Polveriera Slovacchia dove la politica è odio
Da ottobre il primo ministro ha plasmato il Paese sul modello ungherese. E ora è caccia alle streghe, chi contesta è nel mirino. «La guerra civile è già qui»
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Da ottobre il primo ministro ha plasmato il Paese sul modello ungherese. E ora è caccia alle streghe, chi contesta è nel mirino. «La guerra civile è già qui»
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Le cose, in Slovacchia, accadono velocemente, e velocemente potrebbero precipitare. Il tentato omicidio del primo ministro non è che l’atto estremo, e visibile, della violenza che ha contagiato un intero Paese. Un Paese il cui governo accusa oppositori, giornalisti e attivisti di avere le mani sporche di sangue, di essere colpevoli per quei colpi sparati contro il premier, mentre – allo stesso tempo – invita alla calma e usa il rischio di «guerra civile» come spauracchio.
«Robert Fico ha trasformato la Slovacchia in una brutta copia dell’Ungheria di Orban». Adam è un ex giornalista. Il suo vero nome, come il giornale per cui lavorava, non vuole che si scriva. Qualche mese fa si è licenziato per le ripetute minacce di morte, contro di sé e la sua famiglia: «Avevo paura. Continuavo a pensare a Jan (Kuciak, il giornalista ucciso nel 2018, ndr) e al giorno in cui qualcuno si sarebbe presentato alla mia porta per ucciderci. E se non mi fossi licenziato io lo avrebbe fatto comunque il mio nuovo editore, un oligarca vicino al governo». Adam si guarda spesso alle spalle. «È come se Fico avesse preso il manuale di istruzioni di Orban e l’avesse messo in pratica in pochi mesi: tutti i poteri dello Stato dovevano essere sotto controllo. Il primo potere da assoggettare e punire è stata la stampa libera».
Dalla sua rielezione, lo scorso autunno, Fico e la sua coalizione hanno esercitato pressioni sulla stampa indipendente, dirette e indirette, e hanno messo in atto un piano per prendere il controllo dei media pubblici. «Ora l’attentato viene utilizzato come strumento politico – dice Adam, che oggi si è reinventato come ristoratore – per aggravare il sentimento anti-media e radicalizzare la società». Ma non è solo la stampa a essere nel mirino: la coalizione di governo sta prendendo spunto dal programma del primo ministro ungherese Orban anche su corruzione, violazione dell’indipendenza della magistratura, restrizioni alle libertà accademiche, una legge sulla “protezione dell’infanzia” ampiamente considerata omofobica, trattamento dei rifugiati e, naturalmente, la posizione filorussa sull’invasione dell’Ucraina. Dopo la vittoria elettorale sono immediatamente partiti i piani dell’esecutivo per eliminare il procuratore speciale anti-corruzione – che, tra l’altro, indagava su Fico -. Nel 2022 il premier è stato accusato di aver creato un gruppo criminale e di abuso di potere, ma poi le accuse sono state ritirate dal procuratore generale. L’obiettivo principale di Fico una volta tornato al potere era chiudere l’ufficio del procuratore speciale. Le indagini, aperte nel 2004, hanno portato a numerose condanne in casi di corruzione di alto profilo, molte delle quali erano collegate al partito Smer al governo di Fico durante il suo precedente mandato come primo ministro. Alla fine di febbraio, la Corte costituzionale ha sospeso alcune parti della riforma del codice penale che riduceva le pene per la corruzione e i termini di prescrizione per reati gravi come lo stupro.
Il clima è sempre più teso, la “guerra civile” che si combatteva nel mondo virtuale è infine tracimata in quello reale. A farne le spese sono tutte le figure pubbliche – intellettuali, artisti, attivisti, giornalisti, politici che si oppongono alla leadership. Due signore avanti con l’età gesticolano di fronte a un chiosco: «La pena di morte ci vuole!», sta dicendo una. «Carcere per chi non rispetta l’ordine», dice l’altra. La Slovacchia ha una lunga esperienza nel “ripristino dell’ordine”. Quando la parte liberale della popolazione sente queste parole, pensa non solo alla minaccia dell’autocrazia sul modello Orban, ma ai 40 anni di dittatura comunista o allo Stato slovacco fascista in tempo di guerra. Oggi, una parte sempre più grande della popolazione slovacca pare essere incline alla nostalgia.
Ieri anche il leader dell’opposizione progressista Michal Simecka ha denunciato di aver ricevuto minacce di morte. «Purtroppo non è una novità». I primi a farne le spese sono stati i giornalisti. Quelli che non si dimettono nonostante la repressione, come Adam, restano, ma a patto di parlare con la sola voce del governo. Alcuni hanno deciso di lasciare il Paese. L’ultima vittima è stata la reporter televisiva Marta Jančkárová: ieri i suoi capi hanno deciso di toglierla dallo schermo a causa delle minacce ricevute. Prima di lei, è stata un’altra giornalisya, Jana Krescanko Dibáková, conduttrice di dibattiti politici in tv, a dover lasciare il posto. Dapprima i politici al governo avevano cercato di isolarla rifiutandosi di partecipare al suo programma, poi è stato il momento delle minacce di morte, a lei e ai figli.
Non ha più retto l’odio neanche uno dei volti più noti dei media slovacchi, la conduttrice Zuzana Kovačič Hanzelová: «Hanno preso di mira la mia vita personale, la mia reputazione. Mi hanno umiliata, offesa, minacciata. L’odio è diventato quotidianità, non ne potevo più». Hanzelová sottolinea che sono le donne ad essere il bersaglio preferito: «Gli attacchi contro di noi sono mirati, colpiscono la reputazione, l’aspetto, le relazioni intime».
Un’altra donna, l’attrice e drammaturga Kristína Tormová, ha fatto l’“errore” di manifestare dissenso contro la politica del governo: «Sono choccata per quello che è successo», dice e la voce le trema. Tra pochi minuti dovrà salire sul palco del teatro di Bratislava: «Il fatto che gli abbiano sparato, è terribile…». Ripete più volte che lei non odia la persona Fico, ma solo la sua politica, come fosse necessario ribadirlo: «Lo è, accusano chi si è espresso contro il governo di essere degli assassini», e le conseguenze sono tangibili. Tormová è stata minacciata di morte, lei e i suoi tre figli, e da due giorni viaggia con una scorta: «Sono sulla lista che circola online delle persone che hanno, cito, il sangue di Fico sulle mani. Poche ore dopo il tentato omicidio la polizia mi ha chiamata e mi ha detto di non andare in giro da sola». Su questa lista ci sono politici di opposizione, intellettuali, giornalisti, artisti: «La situazione potrebbe degenerare, anche perché il governo dice di stare calmi ma sostiene che la colpa sia nostra. La guerra civile in Slovacchia è iniziata tempo fa».
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