Esercito la professione di avvocato da lunghi anni, ormai e da quasi dieci, mi occupo di richiedenti asilo e stranieri. Non è semplice gestire questo tipo di incarti, non solo perché la vita degli esseri umani coinvolti è stata segnata da difficoltà e orrori indicibili, ma anche perché queste difficoltà proseguono nell’iter giudiziario e di cosiddetta accoglienza che si svolge qui in Svizzera.
Ogni giorno sono confrontata con leggi, decisioni e attività amministrative e politiche che, in nome di una politica di chiusura, in nome di una presunta sicurezza, di fatto escludono, emarginano esseri umani in spregio ai più elementari diritti fondamentlai dell’uomo.
Duole costatare che parlare di questi temi e far conoscere la realtà di queste leggi, politiche e finte accoglienze, sia davvero difficoltoso. Probabilmente perché riguarda persone che non votano, sulle quali si può, però, far leva per accapararsi i voti di quella grande fetta di elettorato alla quale si può far credere che “fare la guerra tra poveri” possa portare ad essa un vantaggio.
Il tutto con la complicità dei media che solo sporadicamente si occupano di queste tematiche.
Duole, così, costatare che la parte di società civile che vuole mettere in evidenza le criticità e la pericolosità sociale di questo sistema di esclusione ed emarginazione delle persone percepite come “diverse”, sia essa stessa emarginata e silenziata.
Per esempio, il Collettivo R-esitiamo l’8 febbraio 2024 aveva consegnato oltre 370 firme (raccolte in brevissimo tempo) di cittadin* svizzer* e residenti in Svizzera, che chiedevano ai Consiglieri di Stato di dare un permesso alle circa 111 persone cosiddette NEM, presenti sul territorio ticinese; di regolarizzare insomma il loro statuto per permettere loro di vivere finalmente normalmente come tutti noi.
Queste persone, infatti, non hanno ottenuto lo statuto di rifugiato (permesso B) e nemmeno l’ammissione provvisoria (permesso F) pur essendo provenienti da Paesi verso i quali non possono tornare o essere rimandati. Sono persone costrette a vivere con l’aiuto d’urgenza anche se vorrebbero poter essere autonome e poter contribuire alla vita economica del nostro Paese. Non hanno il permesso di lavorare, non possono formare famiglia o ricongiungersi alla propria, non possono andare oltre la scuola dell’obbligo, non hanno accesso a formazioni o apprendistati, non possono muoversi liberamente,…. Sono bloccate in un limbo disumano, con l’incubo di poter essere rinviate nel loro Paese d’origine. Ed è questa una condizione che può avere delle conseguenze deleterie sul loro stato di salute psicofisico.
Le firme erano stata consegnate ai Consiglieri di Stato.
Nessuno dei 5 eletti si è degnato di rispondere agli oltre 370 firmatari, nessun pensiero, nessuna riflessione in merito. Ma ancora più sconvolgente, per i 370 firmatari, è stato vedere la firma del consigliere di stato De Rosa su un preavviso negativo del Cantone inviato alla SEM proprio per una di queste 111 persone.
Come previsto per legge, infatti, vi è la possibilità per uno straniero di ottenere un permesso B come caso di rigore, se in Svizzera da oltre 5 anni, ha imparato l’italiano e ha possibilità di svolgere un’attività lavorativa. Per intenderci, la legge, per quanto sempre più restrittiva, prevederebbe per queste persone una via di scampo se solo fosse applicata correttamente. Il primo passo per ottenere ciò, è appunto, il preavviso favorevole da parte del Cantone di residenza che viene inviato alla SEM.
Il “Collettivo R-esistiamo” aveva, perciò, chiesto un incontro al consigliere di stato De Rosa, richiesta rimasta completamente ignorata.
Dopo solleciti, il 26 marzo è stata inviata un’e-mail dalla Direzione del DSS che non entra nemmeno lontanamente nel merito della richiesta firmata dalle 370 persone. Eppure, sarebbe interesse, non solo economico, del Dipartimento Sanità e Socialità (DSS) che tutte le persone rimangano in salute, o no?
Per quel che riguarda la lettera con preavviso negativo firmata da De Rosa, la Direzione del DSS scrive “… il direttore del DSS, in qualità di presidente del Consiglio di Stato, è chiamato a firmare tutti gli atti e le decisioni governative…”.
Sconcertante, diciamocelo! Rispondere, infatti, che il consigliere di stato De Rosa sia “costretto” a firmare queste decisioni negative solo perché è l’attuale presidente del Consiglio di Stato, è un gravissimo atto di deresponsabilizzazione e violenza istituzionale, in quanto perpetua la politica di totale chiusura e repressione del Dipartimento delle Istituzioni, che blocca le 111 persone in questo limbo disumano e straziante precludendo loro qualsiasi via d’uscita.
È vero che le decisioni sui preavvisi vengono predisposte dagli organi del Dipartimento degli Interni (DI), ma, apporre una firma su una sentenza che di fatto blocca la vita di un essere umano o addirittura lo mette in pericolo di rimpatrio forzato, rende chi firma complice.
Il “Collettivo R-esistiamo”, pertanto, ha inviato un comunicato stampa, ripreso dalla sottoscritta in questo testo, chiedendo: se non gli altri consiglieri di stato, chi può fermare questa spirale di disumanizzazione istituzionalizzata? Se non voi, chi?
Le 111 persone, nel frattempo, perdono la speranza e si ammalano.
Mentre gli oltre 370 firmatari stanno ancora aspettando una risposta da tutti i consiglieri di stato.
Ricordiamoci che “…la forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri.” – Preambolo alla Costituzione Federale della Confederazione Svizzera. Eppure di tale comunicato, della denuncia all’indifferenza dei Consiglieri di Stato di fronte a vite umane, nessuno ne ha fatto menzione.
Pertanto anche io mi chiedo se non tutti noi, chi può fermare questa deriva razzista e disumanizzante perpetrata nei confronti dei richiedenti asilo e degli stranieri?
L’avv. Immacolata Iglio Rezzonico è specialista della migrazione