Liberazione di Assange, Bill Emmott: “Soluzione ragionevole. Le sue rivelazioni importanti, ma fu un irresponsabile”
L’ex direttore dell’Economist dà un giudizio positivo della conclusione della vicenda. Più articolato quello sull’attivista, che ha fornito rivelazioni molto importanti
Bill Emmott, come ex direttore dell’Economist e veterano del miglior giornalismo anglosassone, che giudizio dà della conclusione della vicenda di Julian Assange?
“Un giudizio positivo. Mi pare una decisione ragionevole, un compromesso che può soddisfare tutte le parti in causa. Ora Assange può tornare libero, può tornare ad avere una vita normale nel proprio Paese, in Australia, con la sua famiglia”.
Chi è per lei il fondatore di Wikileaks? Un eroe del giornalismo o un inaffidabile hacker?
“Per me è certamente un giornalista, ma un giornalista irresponsabile. Perché con le sue rivelazioni, se da un lato ha messo in luce abusi e violazioni dei diritti umani, dall’altro ha messo in pericolo le vite di militari, agenti, informatori americani o di altre nazioni. E questo per me non rappresenta giornalismo responsabile. È vero che i media servono a rivelare cose che il potere vorrebbe nascondere, ma non per questo è lecito pubblicare indiscriminatamente tutto”.
I difensori di Assange sottolineano che Wikileaks ha rivelato torture ed abusi commessi dalle forze americane nella guerra in Iraq o contro i detenuti del campo di prigionia di Guantanamo. I suoi detrattori notano che ha anche aiutato Edward Snowden, l’ex agente della Cia e della Nsa, l’agenzia di spionaggio elettronico Usa, a trovare rifugio prima in Cina e poi in Russia sotto la protezione di Vladimir Putin; e che con le rivelazioni sulle email private di Hillary Clinton durante la campagna presidenziale americana del 2018, a cui Mosca sembra avere contribuito, ha oggettivamente aiutato Donald Trump a conquistare la Casa Bianca…
“È assolutamente positivo che Assange abbia rivelato gli abusi in Iraq e a Guantanamo. Ma un comportamento positivo in un campo non può giustificare un comportamento negativo in un altro. Non entro nel merito delle email di Hillary Clinton perché non conosco abbastanza bene quel caso: tuttavia distinguo tra giornalismo responsabile, che fa la guardia alla democrazia, e giornalismo irresponsabile, che non può costituire un buon esempio”.
Il padre di tutti i whistleblower, Daniel Ellsberg, il dipendente del Dipartimento della Difesa americano che nel 1971 rivelò al New York Times i Pentagon Papers, denunciando le menzogne della Casa Bianca sulla guerra in Vietnam, accettò di farsi processare e alla fine fu riconosciuto innocente. Assange ha perduto 14 anni della propria vita rifiutando ostinatamente il processo negli Stati Uniti: ha fatto bene o ha fatto male, secondo lei?
“Secondo me ha fatto male. Comprendo le sue preoccupazioni di essere perseguitato dalla giustizia americana e di subire una severa condanna. Ma l’America, di cui si possono criticare vari aspetti, è una democrazia in cui vigono lo stato di diritto e la separazione fra i poteri dello Stato. La magistratura è indipendente. Assange sarebbe stato giudicato mantenendo tutti i suoi diritti. Guardiamo come è finito il caso della sua fonte, la whistleblower delle rivelazioni di Wikileaks sulle guerre in Afghanistan e in Iraq, e su Guantanamo: la soldatessa Chelsea Manning è stata processata, riconosciuta colpevole, condannata e quindi perdonata e liberata”.
In conclusione, le soffiate aiutano o danneggiano una democrazia?
“La aiutano, anzi sono di importanza essenziale: in un Paese democratico devono poterci essere, come dimostra il caso Ellsberg sui Pentagon Papers. Ma questo non significa che il materiale rivelato da un whistleblower debba essere dato interamente in pasto all’opinione pubblica. I media che ricevono una soffiata devono valutare attentamente che cosa merita di venire pubblicato e che cosa può essere pericoloso rivelare”.
Intende che c’è una differenza tra il New York Times, che pubblicò i Pentagon Papers, e Wikileaks, che ha pubblicato i materiali su Iraq e Guantanamo?
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