Harris porta la sfida nel fortino della Fox: “Non sarò la continuazione di Biden”
La candidata alla presidenza si fa intervistare dalla tv più vicina a Trump per provare a conquistare i voti dei repubblicani moderati
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La candidata alla presidenza si fa intervistare dalla tv più vicina a Trump per provare a conquistare i voti dei repubblicani moderati
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La candidata alla presidenza si fa intervistare dalla tv più vicina a Trump per provare a conquistare i voti dei repubblicani moderati
Kamala Harris esce dalla comfort zone, abbandona podcast e show più liberal e affronta la sfida della conservatrice Fox News e delle radio che intercettano spettatori neri. Il prossimo passo potrebbe essere la presenza da Joe Rogan, il podcaster più seguito d’America, capace di sposare posizioni liberal e libertarie e un isolazionismo in politica estera da farlo diventare trasversale nel mondo della politica Usa. Discussioni fra le parti sono in corso. La campagna elettorale giunge nel momento in cui serve cercare fra scettici e potenziali elettori quelli decisivi per vincere le elezioni.
Kamala Harris ci arriva con altri numeri che la sorreggono: sono quelli dei soldi e benché ancora manchi una certificazione ufficiale, nei giorni scorsi la NBC ha calcolato che la vicepresidenza ha raccolto, da quando è scesa in campo, oltre un miliardo di dollari. Pure Biden e Trump nel 2020 raggiunsero la cifra, ma non nel tempo lampo di 70 giorni. La cassaforte di Harris è ben fornita da un Harris Victory Fund che porta 633 milioni cui si aggiungono donazioni da comitati affiliati alla campagna, oltre a quelle dirette dei singoli cittadini.
Sono numeri che mostrano l’entusiasmo e la decisione di una fetta di America nello spingere la corsa della vicepresidente e che intristiscono il rivale che pure ha contribuenti assai generosi: la triade Miriam Adelson-Elon Musk-Richard Uihlein insieme mette 220 milioni. Eppure, Donald nei giorni scorsi, stando a un resoconto del New York Times, avrebbe scaricato la sua rabbia sui donatori, a suo dire, né così numerosi né così generosi.
C’è fra le due campagne un divario sui finanziamenti e sui soldi in cassa, che si riflette sulle spese: i democratici hanno potuto usare 921 milioni di dollari, la campagna repubblicana è ferma a 569. Che sono concentrate – per logistica, presenza di spot e sostegno di uffici e operazioni locali – nei sette stati chiave. Martedì è stata ospite di Charlamagne Tha God nella trasmissione radiofonica di Detroit “The Breakfast Club” con audience importante fra la comunità afroamericana e fra i maschi neri. Clima ben diverso da The View sulla Abc, tutto complimenti e sorrisi e zero domande scomode.
Charlamagne l’ha incalzata su alcune questioni (come l’immigrazione e la riparazione dei danni della schiavitù, risposta qui assente), ha portato la vicepresidente ad annuire alla frase del conduttore sul «Trump fascista», «Sì, si può dire», ha detto lei e soprattutto ha costretto Harris a sbilanciarsi su alcuni temi come mai prima. Sulla sua identità di donna nera, «andavo in una chiesa black a Oakland». Harris ha anche preso le distanze, con garbo, da Obama, che nei giorni scorsi aveva apostrofato i maschi neri perché non vogliono una donna alla Casa Bianca. Nessuna lezione, nessun ditino alzato, come ha ricordato il conduttore, ma «ho bisogno del voto di tutti», la frase di Kamala, distensiva verso gli afroamericani maschi. La chiacchierata con Bret Bayer ieri sulla conservatrice Fox News rientra in questa rinnovata strategia caratterizzata pure da continui affondi contro Trump.
Harris ha detto che la sua Presidenza non sarà la continuazione di quella di Biden. «Porterò la mia esperienza e le mie capacità» ha detto. Sull’immigrazione invece – uno dei temi su cui trump è in vantaggio – la vicepresidente ha ammesso che il sistema non è perfetto e che servono più risorse per i giudici e il personale. Negli ultimi giorni anche il linguaggio di Harris è mutato, il tycoon – dice – è «squilibrato e instabile», «non sta bene», «un pericolo per la democrazia». Alla Fox Harris ha continuato su questa linea e ricordato che ex collaboratori di Trump lo definiscono «non all’altezza del compito e pericoloso». Ieri i due hanno duellato anche sulla fecondazione artificiale dopo che Trump si è definito «il padre dell’Ivf» e lei ha replicato a distanza, «decisamente bizzarro».
Partecipare a un intervista sul network di Murdoch, è considerato più rischioso rispetto ai benefici che può portare secondo molti democratici. Per questo, secondo quanto riferisce Politico, alcuni consiglieri ritengono che Harris dovrebbe spendere più tempo a mobilitare e rafforzare la sua base senza andare alla ricerca di quelle fasce di elettori che generalmente non votano democratico. Ma Harris e altri strateghi vedono spazi di manovra e ritengono che proprio in alcuni stati chiave i repubblicani delusi potrebbero fare la differenza. Su tutti la Pennsylvania dove secondo un sondaggio del Philadelphia Inquirer con Siena e New York Times, Harris avrebbe il sostegno del 12% dei repubblicani. In Michigan e Wisconsin ha il 5%. E proprio da una contea della Pennsylvania, la Bucks County, ieri Harris ha radunato cento repubblicani a un comizio. Fra loro c’era l’ex deputato repubblicano Adam Kinzinger (insieme a Liz Cheney l’unico conservatore nella Commissione parlamentare sul 6 gennaio), che già si era conquistato un posto alla Convention Democratica come oratore. In prime time.
Nell’immagine: Kamala Harris alla Fox
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