Il piano di Giorgia Meloni per guidare l’Europa, spostarla a destra e rifare amicizia con Trump
Il primo ministro italiano corteggia l’ex presidente e si prepara a orientare la politica europea a suo favore
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Il primo ministro italiano corteggia l’ex presidente e si prepara a orientare la politica europea a suo favore
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Il primo ministro italiano corteggia l’ex presidente e si prepara a orientare la politica europea a suo favore
Quando Giorgia Meloni salì al potere in Italia, nell’autunno 2022, le élite occidentali nutrivano dubbi su un primo ministro che in passato aveva professato ammirazione per il fascismo.
Ma a distanza di due anni, la leader di estrema destra ha compiuto un’impresa politica.
Ha convinto i suoi colleghi occidentali del suo fermo sostegno all’Ucraina nella lotta contro la Russia, facendo poi leva su questa sua rispettabilità per ottenere una posizione di leadership tra le forze di destra europee.
Non solo. Sono state le pressioni della Meloni, e di altri leader di destra, a costringere Bruxelles a eliminare le restrizioni previste sull’uso dei pesticidi e a ridimensionare il pacchetto sul clima. Sono state anche i suoi interventi, in larga misura, a far cambiare la posizione dell’Europa sul tema migratorio, portandola da una posizione incentrata sull’asilo e sulla ridistribuzione tra gli Stati dell’UE verso il pagamento di Paesi terzi (dalla Tunisia all’Albania) per tenere i migranti fuori dai confini del continente.
Giorgia Meloni continua poi ad esercitare un’influenza silenziosa ma efficace su politici europei di primo piano, in particolare sulla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in cerca di sostegni per la sua ricandidatura al vertice di Bruxelles.
Ora la Meloni vola in Egitto per affiancare la von der Leyen nella firma di un accordo sulla migrazione in base al quale l’UE pagherà al Cairo fino a 7,4 miliardi di euro per sostenere le finanze del governo cairota in cambio di un freno delle migrazioni a partire dal più popoloso paese arabo (anche se il ministro delle finanze egiziano ha indicato una cifra più bassa, tra i 4,6 e i 5,5 miliardi di euro). Ripropone quindi la “formula tunisina” dello scorso anno, sperando che l’interlocutore del Cairo sia meno capriccioso e più coerente.
Tuttavia, l’influenza nell’UE di Giorgia Meloni ha ancora molto spazio per crescere.
A giugno, gli europei voteranno in un’elezione per il rinnovo del parlamento di Strasburgo che probabilmente porterà a un blocco di destra più forte in qjuella assemblea, prospettiva confermata anche da un sondaggio di “Politico”. Il primo ministro italiano è pronta a diventare “leader spirituale” di tale blocco, spingendo Bruxelles a destra su tutto, dalla politica migratoria al “Green Deal”, l’ ambizioso pacchetto di leggi sul clima che è diventato un sacco da boxe per la destra continentale, e non solo.
I critici non hanno perso tempo nel sottolineare negativamente l’influenza della Meloni sul proscenio mondiale. Nonostante alcuni titoli positiva su akcuni giornali, l’economia italiana rimane sostanzialmente bloccata, indebolendo la credibilità di Roma nelle grandi decisioni politiche. E nonostante l’attuale stato di degrado delle relazioni franco-tedesche, Parigi e Berlino sono ancora, strutturalmente parlando, i centri di riferimento per la politica europea, mentre la Polonia del primo ministro Donald Tusk è un attore sempre più cruciale.
Gli oppositori in Italia avvertono anche che il governo Meloni sta facendo una campagna contro le gravidanze surrogate per erodere silenziosamente i diritti LGBTQ+. Come ci si può aspettare da una conservatrice di marca “Dio, patria e famiglia”, la Meloni e il suo partito “sono stati a lungo ostili all’avanzamento dell’uguaglianza LGBTQ+ nella sfera della vita domestica, opponendosi ardentemente alla genitorialità omosessuale”, ha scritto Andrea Carlo, ricercatore italo-britannico, in un op-ed per POLITICO lo scorso anno.
A novembre, gli elettori statunitensi sceglieranno tra il presidente in carica Joe Biden e l’ex presidente Donald Trump. Se prevarrà il primo, la Meloni potrebbe portare avanti un rapporto che sia la Casa Bianca che il suo ufficio definisce “positivo”. Se sarà Trump, potrebbe mettere a frutto mesi di discreti sforzi per corteggiare la destra MAGA (“Make America Great Again”, il celebre slogan dell’ex capo della Casa Bianca), diventando un alleato europeo meno tossico dell’ungherese Viktor Orbán: diverrebbe una sorta di quello che fu Maggie Thatcher per Ronald Reagan, per usare un’analogia molto imperfetta.
