Sgravio fiscale ai milionari, NO a un regalo sbagliato
Una riforma difesa con argomenti inveritieri, e a favore di chi non crede al patto sociale che ha generato lo Stato di diritto - Di Pietro Martinelli
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Una riforma difesa con argomenti inveritieri, e a favore di chi non crede al patto sociale che ha generato lo Stato di diritto - Di Pietro Martinelli
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Una riforma difesa con argomenti inveritieri, e a favore di chi non crede al patto sociale che ha generato lo Stato di diritto - Di Pietro Martinelli
Ruolo dello Stato al quale i liberali del passato, anche recente, credevano e nel quale assieme ad altri (conservatori, socialisti, ecc.), spero credano ancora adesso. Persone come quelle che, ad esempio sottoscrissero questa frase contenuta nel Messaggio 2000 dell’ 11 settembre 1974 del Consiglio di Stato sulla “nuova legge tributaria”: “tuttavia si avvertono vieppiù difficoltà nell’accertamento tributario, particolarmente per talune categorie di redditi, causate… anche ed avantutto dalle resistenze e riluttanze e sovente dalla mancanza di coscienza civica che si riscontrano in troppi contribuenti, i quali non vogliono vedere nel loro comportamento le caratteristiche di un delitto contro la collettività o, pur ammettendolo, non intendono rinunciare ai propri interessi materiali”.
Quel Messaggio era sottoscritto dal Presidente del Consiglio di Stato e anche responsabile del Dipartimento finanze Ugo Sadis a nome dei colleghi che erano Benito Bernasconi, Fulvio Caccia, Flavio Cotti e Argante Righetti. Non proprio degli estremisti di sinistra, ma solo dei democratici che, appunto, credevano nel ruolo dello Stato, che avevano sani principi morali anche in politica. Per quanto possa essere complesso il rapporto tra politica e morale l’obbiettivo di qualsiasi politica deve pur sempre restare il “bene comune”.
Chi sostiene che l’inchino fiscale ai miliardari sia necessario per convincerli a venire in Ticino racconta una favola che trascura alcune importanti controindicazioni.
Primo: malgrado gli sgravi non saremo mai concorrenziali con Cantoni come Zugo o Nidvaldo, ecc. che hanno minori costi legati al territorio e che godono gratuitamente dei servizi e delle infrastrutture pagati dai Cantoni urbani vicini (sarebbe come correre con un sacco di 20 kg. contro uno vestito da maratoneta). Qui caso mai il discorso dovrebbe essere spostato sulla compensazione intercantonale dove invece dell’”uno per tutti” siamo arrivati all’ “uno (lo Zugo di turno) contro tutti”.
Secondo: per i ricchi stranieri residenti che non svolgono attività lavorativa è prevista la “tassazione globale” basata sul dispendio e indipendente dal reddito.
Terzo: per gli stranieri che svolgono una attività lucrativa indipendente il grande vantaggio, oltre la lingua se sono italiani, è la disponibilità di lavoratori frontalieri a costi inferiori, a parità di formazione, a quelli in uso in altri Cantoni svizzeri. Frontalieri che ringraziamo perché sono indispensabili per la nostra economia, per la sanità e per la socialità, ma che comportano svantaggi ingiusti nella compensazione intercantonale. La conseguenza è che tutti questi Cantoni ricchi o meno ricchi che siano (Basilea città, Ginevra, Ticino, Neuchâtel, Giura) sono tutti nella parte alta dell’indice di pressione fiscale.
Un’ultima osservazione riguarda la presentazione del decreto: mentre nel Messaggio del Consiglio di Stato il cambiamento era chiaro con la pubblicazione delle due tabelle delle aliquote prima e dopo la riforma e con un grafico che mostrava l’assurdità matematica, prima che politica, della curva delle aliquote, il decreto uscito dalla Commissione (opera dell’astuto Pamini ?) poi riportato, con errori, nell’opuscolo distribuito agli elettori, è poco chiaro soprattutto per chi ha poca famigliarità con il fisco.
Ricordo che lo stesso Pamini qualche mese fa ha messo su Google un testo intitolato: “riforma fiscale cantonale 2024: Una buona torta sulla quale mettere ora la panna e una ciliegina”.
Attenzione: se la riforma dovesse passare non si fermerà li.
Scritto per laRegione
Nell’immagine: Ugo Sadis, quando chi aveva il senso dello Stato non era considerato un estremista (fotogramma da lanostraStoria.ch)
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