Pensioni in Svizzera, la lotta continua
Questo è un anno cruciale per il futuro dello stato sociale svizzero. Dopo la vittoria sulla tredicesima AVS in autunno bisogna bocciare la riforma del secondo pilastro, sostenendo il referendum.
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Questo è un anno cruciale per il futuro dello stato sociale svizzero. Dopo la vittoria sulla tredicesima AVS in autunno bisogna bocciare la riforma del secondo pilastro, sostenendo il referendum.
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Questo è un anno cruciale per il futuro dello stato sociale svizzero. Dopo la vittoria sulla tredicesima AVS in autunno bisogna bocciare la riforma del secondo pilastro, sostenendo il referendum.
“Avanti e coraggio!”. È il titolo del film [visibile qui] presentato nella primavera del 1947 dal “Comitato dei sindacati per l’Assicurazione vecchiaia e superstiti”. Fu uno strumento efficace di propaganda in vista della votazione popolare sull’AVS (6+ per la capacità di comunicazione di allora). Il 6 giugno di quell’anno il popolo svizzero (allora solo maschile!) approvò l’assicurazione con l’80% dei suffragi. Un successo indiscutibile per l’assicurazione simbolo dello stato sociale elvetico, che permetteva di migliorare le condizioni di vita degli anziani, soprattutto indigenti.
All’inizio del 1948, l’AVS veniva distribuita dai postini a tutti gli anziani della Svizzera. Altri tempi, quando la solidarietà interclassista era una realtà e, soprattutto, quando il Consiglio federale rispettava la volontà degli elettori. Dalla decisione popolare alla messa in vigore della pensione trascorsero circa sei mesi. Oggi invece il governo federale e la consigliera socialista Elisabeth Baume-Schneider annunciano che la tredicesima AVS, accettata dal popolo lo scorso mese di marzo, verrà distribuita alla fine del 2026: due anni e nove mesi dopo la decisione popolare. Vergognosa lentezza, perché il testo costituzionale, secondo l’Ufficio federale di giustizia, può essere applicato senza una legge. Per far partire la distribuzione della tredicesima AVS, che costerà 4,2 miliardi l’anno, bastano le riserve della cassa, che a fine 2025 ammonteranno a 57 miliardi di franchi.
Bisognerà poi varare una legge sul finanziamento della tredicesima. I partiti borghesi, dopo la sberla del 3 marzo, fanno melina, cercando di ostacolare la misura che dovrebbe offrire una boccata di ossigeno ai pensionati svizzeri confrontati con la riduzione del potere d’acquisto. Il Consiglio federale ha avanzato due varianti: la prima prevede un aumento dei contributi salariali di 0,8 punti percentuali, la seconda un aumento combinato dei contributi salariali (+0,5 punti percentuali) e dell’imposta sul valore aggiunto (+0,4 punti percentuali).
Per non smentire la sua condotta liberista e contraria alla volontà popolare, il Consiglio federale aggiunge una ciliegina alla riforma. Il governo attualmente fornisce un contributo fisso del 20,2% delle spese dell’AVS. L’introduzione della tredicesima costerà all’inizio 4,2 miliardi di franchi, quindi la Confederazione dovrebbe farsi carico di ulteriori 840 milioni di franchi. No, cari pensionati, il Palazzo non ci sta: “per non gravare ulteriormente il bilancio federale”, il contributo di Berna verrà ridotto al 18,7%. Vale a dire che il Consiglio federale è il primo a boicottare la tredicesima AVS, riducendo il suo contributo diretto al fondo AVS. Baume-Schneider e compari non vogliono aumentare la loro partecipazione ma propongono di sostituirla con un aumento dei contributi salariali, un aumento dell’IVA o un prelievo dal fondo AVS. Sembra il gioco delle tre carte, un artificio contabile: per risparmiare sul bilancio della Confederazione si carica la spesa sui cittadini in altro modo. Così, nel bilancio federale “non gravato ulteriormente” ci può stare, per esempio, l’aumento della spesa militare. Più soldi per le armi e meno per la socialità: ecco la perla del welfare elvetico.
Va ricordato che i miliardi della tredicesima finiranno nel circuito economico con effetti positivi e che buona parte di queste rendite potrebbero produrre ricadute sul gettito fiscale di Cantoni e Confederazione, a dipendenza del sistema di finanziamento scelto.
Ripetiamo, brevemente, alcune alternative possibili per un finanziamento della tredicesima AVS. Il punto è sempre il solito: i soldi ci sono, basta andare a prenderli.
A proposito delle scelte che il Parlamento sarà chiamato a fare per finanziare la tredicesima, è interessante un sondaggio della Sonntags Zeitung. Gli intervistati mettono al primo posto l’imposizione delle transazioni finanziarie, al secondo i risparmi per l’esercito, al terzo meno soldi per l’aiuto allo sviluppo e al quarto la tassa nazionale sulle successioni. È solo un’indicazione, ma esprime il disagio della cittadinanza che non vuole sobbarcarsi nuovi oneri.
Il 3 marzo, con l’approvazione della tredicesima AVS, gli svizzeri hanno dimostrato di patire per la riduzione del potere d’acquisto, che riguarda i premi di cassa malati, il costo degli affitti e delle ipoteche, l’inflazione, eccetera. Hanno scelto di rafforzare l’assicurazione sociale simbolo del welfare elvetico. Ma non finisce qui: in giugno saremo chiamati alle urne per decidere di porre un limite ai premi delle casse malati, che non dovrebbero superare il 10% del reddito disponibile. E, soprattutto, in autunno bisognerà abrogare la nuova legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia (Riforma LPP). Il referendum, lanciato dai sindacati e dalle sinistre, intende abolire la nuova legge, approvata dalle camere lo scorso anno. Una fregatura, perché in sostanza chiede ai lavoratori di versare di più per poi ricevere meno una volta pensionati.
