I rifiuti elettronici illegali li mandiamo in Africa. Che ci importa dei loro polmoni?

I rifiuti elettronici illegali li mandiamo in Africa. Che ci importa dei loro polmoni?

I rifiuti elettronici aumentano, e così le loro implicazioni. Redditizio il business dei rifiuti illegali: il Ghana tra le prime destinazioni


Roberta Bernasconi
Roberta Bernasconi
I rifiuti elettronici illegali li mandiamo...

La produzione mondiale di rifiuti elettronici sta aumentando cinque volte più velocemente del riciclaggio documentato. A rivelarcelo è il “Global E-waste Monitor 2024” delle Nazioni Unite . E ne emerge un quadro davvero inquietante. Ci vuole soltanto qualche minuto di attenzione e scorrere con un po’ di attenzione le cifre reperibili.

Nel 2022, la quantità di rifiuti elettronici generati a livello mondiale è stata di circa 62 miliardi di kg. Un aumento dell’82% rispetto al 2010. E che non sembra destinato a fermarsi. Secondo le proiezioni del rapporto, entro il 2030 si arriverà a produrre fino a 82 miliardi di kg di rifiuti elettronici.

Alcuni progressi nella quantità di rifiuti elettronici correttamente raccolti e riciclati erano stati fatti. Ma 3 miliardi erano i chili di rifiuti riciclati nel 2010, saliti a 14 miliardi nel 2022. Un aumento che tuttavia è oscurato dalla rapida e sconcertante crescita della produzione dei rifiuti elettronici in generale. Non solo: in realtà meno di un quarto (22,3%) della massa di rifiuti elettronici è stata documentata come riciclata nel 2022.

Le piccole apparecchiature, come videocamere, giocattoli, forni a microonde e sigarette elettroniche sembrano essere i maggiori responsabili, costituendo la categoria più ampia di rifiuti elettronici: 20 miliardi di kg nel due anni fa, o, se si preferisce, un terzo del totale dei rifiuti elettronici nel mondo.

Se alcuni continenti– Europa, Asia orientale, Nord America – hanno di fatto la capacità di gestire in modo efficace i rifiuti elettronici pericolosi, è anche vero che si tratta degli stessi che li esportano. E, spesso, lo fanno in paesi con scarse competenze, pochi mezzi e dunque bassi tassi di riciclaggio.

Sempre per i dati relativi al 2022, ben 3,3 miliardi di kg sono stati inviati da paesi ad alto reddito a paesi a medio-basso reddito, e questo nonostante l’esistenza di convenzioni internazionali sul divieto di esportazione di rifiuti pericolosi da parte delle nazioni OCSE nei paesi in via di sviluppo. Per il “Financial Action Task Force” (FATF) il trasporto illegale di rifiuti elettronici genera profitti stimati tra i 10 e i 12 miliardi di dollari l’anno. Una buona fetta di questi riguarda il Ghana. È stato, infatti, calcolato che almeno 150mila tonnellate di questi rifiuti vengano spediti ogni anno nel paese africano, diretti soprattutto ad Agblogbloshie, discarica e slam a cielo aperto a pochi chilometri dal centro della capitale, Accra, e dai palazzi istituzionali.

Una città nella città dove centinaia di persone sono impegnate ogni giorno nell’opera di “scrapping”: apertura, divisone della parti, selezione e rottamazione. Tutto, rigorosamente a mani nude. Un’attività che certo non arricchisce chi la svolge, ma che permette a molti di sopravvivere, soprattutto in un contesto dove, secondo stime della Banca Mondiale, il 27% della popolazione vive in condizioni di povertà. Insomma, un business redditizio, che apparentemente convenire a tutti, ma che mette a rischio la parte più debole dei contraenti. Le scappatoie per aggirare i trattati internazionali e I controlli si trovano senza particolari problemi.

Nel caso del Ghana, per esempio, il Paese è tra i firmatari della Convenzione di Basilea (1989) sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento – che, però, non include i rifiuti domestici, come televisori e frigoriferi – ma non ha firmato la Convenzione di Bamako (1998) che, invece, vieta tutte le importazioni di rifiuti pericolosi in Africa.

Profitti sempre più alti. Spregiudicatezza. E carenze legislative. In mezzo ai quali rimangono incastrati l’ambiente e gli “scrappers”. Entrambi devastati dalle sostanze generate da tutto quello che viene bruciato alla fine del lavoro di selezione. Sostanze tossiche che distruggono l’ambiente e i polmoni di chi le respira.

Nell’immagine: al lavoro nella discarica di Agbogbloshie in un quartiere di Accra (Ghana)

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