Il voto in Sudafrica, tutto come prima?
Il partito di Mandela perde la maggioranza assoluta, ma potrebbe essere tentato da un’alleanza col partito eterodiretto dall’ex presidente Zuma; sarebbe un esito deludente per chi spera in un cambiamento
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Il partito di Mandela perde la maggioranza assoluta, ma potrebbe essere tentato da un’alleanza col partito eterodiretto dall’ex presidente Zuma; sarebbe un esito deludente per chi spera in un cambiamento
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Seggi elettorali chiusi in Sudafrica, che hanno visto una partecipazione record. Il 58,8 % degli aventi diritto si sono recati a votare. Ciò che fa ben sperare, considerato il clima di sfiducia che regna fra la gente nei confronti dei loro politici al potere. Ben 52 partiti erano in lizza. Una frammentazione del potere decisionale, che forse non ha giovato a dare al paese una risposta chiara e forte per la formazione di una nuova compagine governativa.
I primi risultati, non definitivi, ma certamente indicativi confermano che l’ANC, il partito di Nelson Mandela, che come previsto è stato pesantemente penalizzato, ha perso la maggioranza assoluta. Ha infatti raccolto il 40.15% dei voti, seguito dal partito di opposizione Democratic Alliance con il 21.70%, il populista EFF (Economic Freedom Fighters) di Julius Malema con un risicato 8.40%.
Ha fatto per contro molto bene l’MK (Umkhonto we Siswe) di Jacob Zuma, l’ex presidente defenestrato per seri reati di corruzione, che ha raccolto il 14% dei voti. Ufficialmente Zuma non è attivo nel partito, al punto che lo avevano stralciato dalla lista elettorale. Però agisce dietro le quinte ed è tutt’ora molto popolare nel Kwazulu Natal, la seconda più importante provincia del paese.
L’aritmetica al momento attuale dice che l’ANC per rimanere al potere dovrà vedersela con l’MK di Zuma. Non è forse questa la risposta che ci si aspettava da queste elezioni. Tutto come prima?
Un interrogativo inquietante, anche perché il Sudafrica con le sue immense risorse minerarie è di grande importanza per l’Europa, Germania in particolare, ed è visto come la porta d’ingresso al resto dell’Africa, continente corteggiato con grandi aspettative da Cina e Russia.
Trent’anni anni dopo l’abolizione dell’apartheid, un regime totalitario e razzista, che penalizzava la maggioranza nera della popolazione emarginandola con misure e leggi umilianti e discriminatorie, il paese non ha ancora trovato la giusta via per far fronte all’ alto tasso di disoccupazione e povertà, che tutt’ora regna in molte regioni del paese. Eppure per molti votanti l’ANC rimane il partito che ha dato loro libertà e dignità. Significativa la dichiarazione di un giovane raccolta davanti a un seggio elettorale: «se ha da essere, voto per un diavolo conosciuto piuttosto che per uno che non conosco». Il Sudafrica è un paese giovane, la metà dei suoi 60 milioni ha meno di 25 anni. Un futuro ancora incerto per molti, troppi di loro. Fino a quando la leggendaria resilienza dei sudafricani basterà a mitigare le conseguenze delle gravi discrepanze sociali create da una classe politica inadeguata e fragile?
A bocce ferme inizia ora la fase più delicata. L’ANC dovrà cercarsi un alleato per poter governare . In teoria potrebbe tentare di governare da solo, senza una maggioranza. I prossimi negoziati potrebbero quindi riservare delle sorprese.
Nell’immagine: esponenti dell’EFF e dell’ANC nel Centro di elaborazione dei risultati elettorali
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