Aperture e controllo, le contraddizioni della strategia di Pechino

Aperture e controllo, le contraddizioni della strategia di Pechino

I risultati del terzo plenum del Partito Comunista al potere in Cina sono scrutinati dagli investitori stranieri, ansiosi per il futuro delle sue politiche economiche


Loretta Dalpozzo
Loretta Dalpozzo
Aperture e controllo, le contraddizioni...

Mentre gli occhi sono puntati sulla campagna presidenziale negli Stati Uniti, ricca di colpi di scena, in Cina si analizzano le informazioni pubblicate sul terzo plenum del partito comunista cinese, svoltosi, a porte chiuse, nei giorni scorsi. Si tratta dell’appuntamento più importante della politica cinese, in cui il suo leader, Xi Jinping, delinea la visione per il futuro del Paese, in un momento in cui i dati economici sono fonte di preoccupazione ed incertezza. 

La Cina ha registrato il tasso di crescita economica più lento dal primo trimestre del 2023, gravato da una prolungata crisi del settore immobiliare e da una domanda interna debole. Poche le soluzioni concrete offerte per mitigare tali tendenze, che pongono la seconda economia mondiale ad un bivio e ne minano la fiducia.

Il settore industriale, in particolare, è alle prese con pressioni deflazionistiche, che sollevano scetticismo tra investitori e società straniere. I leader cinesi sanno che stabilizzare l’economia è fondamentale per attrarre le aziende internazionali, scoraggiate dai costi in aumento e da regolamentazioni sempre piu stringenti, in contraddizione con la volontà di aperture e riforme.

L’aumento del salario medio dei lavoratori, specialmente nel settore manifatturiero, ha già provocato un esodo di aziende straniere verso luoghi più convenienti, come India e Vietnam. Ad aggravare la situazione è la spinta della politica industriale cinese, che ha portato a massicci aumenti della produzione. Le vendite di veicoli elettrici, per esempio, sono aumentate di oltre il 30% nei primi cinque mesi. Le aziende cinesi sono state spinte a tagliare i prezzi in modo aggressivo, frenando i profitti e rendendo il mercato più difficile per i concorrenti stranieri.

I vertici cinesi rassicurano che non si tratta di una crisi sistemica e che, al contrario, ci sono nuove opportunità nei settori industriali. La Cina vuole convincere gli investitori che la sua economia si aprirà ulteriormente per contrastare le incertezze interne ed esterne. Si prevede che il governo razionalizzerà i processi di approvazione ed eliminerà le restrizioni sugli investimenti esteri in più campi e città. Alcuni governi locali hanno confermato la loro volontà di incentivare le aziende straniere a partecipare alla revisione degli standard di settore e creare un ambiente in cui le aziende straniere possano utilizzare le loro tecnologie avanzate e soluzioni innovative.

Il documento pubblicato a conclusione del plenum copre innumerevoli obiettivi di riforma per i prossimi cinque anni; “Riforma e apertura”, “Modernizzazione in stile cinese” sono  del resto gli slogan promossi da Xi e compagni, che spingono per uno sviluppo di qualità in settori chiave, come la tecnologia verde e i semiconduttori, pur evidenziando l’importanza della sicurezza e del controllo,

Il maggiore controllo politico e normativo in vigore in Cina richiede che le società straniere esercitino vigilanza sulla sicurezza dei dati e sulla protezione dei segreti commerciali.  Alcune multinazionali americane, europee e di Singapore hanno già vietato ai propri dipendenti di lavorare a distanza dalla Cina. 

Pechino ha anche promesso di dare più spazio e risorse al settore privato per aiutare il Paese a raggiungere gli obiettivi in ambito tecnologico e frenare gli sforzi di contenimento da parte degli Stati Uniti. I vertici del partito hanno fatto sapere che è necessario sostenere le imprese private, affinché assumano un ruolo guida nell’intraprendere importanti compiti di ricerca tecnologica nazionale, e aprire loro ulteriormente le principali infrastrutture nazionali di ricerca scientifica.

Il settore privato contribuisce del resto al 50% delle entrate fiscali, al 60% del prodotto interno lordo e a più del 70% delle innovazioni tecnologiche, ma la difficile ripresa economica vista dopo la pandemia da Covid ha continuato a pesare sulla fiducia delle imprese private, mentre sono proseguiti gli sforzi di contenimento guidati dagli Stati Uniti e la spinta per deviare la produzione e le catene di approvvigionamento dalla Cina.

La prospettiva di un eventuale ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, poi, fa temere che Washington adotterà una politica più aggressiva nei confronti della Cina in un momento in cui anche l’Unione Europea sta intensificando la pressione su Pechino.

Anche per questo c’era grande attesa per un plenum che ha un impatto sull’economia cinese e quindi su quella globale. La leadership cinese vuole una maggiore crescita economica e sa di non poterla raggiungere senza l’apertura dei mercati. Tale apertura contraddice la volontà di un maggiore controllo da parte del partito. Secondo gli esperti il terzo plenum ha offerto poca sostanza e non ha risolto questo contrasto. Per questa ragione la lente è rivolta a ciò che il partito farà nei prossimi mesi, piuttosto che verso ciò che ha detto che farà.

Nell’immagine: automobili elettriche di produzione cinese

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