La coerenza degli studenti contro la barbarie
Critiche ingiustificate contro le manifestazioni pro-palestinesi nelle università americane ed europee: ce lo dice anche la Storia - Di Ferruccio D'Ambrogio
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Critiche ingiustificate contro le manifestazioni pro-palestinesi nelle università americane ed europee: ce lo dice anche la Storia - Di Ferruccio D'Ambrogio
• – Redazione
Ma i problemi del mondo non possono essere risolti unicamente da beneficenza e impegno individuale, senza cambiare i meccanismi delle disuguaglianze
• – Michele Andreoli
Dialogo familiare tra un padre e una giovane del nostro tempo: lui disilluso, lei speranzosa. Gli ideali che sono stati traditi dalle passate generazioni, nei ragazzi sono più vivi che mai
• – Redazione
Il “passato che sembra non passare mai”, in Ticino, (di cui hanno saggiamente parlato qui, ripreso da La Regione, Spartaco Greppi e Christian Marazzi) non è dell’altro ieri e non...
• – Silvano Toppi
Putin tace, il suo portavoce e la stampa di regime poco soddisfatti dei risultati dei pro-russi nell’UE: sono soltanto il 12 per cento dell’europarlamento
• – Yurii Colombo
Il secondo schieramento politico del paese propone una coalizione di governo all’ANC, ma con una serie di condizioni che nel partito che fu di Mandela apre un serrato dibattito interno
• – Carla Ferrari
Lo scrittore spagnolo: «Le nuove destre sono minacciose, ma le forze europeiste reggono. Il loro errore è non smontare la retorica nazionalista, il progetto dell’Ue va condiviso»
• – Redazione
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• – Franco Cavani
In una campagna elettorale giocata molto, e spesso anche in modo scomposto, in chiave interna più che europea, Schlein ha avuto il merito di puntare sui temi delle disuguaglianze, della giustizia sociale, dei diritti, dal salario alla sanità all’immigrazione
• – Redazione
All’europarlamento vi sono ancora i numeri favorevoli all’integrazione nell’UE, ma c’è da sperare che venga colta la lezione dopo l’allarmante avanzata dei sovranisti; grandi sconfitti Macron-Scholz; il presidente francese scioglie l’Assemblea dopo il trionfo della le Pen, subito elezioni anticipate
• – Aldo Sofia
Critiche ingiustificate contro le manifestazioni pro-palestinesi nelle università americane ed europee: ce lo dice anche la Storia - Di Ferruccio D'Ambrogio
Silini però vuole capire: “come mai -scrive- la molla della vostra protesta sia scattata sulla guerra a Gaza e non su quella in Ucraina, un conflitto che ci minaccia più dell’instabilità medio-orientale. La Russia di Putin ha commesso innumerevoli violazioni del diritto internazionale umanitario, o sbaglio? Come, allargando il raggio dei soprusi su larga scala: lo Yemen degli houthi, la Siria di Assad, l’Afghanistan dei talebani, il Myanmar dei generali, il Messico delle mattanze, la Cina che fa tiro a segno su-gli uiguri, o l’Iran che massacra le ragazze a capo scoperto. E i tanti altri Paesi spariti dal radar della sensibilità mainstream: il Burkina Faso, il Camerun, la Repubblica centroafricana, la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia, la Libia, il Mali, il Niger, la Nigeria, la Somalia, il Sud Sudan, il Pakistan… e fermiamoci qui.” Per poi concludere “Zero parole, zero aule occupate per le vittime innocenti di questi Paesi?”
La domanda di Silini è pertinente, non esprime giudizio, al contrario è interlocutoria. Condizione questa necessaria per andare oltre il “muro” che impedisce il confronto dialettico, necessario quando vi sono posizioni, comportamenti divergenti, che creano qualsiasi tipo di disagio, quindi potenzialmente conflittuali. La differenza di saperi, di opinioni, il dissenso è una ricchezza incommensurabile, di cui non sempre abbiamo coscienza. A livello scientifico la differenza di opinione è parte costitutiva dell’azione onde favorire il progredire della conoscenza. A livello politico- sociale (ovvero concernente la relazione e le decisioni tra persone e/o gruppi di persone) le differenze sono addirittura l’energia essenziale, a condizione di valorizzarle. Per farlo occorre “antinomia” (principio fondamentale in una democrazia) ovvero: volontà e disponibilità al confronto e alla contrapposizione di argomentazioni su pareri divergenti. Condizione oggidì tutt’altro che realizzata! Anzi dilaga e si è rafforzato l’agire autoreferenziale: considerare solo idee e propositi che convalidano la propria convinzione (personale e/o del gruppo di riferimento) rifiutando la sua messa in discussione. Terreno propizio a dissensi e/o incomprensioni che portano a “schieramenti chiusi” incapaci di ascoltare e/o di accettare che possa esistere un parere diverso, negandone l’esistenza. Preludio di possibili conflitti armati con ferite aperte che richiederanno tempo e determinazione per essere rimarginate (come il dopo regime di apartheid in Sud Africa (1948- 1994) con la riconciliazione tra De Klerk e Mandela, risolta superando i rancori (dolorosi, tanti e durati decenni!) grazie al movimento condotto da Mandela che evitò la vendetta o lo spiccio giustizialismo. Una volontà ed un’esperienza rarissima, che merita attenzione soprattutto per affrontare il “dopo” dei conflitti armati attualmente in corso.