“In Italia è di gran lunga il politico più vicino a Trump”, ci dice Marco Damilano, analista politico italiano. “E a livello europeo, il suo governo sarebbe nella posizione migliore per costruire legami con una seconda amministrazione guidata dal tycoon tatunitense”
Nonostante la recente sconfitta elettorale in Sardegna, l’indice di gradimento della Meloni – 41% – rimane inverosimilmente alto per un premier italiano a due anni dal suo insediamento. La domanda ora è questa: come userà il suo capitale politico, rimarrà fedele al campo pro-Ucraina e pro-NATO nel caso in cui Trump tornasse alla Casa Bianca e lei diventasse la grande acerdotessa della destra europea?
Per ora, l’inquilina di Palazzo Chigi a Roma si sta dimostrando particolarmente abile nella tradizione diplomatica italiana di giocare su entrambi i fronti. Piuttosto che posizionarsi fuori dal quadrato europeo, lei Meloni è rimasta all’interno, sapendo che si trattava del miglior posizionamento per esercitare una crescente influenza sulla politica dell’UE.
Quando gli è stato chiesto di descrivere il risultato che preferirebbe per le elezioni presidenziali americane, Nicola Procaccini, che guida la fazione della Meloni al Parlamento europeo, ha detto: “Ci auguriamo che vinca Trump”, anche se non ha tardato ad aggiungere una precisazione: “Ma ovviamente Giorgia è anche il leader del governo italiano e ha un ottimo rapporto con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden”.
L’accampamento della Meloni sta cercando di fare il bello e il cattivo tempo. Da un lato, sta facendo molto per assicurare che le sue credenziali pro-Ucraina e pro-NATO sono in ordine, aggiungendo di recente un viaggio a Kiev nel secondo anniversario dell’invasione russa a febbraio e l’organizzazione nella capitale ucraina di un incontro speciale dei Paesi del G7 dedicato al conflitto e alle necessità di Kiev. Dall’altro, sta facendo del suo meglio per corteggiare i repubblicani MAGA anti-Ucraina, costruendo legami con il campo di Trump grazie ai membri del suo partito di estrema destra Fratelli d’Italia col quartier generale trumpiano che si trova Florida.
Giorgia Meloni attirò le folle partecipando al CPAC 2020 in Florida (un evento repubblicano critico nei confronti dell’emergenza sanitaria da coronavirus) . Quattro anni dopo il suo campo sta di nuovo lavorando duramente per costruire legami con l’entourage di Trump negli Stati Uniti. “Come leader di una delle principali economie europee, sarebbe il punto di riferimento per Trump in Europa”, ha affermato Andrea di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia con sede in Nord America e responsabile delle relazioni con i repubblicani statunitensi.
L’apertura della Meloni nei confronti di Trump è destinata a rafforzare i sospetti dei più stretti alleati dell’Ucraina in Europa sulla sua posizione a lungo termine, soprattutto dopo che lo scorso novembre il primo ministro italiano è stato sorpreso a lamentarsi della “stanchezza da Ucraina” con un leader africano che poi si scoprì essere il protagonista (russo) di uno scherzo telefonico.
Ma in un momento di stallo tra Bruxelles e l’Ungheria sugli aiuti all’Ucraina, la Meloni ha contribuito a convincere Orbán a firmare un pacchetto di aiuti da 50 miliardi di euro per l’Ucraina, risultato che ha le sue radici in un’offensiva senza sosta per corteggiare il leader ribelle. La Meloni, grande ammireatrice e sostenitrice del politico ungherese, è stata del resto ospite principale del raduno di Orbán che ha radunato molte personalità conservatrici a Budapest lo scorso settembre. E i due leader hanno poi condiviso una dichiarazione congiunta di condanna dell’aggressione russa in Ucraina, a testimonianza dell’influenza della Meloni.
Chi ha avuto a che fare con la Meloni da vicino sottolinea una differenza fondamentale tra lei e persone come Orbán o l’ex primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. È scrupolosa nel non oltrepassare le linee rosse del blocco sullo stato di diritto o nell’apparire sleale nei confronti dell’ordine NATO guidato dagli Stati Uniti.
Se a questo si aggiunge la sua padronanza delle lingue straniere – superiore a quella di molti suoi predecessori – e il suo modo di fare informale negli incontri internazionali (è nota per posizionare il suo portamatite, come una studentessa, davanti a sé durante le riunioni dei leader) si ottiene un alto esempio di diplomazia italiana.
