Il profeta prestigiatore
"Annientare", Il nuovo libro di Houellebecq, radiografia della paura del nostro tempo
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"Annientare", Il nuovo libro di Houellebecq, radiografia della paura del nostro tempo
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"Annientare", Il nuovo libro di Houellebecq, radiografia della paura del nostro tempo
Il romanzo “Annientare” viene presentato come distopico, ma sembra una cronaca del giorno dopo. Ambientato in una Francia del 2027 che somiglia assai a quella del 2022. I personaggi sono disorientati, come noi, e cercano tutti una quiete sempre più difficile da raggiungere.
Uscito dagli effetti delle pillole di sostegno che fanno di “Serotonina” un notevole trattato pseudoscientifico sulla depressione, Michel Houellebecq sorprende nuovamente il mercato e la platea dei lettori con un romanzo torrenziale, “Annientare” (La Nave di Teseo, 743 pagine, 23 euro, in libreria dal 7 gennaio), che ha il vezzo di volerci far credere che potrebbe essere il suo canto del cigno – ma di questo possiamo tranquillamente dubitare.
L’intero procedimento di promozione di “Annientare” è una commedia trash sul come oggi l’industria culturale si rappresenti, attraverso interviste negate (ma poi qualcuna concessa), severi embarghi ai recensori, anticipazioni micragnose (70 pagine spedite qua e là per stuzzicare la curiosità), fino all’irruzione della perfida Rete, dove copie-pirata in pdf del romanzo hanno preso a circolare vorticosamente, provocando le ire dell’editore Flammarion e lo scatenamento dei suoi legali – o qualcosa del genere, perché intanto il talk of the town attorno al libro cresceva esponenzialmente e c’è da scommettere che gli effetti provocheranno dei gran brindisi con ottimi champagne.
Dunque Houellebecq si conferma un fuoriclasse del pop e delle sue regole, sebbene si affanni a ricordarci quanto la cosa l’affatichi e lo costringa a sottoporsi al martirio promozionale che segue il processo creativo. Ma niente di tutto questo conta granché, perché in realtà lui gioca come il gatto col topo (la curiosità dei media, l’ingenuità del pubblico) e vende a iosa la sua merce che d’altronde, come sempre, è di valore.
Perché se è nel suo stile interpretare il disincantato narratore mercenario, il poeta dei compromessi e l’orchestratore di tematiche che tirano, “Annientare” è una lettura potente, di grande intrattenimento e i suoi acquirenti faranno a gara nello scoprire come finisce una vicenda da più parti presentata come distopica, ma che sembra piuttosto una cronaca del giorno dopo, ambientata in una Francia del 2027 che somiglia assai a quella del 2022. Unica differenza è che certe cose si sono sottilmente estremizzate e che si capisce che il mondo in generale, ma l’Occidente in particolare e Parigi ancor di più, stiano tutti continuando a marciare su sentieri pericolosi. E che le minacce siano più subdole del previsto, acquattate appena sotto la superficie del concetto di progresso.
In ogni caso, i personaggi di “Annientare” sono piacevoli, ben disegnati, capaci d’intercettare la nostra simpatia e interesse, in quanto figure vivaci, intelligenti, positive e umane (pochissimi i mostri, nelle ultime pagine di Houellebecq – altra inattesa novità).
Dunque ecco Paul Raison, consulente del ministro dell’Economia francese, uomo d’ingegno professionale e di incertezze personali; sua moglie Prudence (battezzata dalla canzone di Lennon) e anche lei funzionaria governativa di rango, ma anche sposa infelice, rapita da tentazioni misticheggianti. Bruno Juge, appunto il ministro, capo e confidente di Paul – ricalcato sulla silhouette autentica di Bruno Le Maire, amico intimo di Houellebecq – uomo colto, di talento, raziocinio ed etica, eppure a un palmo dal punto di rottura, mentre si avvicina il momento di scendere in campo niente meno che per le presidenziali. E poi la complicata famiglia di Paul, una sorella fanatica religiosa, un misterioso padre, ex-dirigente dei Servizi Segreti, folgorato nelle prime pagine da un terribile ictus e assistito da una seconda moglie tremebonda.
