato quello che passa per un assioma: che è cioè necessario moltiplicare dapprima la ricchezza per poter distribuire; si ritiene invece che occorra cominciare dalla ricchezza esistente se si vuol salvare la giustizia distributiva e creare ricchezza anche umana.

I distruttori e creatori di ricchezza

Un altro studio inglese della geniale “New Economic Foundation”, basato sulla metodologia del “Social return on Investment” (con un interrogativo semplice: quale ristorno sociale, collettivo, e non solo di reddito economico, posso ottenere da un investimento?) capovolge in pratica i criteri con cui valutiamo i nostri apporti alla società. Che non possono essere solo di crescita economica o di redditività o di quanto vali?”, ma anche di “ben-essere” sociale, umano, ambientale. Esemplifichiamo, per farla breve: i finanzieri della City risultano distruttori e non creatori di ricchezza: per ogni sterlina (o franco, se si vuole) che creano, ne distruggono sette. I peggiori sono i consulenti fiscali, che permettono a privati e società di evitare le imposte: distruggono 47 volte più ricchezza di quanto ne creano. Mentre i maestri o le infermiere d’ospedale generano ricchezza dieci volte superiore rispetto alle contribuzioni (agli investimenti) che sono loro concesse. Si potrà anche criticare il metodo, che sarebbe comunque un accidente, ma non si può negare la sostanza. Che è la realtà. E forse bisogna essere più “politicamente scorretti” (rispetto al ritenuto politicamente corretto dominante).

Nell’immagine: una city, da qualche parte (tanto sono tutte uguali)

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