La bandiera sovranista sull’Europa
C’è da sperare che i cittadini, dopo il segnale d’allarme, riprendano in mano la loro storia
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C’è da sperare che i cittadini, dopo il segnale d’allarme, riprendano in mano la loro storia
• – Redazione
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Considerazioni sulle tre votazioni a livello cantonale: sulla riforma tributaria approvata, l’UDC parte subito all’attacco; e il centro-sinistra deve riflettere su come trovare alleanze in Gran Consiglio
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Gli studi interrotti, l’ingresso nel partito, il fidanzamento con la nipote di Le Pen e la carriera velocissima
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Il 10 giugno di cento anni fa, il leader socialista fu massacrato dai fascisti. Ma, prima ancora, il suo omicidio iniziò a consumarsi nella calunnia e nell’isolamento che spensero una voce libera. Lo scrittore racconta il delitto anche in un podcast
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• – Redazione
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• – Spartaco Greppi e Christian Marazzi
C’è da sperare che i cittadini, dopo il segnale d’allarme, riprendano in mano la loro storia
Se la Francia e la Germania dovevano essere come sempre la locomotiva d’Europa, per guidarla verso una nuova stagione da protagonista nelle grandi crisi che ci circondano, ieri quel treno si è fermato, arenando tutto il processo di rafforzamento dell’Unione. È la destra che secondo i primi exit poll sbarra la strada all’Europa, raccogliendo le insicurezze, lo spaesamento, la rabbia e la solitudine politica dei cittadini con le parole d’ordine di una vera e propria ribellione, che premia proprio le forze più estreme e radicali figlie di una storia tenuta al bando nel dopoguerra con il voto nelle democrazie occidentali, rinate con la vittoria contro il fascismo e il nazismo. Ora la destra sventola le sue bandiere proprio a Parigi e a Berlino, come se quella storia si fosse infine estenuata, svuotandosi di significato, senza testimoniare più quell’interdetto rinnovato per decenni, sulle lezioni del Novecento.
Sono dati provvisori e precari, basati su autodichiarazioni subito dopo la chiusura delle urne, in attesa dello spoglio ufficiale delle schede. Ma al di là delle percentuali, l’incendio politico è appiccato, e le conseguenze sono inevitabili: in Francia il presidente Macron ha annunciato lo scioglimento del parlamento e la convocazione di nuove elezioni il 30 giugno e il 7 luglio, per verificare immediatamente la volontà popolare dopo il terremoto di ieri, e la tenuta del sistema.
C’è infatti nel voto per il parlamento europeo una forte carica anti sistema, che coinvolge i governi nazionali puniti dagli elettori, a Parigi come a Berlino, le élite del mondo non solo politico ma intellettuale e scientifico, il sapere e la conoscenza come riflessi castali, i poteri forti, la cultura cosmopolita, l’Occidente e il suo culto per la democrazia delle istituzioni e dei diritti: vissuta invece da strati sempre più larghi della popolazione come una stella spenta, un bene-rifugio dei ceti dominanti che secondo il racconto delle destre consumano in esclusiva quei valori che a parole testimoniano come universali. La sfiducia nella democrazia, accusata di non essere all’altezza degli ideali che professa perché non in grado di mantenere le sue promesse, è la cifra su cui s’incontrano l’antica riluttanza democratica delle destre e la nuova diffidenza agnostica dei populisti di ogni colore, che non si riconoscono in nessuna religione civile e non accettano lezioni da un passato che non hanno vissuto, venendo da un altrove e vivendo esclusivamente nel presente.
Questo azzeramento valoriale, con l’interruzione dell’esperienza storica europea, neutralizza le culture politiche mentre disconosce le tradizioni, e spiega tutto da solo: fuori dalla storia e dai suoi parametri, infatti, tutte le proposte politiche hanno pari titolo e anche le forze di derivazione fascista o di nostalgia nazista possono competere senza il dovere di un rendiconto, proprio perché si è dissolto il sentimento repubblicano nazionale, quel patriottismo costituzionale che reggeva le istituzioni e che era condiviso e vissuto dai cittadini. Non c’è più — ecco la novità che avanzava da mesi, ma che il voto di ieri ha certificato — un canone europeo e occidentale, basato sullo stato di diritto, sulla democrazia liberale, sull’economia sociale di mercato, sul welfare, sul capitalismo responsabile. Si chiarisce, proprio qui, la ragione del sostegno riluttante di fasce sempre più ampie di popolazione a Kiev nella guerra di difesa dall’aggressione russa. E si capisce come la destra possa presentarsi davanti agli elettori nella sua radicalità estrema e nella sua eredità esibita, perché ciò che conta e prevale oggi è il senso di alterità che impersona e trasmette. Dopo che per anni il buonsenso repubblicano consigliava alla destra di uniformarsi, adattandosi allo spirito delle Costituzioni democratiche, oggi la destra fa l’opposto, forzando la democrazia senza attaccarla e colpirla: ma riformulandola nella sua espressione istituzionale e costituzionale, adattandola a sé.
Può farlo, come dimostra il voto di ieri, perché è espressione di quella carica antisistema che rischia di essere il vero sentimento dell’epoca, capace di collegare il forgotten man e il miliardario Trump, diversi in tutto ma uniti nell’irritualità irregolare della ribellione. E com’era prevedibile e ormai inevitabile tutta questa tensione impolitica (che crescerà perché la destra vince ma non governa, rimanendo estranea ad ogni responsabilità) si scarica oggi sul vero monumento del sistema, base e vertice della piramide, l’Unione Europea, vista ormai soltanto come un meccanismo di vincoli di cui il cittadino non riesce più a riconoscere la ragione, e tantomeno a recuperare la legittimità. L’Europa come totem rovesciato, primo bersaglio sacrificale dell’estremismo sovranista e nazionalistico arrembante, col vento del voto popolare nelle vele nere. Proprio quando ci sarebbe bisogno di un salto in avanti nel ruolo e nel peso politico dell’Europa, dotandola di una soggettività sovrana capace di spendere la sua storia nelle crisi che ci interpellano, la destra bloccherà il processo di costruzione europea, con grande soddisfazione di Putin. A meno che i cittadini, dopo il segnale d’allarme di ieri, non riprendano in mano la loro storia e la loro responsabilità, coniugandole in un nuovo impegno europeo: la partita è in salita, ma è appena incominciata.
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