La dottrina Biden
Cio' che accade dal 7 ottobre sta costringendo la Casa Bianca a una profonda revisione della sua politica in Medio Oriente
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Cio' che accade dal 7 ottobre sta costringendo la Casa Bianca a una profonda revisione della sua politica in Medio Oriente
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Cio' che accade dal 7 ottobre sta costringendo la Casa Bianca a una profonda revisione della sua politica in Medio Oriente
Lungo il terzo binario potrebbe procedere un’alleanza per la sicurezza allargata a Stati Uniti e Arabia Saudita, che preveda anche la regolarizzazione delle relazioni dei sauditi con Israele – se il governo israeliano fosse disposto ad abbracciare un processo diplomatico che miri alla creazione di uno Stato palestinese demilitarizzato guidato da un’Autorità Palestinese riformata.
Se l’Amministrazione riuscisse a mettere insieme tutto questo – e si tratta di un grosso “se” –, la Dottrina Biden potrebbe diventare il riallineamento strategico più importante nella regione dai tempi del Trattato di Camp David del 1979.
Affinché una Dottrina Biden di questo tipo riesca a riscuotere successo, però, questi tre binari dovranno assolutamente essere collegati tra loro. Credo che i funzionari del governo degli Stati Uniti lo comprendano.
Difatti, una cosa so per certo: il 7 ottobre sta costringendo l’Amministrazione Biden a un ripensamento radicale del Medio Oriente, tenuto conto della feroce aggressione di Hamas a Israele, della massiccia ritorsione di Israele contro Hamas che ha portato all’uccisione di migliaia di innocenti civili palestinesi a Gaza, dei sempre più estesi attacchi agli israeliani e al personale americano dislocato in quella regione, e dell’incapacità del governo di destra di Israele di formulare e far conoscere un qualsivoglia piano di collaborazione con un partner palestinese non legato a Hamas per amministrare Gaza a partire dal giorno seguente a quello in cui i combattimenti avranno fine.
Il ripensamento in corso indica qualcosa di cui siamo sempre più consapevoli: non possiamo più permettere che l’Iran provi a estrometterci dalla regione, che Israele vada incontro all’estinzione, che i nostri alleati arabi siano intimiditi da delegati terzi – Hamas, Hezbollah, Huthi e milizie sciite in Iraq – mentre l’Iran se ne resta tranquillamente in disparte e non ne paga il prezzo.
Al tempo stesso, questo ripensamento evidenzia un dato di fatto: gli Stati Uniti non avranno mai la legittimità globale, gli alleati della Nato, gli alleati arabi e musulmani di cui hanno bisogno per affrontare l’Iran in modo più aggressivo, a meno di smettere di lasciare che il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu tenga in ostaggio la nostra politica e a meno di iniziare a creare un’Autorità Palestinese affidabile e legittima che un giorno possa amministrare Gaza e la Cisgiordania in modo efficiente, comportandosi da buon vicino nei confronti di Israele lungo confini che andranno negoziati di comune accordo.
Nader Mousavizadeh, fondatore e CEO della società di consulenze geopolitiche Macro Advisory Partners e primo consigliere dell’allora Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, descrive la Dottrina Biden emergente come “la strategia della duplice resa dei conti”.
“Si smaschererà in modo strategico il bluff dell’Iran e, al tempo stesso, si intraprenderà un’iniziativa senza precedenti per gettare le fondamenta di uno Stato palestinese demilitarizzato, come gli Stati Uniti non hanno mai fatto in passato” ha detto Mousavizadeh. “Per arrivare a un risultato soddisfacente, ciascun binario avrà bisogno degli altri. Ciascun binario rafforzerà e motiverà gli altri. Respingere l’Iran e i suoi delegati in maniera forte e sostenuta porterà a consolidare la sicurezza di Israele e quella dei nostri alleati arabi. Abbinare a ciò un impegno concreto e ambizioso da parte degli Stati Uniti a realizzare uno Stato palestinese ci darà la legittimità di agire contro l’Iran e i suoi alleati che ci serve per essere efficienti. Oltre a ciò, isolerà l’Iran sul piano militare e politico.”
Penso che questo sia assolutamente giusto. Davvero, è giunto il momento per gli Stati Uniti di smascherare sia Teheran sia Netanyahu.
Netanyahu è il motivo per il quale, quando scrivo di Medio Oriente, ho stabilito una regola: “Qualsiasi cosa ti dicano in inglese in modo riservato è irrilevante. Quello che conta è ciò che dicono in pubblico nella loro lingua”.
