Tensioni crescenti fra Nicaragua e Vaticano
Le ultime mosse dell’autarca Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo, campioni di cristianità sulla carta e poi ossessionati da quanto la Chiesa potrebbe fare a presunto danno della loro dittatura
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Le ultime mosse dell’autarca Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo, campioni di cristianità sulla carta e poi ossessionati da quanto la Chiesa potrebbe fare a presunto danno della loro dittatura
• – Gianni Beretta
Cercare di spiegare il presente senza ricorrere a categorie derivanti dalla spuma di superficie delle scelte politiche
• – Paolo Favilli
Storie di vite in fuga, chiamate a ricucire lo strappo dell’esilio, a riannodare i fili della propria identità lacerata
• – Raffaella Carobbio
La Banca Nazionale soccorre CS con 50 miliardi, ma non è per niente scontato che bastino per scongiurare un fallimento epocale, che si poteva almeno provare a prevenire
• – Enrico Lombardi
Le reazioni e le manovre del clero tradizionalista americano e dei suoi sostenitori all’operato decennale di papa Francesco
• – Silvano Toppi
• – Franco Cavani
Alla nuova segretaria dei Democratici italiani tocca il compito, nel compattare le diverse “anime” del partito, di rassicurare la componente cattolica
• – Ruben Rossello
Al centro della vicenda, al tramonto dell’era Eltsin, il Kremlingate, un affare giudiziario internazionale con protagonista una società di Paradiso
• – Federico Franchini
Scontro ai voti, in Gran Consiglio, sul tedesco in Prima Media: ha prevalso, una volta di più, un’idea “strumentale” di formazione scolastica, tutta orientata verso gli sbocchi professionali
• – Adolfo Tomasini
La permanenza di una “società delle famiglie” dietro le vetrine del boom immobiliare e delle criptovalute non offre segnali incoraggianti alle nuove generazioni (che infatti preferiscono fare le valigie)
• – Orazio Martinetti
Le ultime mosse dell’autarca Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo, campioni di cristianità sulla carta e poi ossessionati da quanto la Chiesa potrebbe fare a presunto danno della loro dittatura
Mentre a Roma si celebra in questi giorni il decennale del pontificato di papa Francesco, in Nicaragua gli eventi più recenti hanno fatto precipitare i rapporti fra il paese dell’istmo centroamericano e l’Oltretevere, già assai deteriorati dalla rivolta popolare dell’aprile 2018: soffocata nel sangue di centinaia di giovani e quando la Chiesa locale tentò invano una mediazione dopo aver cercato di dare riparo ai ribelli nei propri templi.
Il governo del presidente Daniel Ortega ha annunciato la “sospensione” delle relazioni e “richiesto” alla Santa Sede la chiusura delle rispettive sedi diplomatiche; precisando curiosamente che non si tratterebbe di una rottura vera e propria. Quando fu ancora Ortega ad espellere esattamente un anno fa l’allora nunzio apostolico, il polacco Waldemar Stanislaw Sommertag, per essersi recato a Roma (lui decano del corpo diplomatico) invece di presenziare alla sua quarta investitura presidenziale consecutiva.
All’autarca nicaraguense non devono essere piaciuti gli apprezzamenti di “sua santità” della scorsa settimana quando a un giornalista argentino dell’agenzia Infobae che gli chiedeva cosa pensasse di Ortega che aveva affermato che “vescovi, sacerdoti e papi son tutta una mafia“ ha risposto: “pur col dovuto rispetto non mi resta che pensare a uno squilibrio della persona che dirige il paese; è come se fosse una dittatura comunista o hitleriana…” E pensare che Bergoglio era stato fin qui rimproverato per l’eccessiva prudenza osservata nei suoi commenti sul regime orteguista.