Se la von der Leyen (a cui la leader italiana ha già garantito il suo appoggio) otterrà la nomina per un secondo mandato, molto probabilmente avrà a che fare con un Parlamento europeo in cui, secondo i sondaggi di “Politico”, i partiti di destra avranno un numero di seggi maggiore rispetto a questa legislatura, e in cui la Meloni, ancora una volta, probabilmente giocherà un ruolo cruciale. Ecco pechè la sua influenza sugli affari dell’UE sembra destinata a crescere, non a ridursi, già nei prossimi mesi. La von der Leyen non potrà fare a meno del suo sostegno per ottenere una maggioranza qualificata tra gli altri 26 leader dell’UE a favore di un secondo mandato.
In quanto membro del più grande gruppo del Parlamento europeo (cioè il Partito Popolare Europeo), la von der Leyen avrà probabilmente il sostegno automatico di 12, forse 13 leader conservatori (se Mariya Gabriel diventerà primo ministro della Bulgaria prima delle elezioni). Ma per raggiungere la soglia di 15 Paesi per una maggioranza qualificata, avrà bisogno del sostegno di almeno altri due leader non appartenenti al PPE.
Secondo il funzionario del PPE che ci ha parlato a condizione di rispettarne l’anonimato, i due leader sul cui sostegno von der Leyen farà molto probabilmente affidamento per superare questa sorta di “linea rossa” sono Petr Fiala, primo ministro della Cekia, e, naturalmente, Giorgia Meloni.
Da qui il frenetico programma di viaggi della von der Leyen in Italia. È stata a Roma due volte nel 2023 e una all’inizio del 2024, due volte in Emilia Romagna e una a Lampedusa, un punto caldo per i migranti che arrivano in barca al largo della Sicilia, oltre a diversi incontri a tu per tu a margine di conferenze internazionali; due volte a Tunisi con la Meloni; e ora in Egitto.
Anche se il partito di destra della Meloni non sarà di gran lunga il più grande del Parlamento europeo (è probabile che l’onore rimanga al Partito Popolare, in procinto di raccogliere 177 seggi, sempre secondo il sondaggio di “Politico”, lo schieramento guidato da Fratelli d’Italia è comunque visto come un motore ideologico che spinge lo stesso PPE a destra. Come von der Leyen, il presidente del PPE , Manfred Weber, ha a sua volta corteggiato Meloni durante una serie di incontri individuali, alimentando la voce che il primo ministro italiano potrebbe fare un’offerta per entrare nel gruppo conservatore.
Certo, i funzionari del PPE smentiscono la possibilità che Meloni entri formalmente nel loro gruppo. Ma non c’è alcun divieto di alleanze ad hoc con il blocco conservatore , un’idea che Procaccini, co-presidente del gruppo, sembra del resto abbracciare.
“Ho un colloquio quotidiano molto franco con Manfred Weber”, ha detto. “Abbiamo diversi punti in comune con il PPE, e abbiamo anche una strategia in comune. Le maggioranze al Parlamento europeo non sono come quelle dei parlamenti nazionali: possono cambiare a ogni votazione”.
Meloni potrebbe anche presiedere un gruppo di Conservatori e Riformisti europei significativamente più ampio, se il partito Fidesz di Orbán si unisse, portando con sé almeno 12 deputati (Fidesz, il partito di Orban, è stato cacciato dal PPE nel 2019). Procaccini ha detto che è “troppo presto per dire” se Fidesz potrebbe entrare nell’ECR, ma ha affermato che una decisione sarà presa dopo le elezioni se Fidesz presenterà una richiesta formale di adesione.
Con Fidesz dalla sua parte, Meloni – come leader di un Paese del G7 – presiederebbe una fazione di destra allargata nel Parlamento europeo che potrebbe formare alleanze ad hoc con il gruppo di estrema destra ID.
“Lei [Meloni] è stata esplicita su ciò che vuole fare”, ha dichiarato Leo Goretti, esperto di politica estera italiana presso l’Istituto Affari Internazionali di Roma. “Vuole riunire i conservatori e i nazionalisti, rispecchiando le inclinazioni della sua stessa coalizione di centro-destra”.
Alla domanda su come la Meloni potrebbe esercitare la sua ritrovata influenza sulla scena europea e globale dopo le elezioni europee, un altro funzionario del PPE ha detto, a condizione di anonimato: “Come primo ministro e presidente del Gruppo degli europeisti riformisti-coinservatori, Giorgia Meloni chiederà posizioni importanti, probabilmente un portafoglio molto grande per il commissario europeo italiano”. Resta da vedere se questo accadrà tra il frammentato guazzabuglio di partiti di destra ed estrema destra che coabitano con qualche difficoltà nel Parlamento europeo. Ma la Meloni ci proverà, ha detto il funzionario. Soprattutto, presentandosi “come il leader informale di tutto ciò che è a destra del PPE, questo è il suo sogno”, ha concluso il funzionario.
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