Come rileggere il plebiscito russo
La grande notizia è che Putin… rimane al Cremlino con un plebiscito; ma si possono fare calcoli più verosimili di quelli presentati dal potere
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La grande notizia è che Putin… rimane al Cremlino con un plebiscito; ma si possono fare calcoli più verosimili di quelli presentati dal potere
• – Yurii Colombo
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• – Franco Cavani
Da Caterina a Vladimir il dispotismo risorge in chiave imperiale e ritorna pure la domanda di La Boétie: perché il popolo non si ribella?
• – Redazione
Non vi sono sistemi per la nomina dei giudici da cambiare o da rivoluzionare, ma solo procedure già esistenti e conosciute da usare bene, in maniera rigorosa e trasparente - Di Manuele Bertoli
• – Redazione
Luogo pubblico, luogo d’incontro, luogo di cultura e specchio della città: ma troppo spesso per Piazza Cioccaro si fa un’eccezione, nonostante le norme del Piano Regolatore di Lugano - Di Aurelio Sargenti
• – Redazione
"Medvedev e la propaganda russa minacciano paesi europei ogni giorno: Polonia, Stati baltici, Germania, Scandinavia, Gran Bretagna"
• – Redazione
Seguendo l'invito del dissidente militante morto in carcere, a mezzogiorno si sono palesati nei seggi i votanti anti-Putin. Il plebiscito per lo zar ci sarà comunque, si tratta solo di vedere in quale percentuale di voti, e lo deciderà il Cremlino
• – Aldo Sofia
Nell’ultimo giorno delle elezioni presidenziali, intervista di “Naufraghi/e” a Pavel Kudyukin, ex ministro e oggi uno dei massimi esponenti dell’opposizione di sinistra al regime
• – Yurii Colombo
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• – Franco Cavani
Per la prima volta un pontefice scrive un'autobiografia; lo fa papa Francesco, fra episodi famigliari, fatti personali, esperienza nella Chiesa argentina, e ora in Vaticano: dove, racconta, c'è stato "anche chi ha sperato che morissi"
• – Aldo Sofia
Sosteneva Jack London che “le più belle storie cominciano sempre con un naufragio”. Sarà vero? Noi, nemmeno sappiamo come finirà la nostra, di storia. Dove potrà sospingerci, su quali casuali rotte e verso quali invisibili approdi, la navigazione che cominciamo oggi. Perché chiamarci “naufraghi/e”? E rispetto a cosa? Una deriva può anche essere volontaria, cercata, attesa. Ed in effetti è un po’ così. Siamo “naufraghi/e” per scelta. Salpati con l’idea di allontanarci (forse anche solo temporaneamente) dalla terraferma dei resoconti banali, scontati, ombelicali per affrontare il mare aperto, anche agitato, anche minaccioso di questi tempi, ma che ci impegni in una sopravvivenza più cosciente, più ragionata, più motivata. E più sociale. Sì, sociale. Collettiva.
Del resto, per restare al già citato Jack London, lo scrittore visionario ambientò nel 2013 (proiettandosi di oltre un secolo rispetto alla sua epoca) la “Peste scarlatta”: racconto e monito di come l’umanità possa distruggersi, tra virus auto-indotti e feroci egoismi. Anche Howard Smith, il docente narratore del libro, si era dovuto allontanare per sopravvivere. Per capire. E per testimoniare.
Quindi, buon viaggio.
Se non fosse chiaro, il nostro naufragio è metaforico. È un naufragio mentale, non una condizione di vita, o di morte. Con tutta la comprensione e solidarietà per chi ne vive il dramma e la tragedia.
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