SSR, il momento delle scelte
Crescono tensione e pressione, fra problemi interni e dure critiche esterne
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Crescono tensione e pressione, fra problemi interni e dure critiche esterne
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Crescono tensione e pressione, fra problemi interni e dure critiche esterne
Mentre alle Camere, , è tutto un rimbalzo fra chi chiede al Servizio Pubblico di limitare costantemente e ulteriormente l’attività informativa sui propri portali online e chi pretende che un Servizio Pubblico pagato dal contribuente offra il massimo delle opportunità per potersi informare, in alcune sedi di partito non si perde occasione per attaccare duramente un’Azienda già ampiamente boccheggiante di suo, per disfunzioni di vario genere e soprattutto per la serpeggiante attesa dell’esito delle inchieste esterne relative al “caso molestie e mobbing” alla RTS e alla RSI.
Naturalmente sono numerosi i falchi ed i condor che aspettano trepidanti di poter trovare modo di approfittare della difficile congiuntura, delle debolezze e dei problemi irrisolti della SSR.
Falchi e condor che si annidano in particolare fra i ranghi di chi fiancheggia interessi privati per colpire l’azienda pubblica, e ritiene, ad esempio, erroneamente, che la SSR sottragga indebitamente entrate pubblicitarie ai media privati.
Quest’ultimo anno, che la pandemia ha reso particolarmente critico dal punto di vista delle entrate pubblicitarie, ha mostrato chiaramente un trend inequivocabile: i milioni che la SSR perde in sponsor e spazi pubblicitari, non si riversano sulla “concorrenza” dei media privati, ma finiscono per rimpinguare i miliardari introiti delle piattaforme globali, tipo Facebook o Google.
Ma non diciamolo troppo forte, che altrimenti poi magari a Google si offendono e se ne vanno dal nostro paese, il secondo, dopo gli Stati Uniti, per importanza e numero delle sedi della grande multinazionale, che dà lavoro, in Svizzera, ad oltre 5000 persone (quasi quanto la SSR, per intenderci).
La crisi di entrate pubblicitarie, che ha cominciato a colpire la stampa a partire da una decina d’anni fa, si sta ora abbattendo su Radio e Televisione (e sui portali informativi online): per la SSR, con un canone che si è ulteriormente ridotto a 335 franchi l’anno, le minori entrate pubblicitarie stanno naturalmente costringendo a prefigurare ulteriori misure di risparmio.
Un risparmio che si vorrebbe non toccasse né i programmi né il personale, ma che di fatto non potrà o saprà farne a meno, anche se in verità questo esito risulterà, prima o poi, davvero drammaticamente paradossale se confrontato con gli investimenti immobiliari milionari (e in costante e crescente ritardo) che in tutte le regioni, a Zurigo, a Losanna, come a Comano, stanno incidendo sul bilancio dell’Azienda in maniera tutt’altro che trascurabile.
A Zurigo, il nuovo centro “Newsroom” (mega-openspace dell’Informazione e dello sport) continua a non essere “pronto ed operativo” con conseguente accumulo di debiti; a Losanna, un progetto legato ad un riorientamento della collocazione di Radio e TV di RTS, sta facendo ampiamente discutere per il suo “gigantismo”; a Comano ancora non si sa con precisione quando andrà in porto un’operazione “convergenza” che con l’abbandono della storica sede della Radio di Besso allontanerà l’Azienda (ed i suoi eventi di contatto e prossimità) dalla città, senza alcuna garanzia di poter avere, in collina, gli stessi spazi e le stesse possibilità produttive.
Ma come non bastasse, ci pensa poi certa politica a minare ulteriormente le già scarse prospettive di un futuro che continui a veder garantiti i mezzi per l’esistenza di un servizio pubblico massmediatico. Quella politica che ha una propensione genetica nell’offendersi, nel ritenersi danneggiata, nel minacciare iniziative e sollevazioni popolari.
