Biden-Trump, le tre sfide
Dati economici, tasse e concorrenza: ecco su cosa si gioca il primo dibattito tv tra i due candidati alla Casa Bianca
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Dati economici, tasse e concorrenza: ecco su cosa si gioca il primo dibattito tv tra i due candidati alla Casa Bianca
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Dati economici, tasse e concorrenza: ecco su cosa si gioca il primo dibattito tv tra i due candidati alla Casa Bianca
Nel dibattito per le presidenziali americane, nella notte tra giovedì 27 e venerdì 28 giugno, vedremo Joe Biden sulla difensiva e Donald Trump all’attacco su tre tematiche economiche chiave che faranno notizia e potrebbero muovere in modo decisivo le lancette del gradimento pubblico a vantaggio dell’uno o dell’altro candidato.
La prima riguarda le condizioni macroeconomiche degli Stati Uniti, su cui Biden si trova, per una ingrata ironia della sorte, in difficoltà. La seconda tocca il mondo degli affari, preoccupato, in questo caso giustamente, da due iniziative fiscali che il presidente in carica vuole mettere in cantiere nel caso vincesse un secondo mandato. La terza riguarda l’approccio di Biden alla concorrenza, ancorato secondo molti al passato.
Cominciamo dal paradosso macroeconomico. Biden è sul banco degli imputati per un’accusa che non lo riguarda: l’economia va male. La percezione è talmente diffusa che persino sui valori di Borsa si pensa che il mandato di Trump abbia umiliato quello di Biden. È vero, con Trump la Borsa ha accumulato aumenti superiori al 40% nei quattro anni di presidenza, ma con Biden ci sono percentuali simili con un aumento che sarà anch’esso vicino al 40% se gli incrementi attesi del 10% per il 2024 saranno rispettati.
L’indice Dow Jones, inoltre, ha già toccato quota 40.000 nei giorni scorsi, una barriera psicologica che sembrava inarrivabile in tempi così brevi. Inoltre sempre per quest’anno la crescita viaggia attorno a un rispettabile 2,6%, con un tasso di disoccupazione su livelli che non si vedevano dagli anni Sessanta (il 3,4% lo scorso dicembre).
Eppure dati così positivi non fanno presa sull’opinione pubblica perché su tutto prevale il dato sull’inflazione accompagnato dalla stretta monetaria più dura da qualche decennio. Di più, l’inflazione resiste alla stretta e la Fed ha rimandato una riduzione di tassi sui fondi federali, attorno al 5,5%, attesa per giugno. Il problema per Biden è che la percezione degli aumenti dei prezzi, soprattutto quelli alimentari, è ben superiore al miglioramento del tasso di inflazione al 3,3% registrato a maggio. Un livello che resta peraltro superiore all’obiettivo del 2% fissato dalla Fed.
Il problema più serio per Biden è che i costi elevati pesano sulle famiglie, ancorate a redditi reali molto compressi. Anche su questo non c’è dubbio che Trump attaccherà duramente, cercando di amplificare un delta che, al netto dei dati, non giustifica il pessimismo degli americani. Per controbattere, Biden si dovrà inventare qualcosa di nuovo, uno slogan diverso dall’ultimo che ha fatto un buco nell’acqua: la shrinkflation, la sua battaglia contro le aziende che lasciano i prezzi alimentari invariati ma diminuiscono le quantità nelle confezioni.
E arriviamo alla nota dolente per la comunità degli affari. Nel dibattito Biden dovrà difendere gli obiettivi di politica fiscale che hanno lasciato tutti perplessi in un anno elettorale difficile come questo. In sostanza, Biden ha proposto un aumento dal 20% attuale al 50% circa complessivo delle aliquote sui guadagni di capitale. Voleva colpire i miliardari, ma questo tipo di tassa è regressiva perché colpisce anche il piccolo risparmiatore.
A questo aggiungiamo la proposta della Casa Bianca di impedire di dilazionare le tasse su aumenti di capitale dalla vendita di immobili se gli operatori riescono a reinvestire i proventi delle vendite in tempi brevi, generalmente meno di sei mesi. Questa impostazione tiene in piedi il settore immobiliare, uno dei più produttivi in America, che potrebbe bloccarsi.
Infine, al terzo punto c’è la politica della concorrenza che mette sempre più paletti alla possibilità di accorpamenti di grandi gruppi seguendo una impostazione della Federal Trade Commission di Lina Khan che appare antiquata rispetto alle sfide globali che gli Usa devono affrontare soprattutto con la Cina. Questo messaggio poco amichevole per il mondo degli affari si è già tradotto in una fuga di imprenditori dal campo di Biden a quello di Trump, con contributi che negli ultimi giorni hanno consentito al candidato repubblicano di colmare il gap di risorse finanziarie nei confronti del concorrente.
Per Biden, specialmente sui temi fiscali, la difesa dagli attacchi di Trump sarà più difficile perché sarà vulnerabile all’accusa di aver ceduto, come in effetti è stato, alle pressioni della sinistra del partito.
Tutto si prospetta negativo, dunque, per il presidente in carica? Non necessariamente. I temi in discussione sono tanti. E i repubblicani hanno commesso l’errore di convincere l’opinione pubblica che Biden sia “invecchiato”. L’asticella per lui si è dunque abbassata e se riuscirà a circumnavigare le difficili questioni economiche, semplicemente dimostrando di non fare errori, potrebbe anche ottenere una vittoria complessiva, essenziale per lo scontro finale a novembre.
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