Per rispondere alla domanda perché la molla è scattata con Gaza e non prima, posta da Silini ritengo sia necessario allargare il quadro storico di riferimento. V’è un evento che può aiutare a comprendere: la guerra nel Vietnam terminata 50 anni orsono. Una lunga guerra che purtroppo solo gli over 65 allora studenti, come il sottoscritto, possono ricordare, che vide il massiccio intervento militare degli USA, tra il 1965 e 1975, per mare, cielo e terra (nel 1968 il corpo di spedizione USA raggiunse 500 mila uomini).Quanto avvenne in Vietnam, ha elementi in comune con quanto è accaduto e sta accadendo nella striscia di Gaza: a)la strategia militare che consiste nella sistematica distruzione con bombardamenti aerei di tutte le strutture civili 1 (ospedali, scuole, stabili, infrastrutture); b)l’uso di armi micidiali: in Vietnam il napalm (la fotografia raccapricciante della bimba nuda che fugge piangendo con la pelle a brandelli fece il giro del mondo diventando il simbolo dell’orrore della guerra) e l’uso dell’”Agent Orange” il micidiale defogliante irrorato sul territorio; a Gaza l’uso di proiettili all’uranio impoverito la cui esplosione diffonde polvere che rimane nell’ambiente e che se respirata, indipendentemente dalle sue proprietà radioattive, può causare tumori mortali a reni, pancreas, stomaco, intestino e tiroide2.
A mio parere gli studenti Americani “contestatori, come gli omologhi europei e svizzeri (ovvero quei giovani che hanno avuto la “fortuna” di crescere e ricevere un’educazione in paesi retti da una costituzione democratica) sono decisamente “con i piedi per terra”.
Ciò deriva dal fatto che quali studenti sono particolarmente sollecitati ad osservare, analizzare la realtà di quanto avviene nella disciplina di studio scelta, applicando e ampliando conoscenze nel solco di principi e nozioni fondamentali. Ciò che li porta ad essere attenti e rigorosi nel cogliere limiti, manchevolezze, contraddizioni nelle teorie specifiche. Inoltre l’università è anche un luogo propizio allo scambio tra discipline e persone, ciò aumenta la possibilità di accrescere ed allargare il ventaglio delle conoscenze ma anche la consapevolezza della complessità.
Una serie di elementi che ritengo abbiano portato molti studenti di vari atenei ad evidenziare le contraddizioni “tra il cosiddetto “dire e fare” dei governanti nel caso della guerra condotta da Israele contro la striscia di Gaza, e a metterne a nudo le incoerenze, denunciando e/o contestando aspramente i propri governi rei secondo loro di scelte in contraddizione con i principi costituzionali e i trattati sottoscritti dal proprio paese. I “2 pesi, 2 misure” di USA, UE ed altri paesi occidentali rispetto ai due conflitti in corso, ovvero: d’un lato condanna totale della Russia con relative sanzioni economiche coercitive, e d’altro lato sostegno incondizionato a Israele (sia militare senza il quale Israele non potrebbe proseguire la sua azione, sia politico con il rifiuto di condanna da parte dell’ONU) unilaterali, appaiono contraddittori inspiegabili e quindi inaccettabili per quei giovani che credono ai principi della democrazia, di non ingerenza e autonomia degli singoli stati quale condizione per un mondo migliore declamati nelle costituzioni dei propri Paesi. Gli studenti contestatori chiedono sostanzialmente e nient’altro che coerenza tra principi fondamentali (costituzione) e decisioni del proprio governo. Segno di grande lucidità e chiarezza. E allora reputo che le contestazioni negli atenei vadano prese come un risveglio dello spirito critico, assopito o andato perso, piuttosto che fastidio e inutile disordine. D’altronde le loro contestazioni non sono un’eccezione anzi. I giovani che protestano negli atenei sono una componente che confluisce con quella più ampia di moltissimi altri giovani che -come scrive Rumiz nel suo ultimo saggio- a centinaia di migliaia hanno protestato a Berlino cantando “wir sind die Brandmauer” e in Polonia si sono riattivati “stufi di scappare altrove” e impossibilitati di prefigurarsi un futuro!
PS: Quanto alle modalità applicate dagli studenti (sit-in, occupazione di spazi negli atenei ecc) che impedirebbero il normale funzionamento credo che sia la solita argomentazione di coloro che non sanno e/o non vogliono cogliere le ragioni dell’azione. Comunque: i blocchi operativi generati da suddetti sit-in sono nulla a confronto di impedimenti operativi generati da pandemie (che comunque docenti e studenti hanno dimostrato di saper affrontare degnamente) o catastrofi naturali.
Ferruccio D’Ambrogio è specialista in problematiche dello sviluppo
Nell’immagine: manifestazione pro-Gaza degli studenti della Columbia University
Domani una serata su passato e possibile futuro della nuova sinistra ticinese - di Damiano Bardelli
L'opinione di Simone Romagnoli, collaboratore scientifico della Commissione nazionale d'etica per la medicina umana (CNE)