In gioco c’è, ora più che mai, l’ingombrante destino del vescovo di Matagalpa, Rolando Alvarez, condannato a 26 anni di carcere (per terrorismo e tradimento alla patria) proprio il giorno dopo che si è rifiutato di montare sull’aereo che nel febbraio scorso ha deportato negli Usa (liberandoli) 222 prigionieri nicaraguensi delle più varie tendenze politiche, compresi storici dirigenti del sandinismo. Incredibilmente privati al contempo della nativa nazionalità, insieme ad altri 94 oppositori che si trovavano già in esilio. In quella circostanza nell’Angelus domenicale papa Francesco si era definito “amico” di mons. Alvarez. Che in realtà la Segreteria di Stato vaticana avrebbe preferito lasciasse il suo paese per arginare le tensioni bilaterali.
La chiesa non è che l’ultimo anello della catena di annientamento di qualsiasi espressione della società civile nicaraguense che ha visto in questi ultimi cinque anni la messa al bando di oltre tremila fra associazioni, ong ed entità le più disparate e persino irrilevanti che non fossero nell’alveo del clan della famiglia del presidente Ortega e della sua vice (oltre che consorte) Rosario Murillo. Spesso con l’applicazione dell’ormai noto pretesto dell’”agente straniero”.Ma prima ancora era stata azzerata l’opposizione politica con la detenzione dei sette precandidati presidenziali alla vigilia delle farsa elettorale del novembre 2021. Per non parlare dell’oscuramento totale della libertà d’informazione.
Ortega, nel suo delirio messianico di potere, ogni volta nei suoi discorsi si richiama a “nuestro dios todo poderoso”. Ma è la moglie tuttofare Rosario a dedicarsi specificamente alla repressione dell’ambiente ecclesiastico incarcerando preti e religiosi, fino a cacciare lo scorso anno le innocue suore di madre Teresa di Calcutta. E ancora minacciando i cattolici con i suoi provocatori inviti a predicatori fondamentalisti stranieri. Proprio lei che si considera l’integralista custode per eccellenza della fede cristiana in Nicaragua, tanto che qualcuno la chiama “la papessa”. Mentre dai più viene definita bruja (fattucchiera) per i suoi esorcismi e le decine di anelli che porta alle dita, ognuno contro un malocchio differente. È stata lei la mandante dell’attentato alla cappella del crocifisso nella cattedrale capitolina nell’agosto 2020. Così come l’organizzatrice, nel marzo precedente, del dissacrante boicottaggio dei suoi scalmanati fedelissimi alle esequie del padre-poeta Ernesto Cardenal, suo detestato concorrente letterario che durante la Rivoluzione Sandinista ricoprì paradossalmente il dicastero della cultura; insieme a ben altri tre preti-ministri: all’insegna dello slogan “entre Cristianismo y Revolución no hay contradicción” (non c’è contraddizione).
Murillo è stata l’artefice del riavvicinamento di Ortega all’arcivescovo di Managua Obando y Bravo, principale nemico interno durante la rivoluzione (che papa Woytjla fece cardinale dopo la sua contestata visita del marzo ’83). Da lui si fecero risposare nella cattedrale in cambio di un appoggio elettorale per il ritorno al governo nel 2007. Fu lei a promuovere immediatamente dopo la legge contro l’aborto in Nicaragua. Ed oggi si accanisce contro una gerarchia che, salvo il vescovo Alvarez e qualche altra figura minore, francamente non è che si mostri così insidiosa.
L’ultimo provvedimento in ordine di tempo disposto da Rosario Murillo, a nome del tanto sventolato Governo di Riconciliazione e Unità Nazionale del Nostro Nicaragua Benedetto e Sempre Libero, è la proibizione di tutte le processioni in vista dell’imminente “settimana santa”. Mentre una decina di giorni fa aveva provveduto alla chiusura d’autorità nientemeno che degli uffici della Caritas.
Nell’immagine: un fotomontaggio dell’agenzia Infobae che ritrae i 7 candidati fatti arrestare da Daniel Ortega perché nelle scorse elezioni hanno cercato di affrontarlo
Domani la ‘Giornata della memoria’, che ricorda l’orrore della Shoah. L’opinione contro-corrente di Gabriele Nissim: una memoria ‘passiva’ non ha senso se non ricorda e agisce...
Mercati finanziari, banche centrali e questione occupazionale dentro una spirale prezzi-salari