L’aumento della speranza di vita e la debolezza dei mercati finanziari costringono a riformare la legge. Il Parlamento ha peggiorato la proposta avanzata dal Consiglio federale. L’aliquota di conversione passerebbe dal 6,8 al 6%, ma va detto che molte casse pensioni prevedono già ora tassi anche più bassi. Poi ci sono misure tese ad aumentare l’avere di vecchiaia e ad assicurare meglio le persone che conseguono salari modesti e che lavorano a tempo parziale. In ogni caso la riforma provocherà ulteriori riduzioni delle rendite e chi ha salari bassi dovrà sborsare di più. Inoltre non si mantiene la promessa di migliorare le rendite delle donne e, dulcis in fundu, “a incassare saranno soprattutto le compagnie di assicurazione, i gestori di fondi pensioni e i broker”.
La verità è che questa riforma conferma ancora una volta la debolezza della LPP. “L’evoluzione degli ultimi dieci anni del secondo pilastro è disastrosa per i salariati – afferma il presidente dell’Unione Sindacale Svizzera Pierre-Yves Maillard –. I tassi di conversione e le rendite si abbassano continuamente, mentre parallelamente, i contributi salariali alle casse pensioni sono aumentati oltre il 10%. Conseguenza: le rendite diminuiscono ormai da molti anni. Nel 2021, la nuova rendita media degli uomini era inferiore di 230 franchi mensili, in termini reali, rispetto a quella del 2015, vale a dire una perdita dell’ 8,5% di rendita al mese”.
Il secondo pilastro ha piedi d’argilla, perché negli ultimi trent’anni assistiamo a un continuo indebolimento di quello che è stato definito “il terzo contribuente”, vale a dire il rendimento degli investimenti miliardari delle casse pensioni.
L’errore è nel sistema, approvato in votazione popolare il 3 dicembre 1972, quando gli svizzeri bocciarono l’iniziativa popolare del Partito del lavoro “Per una vera pensione popolare” ed accettarono il controprogetto del Consiglio federale che proponeva il secondo pilastro obbligatorio. Il Partito socialista e i sindacati appoggiarono il controprogetto e sostennero quindi la finanziarizzazione delle pensioni: un errore madornale di cui i lavoratori pagano ancora oggi le conseguenze. La votazione sulla riforma della LPP, che diminuirà le rendite, è figlia di questo sistema. L’ex consigliera federale Ruth Dreifuss, intervistata dallo storico Pietro Boschetti (*), ha sintetizzato in modo ineccepibile il concetto: “Il vizio di forma è di avere in sostanza affidato la gestione dei fondi di un’assicurazione sociale a delle assicurazioni private”.
Un sistema gestito con massima opacità che non ha mancato di far sparire miliardi di franchi, probabilmente una ventina, negli anni novanta. Lo scandalo era stato denunciato nel 2002 dal deputato cristiano sociale Hugo Fasel e anche dal ticinese Meinrado Robbiani. Negli anni novanta il rendimento dei capitali vecchiaia è stato attorno all’8%, mentre veniva versato il 4% agli assicurati. Ciò ha permesso agli assicuratori di accumulare verosimilmente fino a una ventina di miliardi di franchi. “Dove sono finiti questi 20 miliardi? – ha chiesto Fasel dalla tribuna del Nazionale – . Nel corso dei nostri lavori (in commissione), le società di assicurazione vita non si sono mai spiegate in merito”.
Dopo lo scandalo le cose non sono migliorate perché il Consiglio federale ha emanato un’ordinanza che permette alle compagnie d’assicurazione di incassare benefici annuali.
Insomma, il secondo pilastro traballa ben più dell’AVS. Anche la Neue Zürcher Zeitung, sempre più preoccupata delle falle del liberismo elvetico, ammette che i costi delle casse pensioni sono esorbitanti: nel 2021 ben 8,15 miliardi di franchi! “Alla luce di questi dati – afferma la NZZ – non sorprende che i costi di gestione patrimoniale della previdenza professionale siano al centro delle critiche. Una di queste è che il fondo di perequazione AVS, con lo 0,2%, ha costi di gestione patrimoniale nettamente inferiori a quelle delle casse pensioni, con una media dello 0,48%”.
L’AVS si basa sulla ripartizione e sulla solidarietà: si raccolgono i contributi che vengono immediatamente distribuiti, senza particolari spese. Il secondo pilastro si basa sulla capitalizzazione, quindi è in balia della speculazione e delle bizze dei mercati, oltre a foraggiare con lauti stipendi centinaia di direttori: una follia se si devono garantire prestazioni sociali.
Bisognerebbe ampliare e rafforzare l’AVS e ridurre il secondo pilastro.
Ma, per ora, è indispensabile opporsi alla riforma della LPP in votazione in autunno. Due tentativi di ridurre l’aliquota minima delle casse pensioni sono stati bocciati in votazione popolare nel 2010 e nel 2017. Non c’è due senza tre…Bisogna sostenere il referendum anche quest’anno e affossare la riforma, sull’onda del successo dell’iniziativa popolare che ha introdotto la tredicesima AVS.
(*) Pietro Boschetti, L’Affaire du siècle, le 2e pilier et les assureurs, Livreo-Alphil
Nell’immagine: un fotogramma da “En avant et du courage!”
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