Un caffè al mese. Uno soltanto su una trentina di giorni da consumarsi al bar. Uno e non di più per chi deve versare il canone radio-tv, indipendentemente dal numero delle persone in famiglia e del proprio redito. Quell’unico caffè mensile sarà possibile, alla fine di rapido processo graduale, grazie ai trentacinque franchi in meno all’anno di canone deciso dall’ordinanza del Consiglio federale. Ecco come il potere politico di questa nazione – “la più ricca del mondo”, rilevava ancora non molto tempo fa uno studio di Coscienza Svizzera – decide di alleggerire il peso dell’inflazione e del caro vita (variabili cangianti) sulla popolazione residente e sulla maggioranza delle imprese della Confederazione. Bacchetta magica, autentico miracolo economico.
E poco importa se il vero prezzo di un così generoso provvedimento lo si pagherà con almeno novecento posti di lavoro in meno – più di un centinaio solo in Ticino -; con un inevitabile taglio all’offerta di programmi; col rischio di un peggioramento della qualità dell’offerta dovuta (sì, “dovuta”) a quattro diverse comunità linguistico-culturali; in prospettiva con la possibile fragilizzazione della regola della chiave di riparto, che ora favorisce la Svizzera italiana, raro esempio concreto di autentica perequazione nazionale; quindi col pericolo di strapazzare i principi della solidarietà, dell’armonia, della reciproca conoscenza, della coesione nazionale, della garanzia che ogni regione disponga di quanto necessario per garantire un’offerta paritaria. È quanto chiede e pretende del resto la Concessione, la cui scadenza viene posticipata a fine decennio.
Ironia scivolosa la nostra? Allora, si potrebbe concluderne, già che c’erano, e per dare più sollievo alle tasche del contribuente, quelli di Berna avrebbero dovuto ridurre ancor più il canone? Avvicinandosi a quei 200 fr che basterebbero, e magari ne avanzerebbero? Lo si dirà sempre e comunque e stoltamente dal fronte dei nemici del servizio pubblico. Perché va ripetuto: contro la SSR-SRG l’attacco è puramente ideologico, non razionale, non ragionato su dati di fatto, non disponibile a un confronto serio, a un esame della situazione e delle novità che se seriamente affrontato può anche essere fruttuoso. Evitando una autentica presa in giro degli utenti, prima ancora di verificare se, di fronte a un’offensiva puramente ideologica di Udc, giovani liberali, ambienti economici, la platea del servizio pubblico sia davvero così ingenua e convinta a volerne il dimezzamento, e in prospettiva l’assoluto ridimensionamento, se non la fine vera e propria, di uno dei pilastri dell’armonia e della coesione federale. Mentre, a giudicare obiettivamente lo sforzo produttivo di tre Società regionali (più la parte ladina) che confluiscono nella SSR, il canone radio-tv svizzero risulta lontanissimo dall’essere il più costoso al mondo. E se, fatti bene i calcoli, risultasse in realtà e proporzionalmente fra le più basse?
Ma guai a ragionare. L’importante è narrare in base al vento che tira. Reagire con la bile. O, lassù nel palazzo, con incoerenza e il finto ascolto dei molti (fra cui anche il Consiglio di Stato del Canton Ticino) che nel Paese si sono espressi molto criticamente nel processo di consultazione. E ai quali sono stati consegnati unicamente un paio di inutili beffardi cerotti.