Discrezione bombarola e cautela giornalistica
Persino di fronte alle stragi in corso a Gaza, così come fu per il massacro di Sabra e Chatila, c’è chi invita la stampa a.... “moderarsi”
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Persino di fronte alle stragi in corso a Gaza, così come fu per il massacro di Sabra e Chatila, c’è chi invita la stampa a.... “moderarsi”
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Persino di fronte alle stragi in corso a Gaza, così come fu per il massacro di Sabra e Chatila, c’è chi invita la stampa a.... “moderarsi”
Si sa che esperti militari statunitensi avrebbero suggerito ad Israele l’uso di questo tipo di bombe perché “più precise”, “più idonee ad essere usate in un ambiente urbano”. Utilizzo confermato da Daniel Hagari, portavoce dell’esercito israeliano: “l’attacco è avvenuto ricorrendo a due munizioni con testate piccole, adatte ad attacchi di precisione”. Quindi, se c’è stato un rogo nel campo dei profughi palestinesi è perché vi erano nascosti esplosivi di Hamas.
Il “New York Times” fa quello che deve fare un buon giornale, mette in dubbio la versione israeliana: a provocare l’incendio può essere stato qualsiasi liquido infiammabile presente nel campo profughi, lampade a gas diffuse tra gli sfollati o piccoli generatori di corrente a gasolio. Comunque, se si bombarda un campo di sfollati per colpire due membri di Hamas che si riteneva fossero lì rifugiati, non si può essere tanto militarmente ottusi da non riuscire a capire che ci saranno vittime civili. Che sono state infatti 45, tra cui donne e bambini. Nonostante il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, sostenga che l’uso di quelle bombe, più piccole, dimostri “lo sforzo di essere discreti”. Perdendo o il senso delle parole oppure quello della vergogna e non solo di fronte alla condanna a morte, discreta, di innocenti.
Da vecchio giornalista o, in particolare, da (un tempo) responsabile del “dipartimento informazione” della R(T)SI, mi interrogo ora sulla difficoltà a raccontare quei fatti in un servizio televisivo (al Tg o in un documentario). Persino comportarsi come il quotato “New York Times”, suscitando perlomeno qualche interrogativo o dubbio, sarebbe rischioso e pioverebbe l’ostracismo, in particolar modo da parte di qualche organo di stampa o di qualche politico sempre con il dente avvelenato, o l’accusa di sinistrismo contro la Televisione pubblica. E quindi al grande tormento di giornalisti o redattori che può tradursi fatalmente in paralisi o autocensura.
Passa quasi mezzo secolo, e con la Palestina siamo sempre lì. Sabra e Chatila (fra le 6 del mattino del 16 e le 8 del mattino del 18 ottobre 1982), massacro negli omonimi campi di profughi palestinesi in Libano, nei pressi di Bejrut. Su un quotidiano ticinese si scrive: ”Siamo stufi, arcistufi del modo subdolo col quale la nostra Televisione (Telegiornale e Reporter) presenta gli avvenimenti di Palestina. Al novanta per cento tutto è fatto per favorire i palestinesi e per mettere in cattiva luce sia gli Israeliani che i falangisti cristiani. Si presentano una, due, tre, quattro volte e ancora di più le scene che attirano la compassione sopra i palestinesi e il disprezzo, se non addirittura l’odio, contro ebrei e cristiani. Anche noi condanniamo quello che viene definito il massacro di Sabra e Chatila, come di tutti i campi palestinesi. Li condanniamo, ma li comprendiamo. Prima di tutto facciamo osservare che si esagera in modo indecente sul numero delle vittime. In realtà non sono 1500, ma alcune centinaia. I cadaveri sinora scoperti sono 300. Il che vuol dire che le vittime sicure sono 300 e non 1500 come si continua a strombazzare. Poi si tenga presente che i terroristi palestinesi hanno fatto danni immensi al Libano…”.
Tutto in prima pagina, riquadrato, in corsivo, nel giornale “cattolico” (oggi papa Francesco lo scomunicherebbe, fosse solo per quella “biblica” contabilità mortuaria). Personalmente, fui chiamato dinanzi al comitato della Corsi per renderne conto e ricevendone un consiglio alla “cautela”, parente prossima della simulazione. O l’equivalente della “discrezione” bombarola del portavoce John Kirby.
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