Il razzismo istituzionale in poche parole
“Sgravare" il sistema d'asilo. Utilizzato dalla SEM, questo termine racchiude tutta la retorica anti-asilo degli ultimi cinquant'anni
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“Sgravare" il sistema d'asilo. Utilizzato dalla SEM, questo termine racchiude tutta la retorica anti-asilo degli ultimi cinquant'anni
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“Sgravare" il sistema d'asilo. Utilizzato dalla SEM, questo termine racchiude tutta la retorica anti-asilo degli ultimi cinquant'anni
All’inizio del settembre scorso la Segreteria di Stato per la migrazione (SEM) ha invitato la società civile a un “incontro con le ONG”. L’obiettivo dichiarato era quello di presentare la bozza della strategia globale in materia di asilo, commissionata da Beat Jans e che dovrebbe essere adottata nell’estate del 2025. L’obiettivo dell’incontro era quello di chiedere un parere iniziale alle organizzazioni con cui la SEM desiderava “collaborare”. Ai partecipanti è stato consegnato un foglio di carta contenente una decina di punti, tutti alquanto vaghi, ma soprattutto che parlava poco di asilo, rifugio, protezione o diritti fondamentali – qualcosa che avremmo osato aspettarci da un consigliere federale socialista. Peggio ancora, il primo obiettivo elencato era quello di “alleggerire il sistema di asilo da persone che non hanno bisogno di protezione”. Alleggerire, sul serio?
Uno sguardo ad alcuni dizionari ci dà il pieno significato simbolico del termine, che [nell’accezione francese, ndr] deriva da last, la parola olandese che indica il peso. Dé-lester, termine nautico del XVI secolo, significa letteralmente scaricare la zavorra, togliere un peso, liberarsi di un peso fastidioso. Ironicamente, non possiamo fare a meno di pensare alle grandi navi che hanno attraversato gli oceani, dando vita alla prima globalizzazione del commercio. Un momento cruciale che ha organizzato e stabilito ciò che ancora oggi è alla base delle disuguaglianze economiche e sociali, ma anche delle guerre e dei conflitti del nostro mondo: la colonizzazione.
La metafora del mare – utilizzata in un momento in cui l’Europa, compresa la Svizzera, si appresta ad assumere una posizione più dura nei confronti della migrazione con il nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo – non può che ricordarci le decine di migliaia di bambini e adulti che negli ultimi decenni sono morti nel Mediterraneo, imbarcandosi su zattere di fortuna. Dopo secoli di estrattivismo, appropriazione delle risorse, sfruttamento e impoverimento di generazioni di persone nate in Africa, Asia, Americhe e Oceania, è ora a forza di politiche disumane e di esternalizzazioni che l’Europa e la Svizzera cercano di barricarsi sempre più strettamente e di liberarsi di questi migranti che ritengono indesiderabili.
Ma torniamo al termine stesso: scaricare. La scelta delle parole è importante, e questa è spaventosa. Perché racchiude tutta la retorica anti-asilo degli ultimi cinquant’anni: l’illusoria distinzione tra veri e falsi rifugiati, la lotta contro gli abusi, lo smistamento, ma anche l’asilo come un problema da risolvere, un peso da sopportare. Soprattutto, è spaventoso perché mette a nudo il modo in cui gli esseri umani sono percepiti dai nostri politici e dalle nostre amministrazioni: come un peso, un inconveniente, sacchi di zavorra da smistare, mettere da parte, spostare, trasferire e gettare via. Quando parliamo di zavorra, diciamo chiaramente che per i nostri politici alcune vite contano molto più di altre, che è più facile sbarazzarsi di alcune vite che di altre.
E quando ci si rende conto che la proposta iniziale si riferisce direttamente alle “procedure d’asilo di 24 ore” recentemente introdotte dalla SEM su richiesta di Beat Jans e rivolte principalmente alle persone provenienti dal continente africano, si può vedere chiaramente il razzismo istituzionale che ancora sta alla base della gestione delle frontiere e dell’intero regime migratorio svizzero ed europeo. In questi termini, il CSP di Ginevra e molte organizzazioni della società civile ci penseranno due volte prima di partecipare a questa consultazione su una strategia che non ha nulla a che vedere con una politica di asilo degna di questo nome.
Raphaël Rey è responsabile dell’informazione presso il dipartimento rifugiati del Centro sociale protestante di Ginevra
Traduzione a cura della redazione
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