È recentissima la vicenda di un’emissione di SRF (Der Club, 1.6.2021) dedicata ad un dibattito sul fallito accordo-quadro fra Svizzera e UE; un programma duramente attaccato dall’UDC poiché nessun rappresentante del partito (da sempre paladino dell’antieuropeismo in salsa nazionale) vi era stato invitato. Che poi l’emissione sia stata interessante, animata, equilibrata, con due favorevoli e due contrari alla causa europea, poco importa: ci voleva un UDC!
Apriti cielo! Son partiti i missili, con pesanti e dure affermazioni, che peraltro, quando vogliamo farci del male, leggiamo regolarmente anche in Ticino su un domenicale.
Secondo queste affermazioni la SRF, anzi la SSR, è un covo di sinistrorsi che non ha nessun diritto di incassare il canone da chi, come i molti moderati borghesi (o agrari), vengono poi sistematicamente dimenticati e vilipesi.
Ergo, ecco spuntare il disegno di due nuove iniziative che l’UDC pare intenzionata a lanciare: canone a 200 franchi ( e questo aleggiava da tempo come un fantasma fra i corridoi aziendali) e, udite udite, una seconda iniziativa vòlta a “riordinare” l’orientamento politico delle principali redazioni giornalistiche.
Lo ha rivelato pochi giorni fa il “Blick” (qui nella versione francese) che ha intervistato uno dei principali fautori di questo nuovo attacco frontale, il parlamentare zurighese UDC Thomas Matter, che fra l’altro afferma:
La SRF ha troppo potere, ed il 70% delle giornaliste e giornalisti che compongono le sue redazioni sono collocati politicamente a sinistra. È inaccettabile da parte di un’organizzazione che beneficia di uno statuto di monopolio e che è finanziata con denaro pubblico. È inammissibile che nessun giornalista di area borghese lavori per una delle trasmissioni principali.”
Insomma, per Matter, fra le condizioni necessarie per diventare giornalisti del servizio pubblico dovrebbe esserci pure quella di essere in possesso di una certa tessera di partito, da allegare magari,durante i concorsi, alla Laurea in Comunicazione o al diploma del corso di giornalismo. Ma com’è possibile anche solo immaginare i termini di un’iniziativa di questo genere, senza considerare che, così facendo, si cancella un patrimonio di autonomia ed indipendenza insite nel giornalismo di servizio pubblico, che non è “targato politicamente”, ma piuttosto dev’essere autorevole, di qualità e creativo, per usare tre termini opportunamente evocati dal neo-Direttore RSI Mario Timbal.
Concetti, che finora si associano alla preparazione, alla professionalità e alla competenza che i giornalisti acquisiscono durante la loro formazione professionale, soprattutto “sul campo” nello svolgomento di quel ruolo che si voleva (una volta, forse) come quello di “cani da guardia della democrazia”.
L’aria che tira leggendo di simili intenzioni è piuttosto quella di avere giornalisti che diventano Rottweiler di partito. Ma al di là della facile ironia, la questione cruciale è che una forte componente politica e sociale del paese, si adopera così, incessantemente, per scardinare l’esistenza stessa del Servizio Pubblico.
Con il canone a 200 franchi non sarà più neanche il caso di verificare l’appartenenza politica dei giornalisti: la SSR chiude!
È il momento delle scelte, per riprendere il titolo di una recente intervista di Timbal (Cooperazione, 7.6.21); in gioco, qui, non c’è la sopravvivenza di una parte di una Rete Radio, o di un canale culturale, che sono tutti baluardi importanti per cui battersi e per cui sono state raccolte, da noi, migliaia di firme.
In gioco, qui, forse in modo decisivo, c’è la legittimità e la necessità di un servizio pubblico nazionale autonomo e indipendente dalla politica e dalle sue logiche, che abbia i mezzi per svolgere il suo ruolo: Timbal e gli altri Direttori, così come tutti coloro che quotidianamente fanno, al meglio, il proprio lavoro, lo sanno bene.
Speriamo che ce la facciano.
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