Il 7 ottobre fa vacillare le basi dell’ebraismo
La recente sentenza che obbliga i giovani ultraortodossi a prestare servizio militare è segno di profonde crepe nella società israeliana
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La recente sentenza che obbliga i giovani ultraortodossi a prestare servizio militare è segno di profonde crepe nella società israeliana
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La recente sentenza che obbliga i giovani ultraortodossi a prestare servizio militare è segno di profonde crepe nella società israeliana
Al momento della fondazione dello Stato d’Israele, nel 1948, David Ben Gurion accettò di esonerare gli allora 400 uomini ultraortodossi dal servizio militare obbligatorio, evidentemente sottovalutando la crescita demografica che oggi fa dei charedìm, letteralmente “timorati”, il 12% circa della popolazione del paese con decine di migliaia di giovani in età di leva.
La questione dell’esonero, insieme a quella dei finanziamenti statali delle yeshivòt, le accademie talmudiche, sono sempre state oggetto di accesi dibattiti presso l’opinione pubblica israeliana e la situazione è precipitata ulteriormente dopo la salita al potere dell’ultimo governo Netanyahu nel gennaio 2023, tanto da far pensare a una guerra civile tra le fazioni ebraiche. Successivamente, il trauma del 7 ottobre e il peso di oltre otto mesi di combattimenti sulle spalle di soldati e riservisti, ha avuto tra le conseguenze quella di evidenziare drammaticamente l’eccezione di cui godono gli ultraortodossi nella società, riportando all’ordine del giorno la necessità che anche loro si facciano carica dell’onere militare in modo concreto. Così, dopo un ping pong di alcuni mesi con il governo, lo scorso martedì l’Alta Corte di Giustizia ha emesso all’unanimità una sentenza dal valore apparentemente “storico” in base alla quale non sussisterebbe più alcun quadro giuridico tale da giustificare la decennale pratica di esenzione. L’ultima normativa in merito era stata approvata dal Parlamento nel 2015 dopo l’annullamento della cosiddetta Legge Tal che garantiva anche essa l’esenzione di fatto. Contestualmente la Corte ha vietato al governo di proseguire il finanziamento a favore delle yeshivòt i cui studenti non abbiano ricevuto l’esenzione. Benché la pronuncia non contenga esplicite disposizioni sulle modalità e la velocità di implementazione del processo, la Corte ha intimato al governo di adoprarsi immediatamente e prendere provvedimenti a tal fine. L’esercito, dal canto suo, si prepara ad accogliere gradualmente le nuove leve apprestando programmi speciali per gli ultraortodossi. Da quanto si dice l’IDF necessiterebbe di alcune migliaia di soldati solo per rimpiazzare morti e feriti nel conflitto in corso, motivo per cui sarebbero tutti benvenuti.
I partiti ultraortodossi, sino ad ora preziosi alleati del Primo Ministro, hanno subito gridato allo scandalo, furibondi di essere caduti in una trappola tesa dai giudici liberali anche, e forse, nella speranza di liberarsi del governo più disgraziato della storia del paese e tornare alle urne entro la fine del 2024. Da qui le minacce di alcuni dei più importanti rabbini di lasciare il paese, piuttosto che rischiare un allontanamento dalle tradizioni che sconvolgerebbe le loro esistenze, mentre i giovani già manifestano bloccando il traffico al grido di “moriremo piuttosto che arruolarci”. Sebbene i giochi non siano affatto conclusi, il margine di manovra lasciato a Netanyahu per non scontentare i compagni di merenda è ridotto e così le possibilità di far approvare una legge che anche i sionisti religiosi vedono come estremamente discriminatoria allo stato attuale.
Tuttavia la situazione è più complessa di come appare. Tanto per cominciare secondo i sondaggi un ultraortodosso su 5 sarebbe favorevole all’abolizione dell’esenzione dalla leva obbligatoria e, dopo il 7 ottobre, i consensi sono saliti dal 10 al 22%. Se infatti la società ultraortodossa tradizionale continua a vedere nello studio della Torah il valore supremo, nonché contributo a garanzia dell’incolumità dell’intero popolo ebraico, molti cambiamenti sono in atto. Innanzitutto si stima che gli uomini che studiano effettivamente nelle scuole talmudiche siano solo una bassa percentuale, mentre gli altri lavorerebbero o passerebbero il tempo a bighellonare. Inoltre un certo movimento verso posizioni più sioniste si registra in generale nella società ultraortodossa moderna già da diverso tempo, e sono sempre di più quelli che festeggiano apertamente il Giorno dell’Indipendenza: basta osservare le innumerevoli iniziative di volontariato portate avanti in questi mesi da parte degli ultraortodossi di entrambi i sessi a conferma della volontà di sentirsi parte della collettività allargata.
Dal 7 ottobre molti degli equilibri che hanno caratterizzato la società ebraica israeliana negli scorsi decenni sembrano destinati a modificarsi, la domanda è piuttosto in quale direzione. Come ha commentato con amarezza la giornalista e intellettuale Orly Noy, il solo pensiero della vista di orde di ultraortodossi in divisa militare è molto deprimente e miserabile è la società che vede nel militarismo un valore attraverso il quale restaurare il principio di uguaglianza civile e collettiva. Se l’obiettivo è che tutti contribuiscano “equamente” ai crimini di guerra contro i palestinesi, per il momento possiamo rinviare la cartolina al mittente.
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