Netanyahu sta sussurrando a Biden in privato che un giorno forse – e sottolineo “forse” – potrebbe essere disposto a prendere in considerazione una forma di Stato palestinese demilitarizzato. In pubblico, in ebraico, afferma però l’esatto contrario.
Per fortuna, Biden ha viaggiato abbastanza a lungo su vari binari per sapere che Netanyahu non cerca di fare altro che tenerlo buono. Alcune volte, l’età è un vantaggio. È giunta l’ora di smascherare contemporaneamente i giochetti di Netanyahu e degli ayatollah. Una Dottrina Biden è il modo giusto per farlo.
A lungo abbiamo tollerato che l’Iran annichilisse ogni singola iniziativa positiva che abbiamo cercato di portare avanti e di realizzare in Medio Oriente – a patto che Teheran si mantenesse sotto la linea rossa e non ci attaccasse in modo diretto. Al tempo stesso, abbiamo tollerato che il governo di Netanyahu impedisse stabilmente la creazione di uno Stato palestinese qualsiasi, al punto da rafforzare per molti anni Hamas e non l’Autorità Palestinese pur di garantire che non ci fosse un partner palestinese unito.
“Il 7 ottobre ha messo in luce che la nostra politica per l’Iran è fallimentare e che la nostra politica riguardo a Israele e palestinesi è altrettanto fallimentare” ha detto Mousavizadeh. “Queste politiche hanno incoraggiato e permesso che Hamas aggredisse Israele in modo feroce. Hanno incoraggiato e permesso che gli Huthi paralizzassero i trasporti marittimi globali. Hanno incoraggiato e permesso che le milizie sciite filoiraniane cercassero di allontanare le truppe statunitensi dalla regione – truppe dislocate lì per scongiurare il ritorno dello Stato Islamico e per aiutare la regione a rimanere ragionevolmente stabile.”
Tutto questo è avvenuto, ha aggiunto, senza che nessuno facesse sì che l’Iran dovesse rispondere del modo con il quale “manipola i suoi letali e distruttivi delegati non-statali nella regione contro gli obiettivi costruttivi dei nostri alleati” che stanno cercando di dar vita a una regione più inclusiva.
È per tutti questi motivi che io credo, spero e prego che una Dottrina Biden per il Medio Oriente sia in fase di definizione. E anche gli israeliani dovrebbero fare altrettanto.
Ormai, Israele sta perdendo su tre fronti. Ha perso la guerra delle narrazioni riguardo Gaza. Anche se Hamas ha assassinato e stuprato dei cittadini israeliani, è Israele a essere stato trascinato davanti al Tribunale penale internazionale dell’Aia per le vittime civili che ha causato a Gaza nel tentativo di sradicare i combattenti di Hamas integrati nella popolazione civile. Israele sta perdendo la capacità di mantenersi al sicuro senza sovraesporsi sul lungo periodo, avendo invaso Gaza senza nessun piano preciso su come trovare un partner palestinese legittimato che non sia Hamas in grado di governare adeguatamente il territorio così da potersi ritirare. Infine, Israele sta perdendo sul fronte della stabilità regionale: è preso di mira da un attacco iraniano su ben quattro fronti – Hamas, Hezbollah, Huthi e milizie sciite in Iraq –, ma non riesce a far nascere gli alleati arabi o della Nato di cui ha bisogno per vincere la guerra perché si rifiuta di fare qualcosa per la nascita di un partner palestinese valido e legittimo.
Se una Dottrina Biden emergerà, ha concluso Mousavizadeh, “il panorama geopolitico all’estero migliorerà e così pure la politica interna”.
Una Dottrina Biden di questo tipo potrebbe dissuadere l’Iran sia sul piano militare sia su quello politico, sottraendo a Teheran la carta palestinese. Potrebbe promuovere la sovranità palestinese in termini conformi con la sicurezza di Israele e, al tempo stesso, potrebbe creare i presupposti per una normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita in termini conformi a quelli che i palestinesi potrebbero accettare.
Si tratta, inoltre, di una strategia che potrebbe dare buoni risultati con gli arabi americani sul Lago Michigan e con gli alleati arabi nel Golfo Persico. Si tratta di una strategia che potrebbe portare a un’importante resa dei conti nella politica iraniana, in quella palestinese e in quella israeliana.
Traduzione di Anna Bissanti
© 2024, The New York Times
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