Una rappresentazione che passa di continuo dal privato al pubblico, dal personale al politico, dai sentimenti ai doveri fino alle mire dell’ambizione. Perché in parallelo alla corsa delle elezioni e all’irresistibile crescita di prestigio di una nazione francese eccitata dalla dimensione della propria forza, si sviluppa un’altra linea narrativa, stavolta nera, che descrive la mutazione delle forze del male per come le percepisce l’autore, il loro trasloco nei crismi del contemporaneo fino ad annidarsi nella Rete, trasformandola in strumento di terrore e in minaccia non solo al progresso, ma addirittura alla sopravvivenza degli uomini.
Non andiamo oltre nel delineare gli sviluppi della storia, avvincente al punto da non meritare riassunti sommari. E diamo invece un’occhiata all’aria che tira in generale nelle pagine del più famoso scrittore francese del XXI secolo e alle idee che s’è fatto del mondo che racconta. Che stavolta è una rappresentazione a due facce, priva degli estremismi che un tempo eccitavano Houellebecq, più complessa, a tratti in apparenza ingannevole. Perché i suoi personaggi sono competenti e onesti tecnocrati di una post-democrazia, ambiziosi ma giudiziosi nelle scelte e timorosi nelle relazioni. Forse più insicuri del necessario, come del resto stiamo diventando tutti, perché a giocare c’è molto da perdere, la nostra civiltà ha costruito tanto ma ha prodotto un’infinità di scorie e la sensazione di pericolo globale si accentua giorno dopo giorno.
Una grande minaccia ci sovrasta, ma non sappiamo definirla, i suoi contorni appaiono mutevoli, anche se la parola “Covid” non ricorre nel romanzo, e nemmeno “pandemia” – ma la paura sì, c’è in tutte le pagine, è palpabile, e la ricerca di requie, il tentativo di trovare un po’ di pace gronda da tutta la parabola di “Annientare”, senza nemmeno il coraggio di incasellarlo alla voce “amore” o “felicità”.
Ma non è il caso di fare i catastrofisti: l’umanità ha realizzato un capolavoro imperfetto, disseminato di debolezze, di vergogne, ingiustizie e perciò di rabbia, odio, vendetta. Ci risiamo con gli angeli e i diavoli, non se n’esce, ma Houellebecq stavolta si schiera dalla parte dei buoni, sebbene col sadismo di chi lascia intendere che non è questione di schieramenti, quanto, come dicevano gli antichi saggi, di karma.
La modernità produce il male come residuo del progresso e questo supplizio è insanabile, un destino malevolo, un errore di calcolo. Sesso e sete di potere sono le più efficaci pillole di sostegno collettive, ma sono solo terapie di sostegno, non soluzioni del problema. Il mondo non sarà mai perfetto, la famiglia non sarà un paradiso, la coppia non sarà eterna e il nostro corpo continuerà a disfarsi, a dispetto della scienza della salute.
Houellebecq ha sadicamente presentato “Annientare” come “un libro deprimente”, espressione di un’umanità delusa da se stessa, indebolita dai traumi, sconvolta dalla paura della morte. Ma c’è una nuova compostezza nelle sue pagine, che fa pensare alla dichiarazione dell’allenatore di una squadra coraggiosa, sbaragliata al termine della partita troppo difficile: abbiamo fatto il possibile, abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo, abbiamo sbagliato molto, ma più di così non si poteva fare.
Il senso di tragedia che aleggia nel libro va in risonanza con la percezione di caducità a cui ci stiamo abituando di questi tempi. Houellebecq è un prestigiatore delle profezie, sente le temperature e ha la disinvoltura di trasformarle in racconto. Se ci mettete il contributo offerto da una degnissima drammatizzazione, troverete motivi per restituire a un romanzo quella capacità di rappresentazione del presente che oggi si è sempre più restii ad accordargli.
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