Passaporto vaccinale: una soluzione, tanti interrogativi
L'opinione di Simone Romagnoli, collaboratore scientifico della Commissione nazionale d'etica per la medicina umana (CNE)
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L'opinione di Simone Romagnoli, collaboratore scientifico della Commissione nazionale d'etica per la medicina umana (CNE)
• – Redazione
• – Franco Cavani
Il PIL non dice quanto la popolazione sia stanca e stressata, e quanto i giovani siano angosciati
• – Redazione
Il presidente dell'UDC, in mano all'ala dura del partito, definisce "dittatura legale" il Consiglio federale ma non sa cos'è la collegialità
• – Daniele Piazza
Nemmeno all’epidemiologo più tetragono i lockdown piacciono: sono la conseguenza del fallimento delle misure di prevenzione, un fallimento programmato nella misura in cui, almeno in Occidente, la scelta è sempre stata quella di prevenire... a posteriori
• – Redazione
La BN l'anno scorso ha fatto utili per oltre 20 miliardi di franchi, ma ne distribuirà soltanto 4 a Cantoni e Confederazione. Perché? Ed é giusto?
• – Aldo Sofia
Vien da chiedersi se non sia opportuno creare un consiglio svizzero della magistratura, governo autonomo di un potere giudiziario indipendente dalle logiche di partito
• – Federico Franchini
• – Franco Cavani
Sono uno dei pochi che traduce – si fa per dire – “Facebook” in italiano. Lo chiamo Facciabuco. Non so perché, ma lo preferisco a “Faccialibro”… e mi ci metto pure un pollice all’insù.
• – Cesare Bernasconi
I virus ci faranno compagnia nel futuro, e per anni ancora, forse per sempre; i vaccini servono a poco, se non a creare falsa sicurezza e ad allentare i protocolli
• – Marco Züblin
L'opinione di Simone Romagnoli, collaboratore scientifico della Commissione nazionale d'etica per la medicina umana (CNE)
A livello europeo il passaporto vaccinale occupa le autorità sanitarie e politiche. La Polonia, ad esempio, ne ha già introdotto uno, e la Danimarca la seguirà fra breve.
Al di là delle questioni di disciplinamento e di armonizzazione, il passaporto vaccinale solleva questioni etiche rilevanti , come la protezione della confidenzialità, la lotta contro la stigmatizzazione e la discriminazione.
In effetti, un documento di questo tipo contiene inevitabilmente dati personali, e introduce una differenziazione fra persone vaccinate contro il Covid-19 e persone non vaccinate – gruppo questo che comprende le persone che non vogliono vaccinarsi, quelle che non possono farlo per ragioni mediche , o ancora chi ha sviluppato un’immunità perché si è ammalato (e che non sono, per il momento, vaccinate e non dispongono di un certificato vaccinale).
La questione dell’ammissibilità etica di un possibile trattamento differenziale fra persone deve tener conto delle incertezze scientifiche (non si sa, ad esempio, se la vaccinazione protegge anche dalla trasmissione del virus SARS-Cov2, quanto tempo durerà la protezione offerta dalla vaccinazione e se essa offre anche una protezione contro le nuove varianti del virus) e dell’uguaglianza di accesso a questo strumento. Attualmente, in base alla strategia dell’Ufficio federale della salute pubblica, l’obiettivo è quello di vaccinare in primo luogo le persone particolarmente vulnerabili (quindi a rischio di sviluppare una forma severa della malattia ed eventualmente di soccombere ad essa). Il criterio di distribuire una risorsa rara (si spera solo momentaneamente) alle persone più svantaggiate in base a criteri medici è generalmente accettato. È essenziale dunque che le persone vaccinate che vivono in strutture di cura a lunga degenza, come le case anziani, possano ritrovare una vita normale e beneficiare di una vita sociale e ricreativa. Le limitazioni delle loro libertà fondamentali devono venir tolte immediatamente.
La difficoltà subentrerà quando l’accesso alla vaccinazione si aprirà a tutta la popolazione. Si può immaginare che non tutte le persone appartenenti a questo gruppo potranno beneficiare simultaneamente di questa misura profilattica e dunque ottenere un enventuale passaporto vaccinale. Occorre allora creare le condizioni di uguaglianza:
un eventuale passaporto vaccinale non dovrebbe essere introdotto che a partire dal momento in cui tutte le persone che desiderano vaccinarsi avranno potuto farlo.
È naturale che, parallelamente alla protezione della propria salute, le persone che si faranno vaccinare si aspettano anche che il siero produca l’effetto di alleggerire (o togliere) le limitazioni imposte alle libertà fondamentali. Il passaporto vaccinale potrebbe così servire a esercitare nuovamente delle libertà e accedere a dei servizi. Il passaporto vaccinale non è quindi da intendersi come un privilegio, ma come uno strumento per ritrovare l’esercizio delle libertà accordate ad ogni persona dal disciplinamento giuridico. In questo caso, il rischio di discriminazione è forte. Se si potrà dimostrare che la vaccinazione evita la trasmissione del virus, l’alleggerimento delle misure restrittive sembra legittimo. Dei privati potrebbero dunque richiedere la presentazione di un passaporto vaccinale, ma sempre riflettendo alla proporzionalità e alla sussidiarietà della misura. Ora, presupponendo che a breve o medio termine tutte le persone che lo desiderano avranno potuto beneficiare della vaccinazione, non resteranno che le persone che volontariamente hanno preferito non farsi vaccinare (e un piccolo gruppo di persone, degne della stessa considerazione etica e giuridica, che non possono farlo).
In questo caso, considerato che non esiste un obbligo vaccinale, al fine di evitare la stigmatizzazione e la discriminazione di questo gruppo di persone, occorre garantire la possibilità di accedere a servizi, prestazioni e attività significative equivalenti alle persone vaccinate. Sarà dunque indispensabile riflettere su misure di protezione alternative. Ad esempio se le persone ‘inoculate’ possono andare al ristorante grazie al passaporto vaccinale (ed eventualmente senza mascherina, qualora si dovesse dimostrare che la vaccinazione evita la trasmissione del virus), le persone che non hanno ricevuto il siero possono accedere allo stesso servizio utilizzando le misure di protezione in vigore (distanziamento fisico, misure di igiene , mascherina). Se non fosse il caso, si dovrà dimostrare che condizionare l’accesso ad attività e servizi al possesso di un certificato vaccinale è giustificato dall’impossibilità di garantire una protezione sufficiente alle persone non vaccinate. Infine, a partire dal momento in cui l’urgenza sanitaria sarà superata, l’esigenza di un passaporto vaccinale come condizione per accedere ad attività e prestazioni non sarà più giustificata ; il passaporto vaccinale deve essere una misura limitata nel tempo.
Referenze bibliografiche :
È dal basso che deve esprimersi la decisa volontà di un mutamento di paradigma. E diversi concreti risultati ci dovrebbero incoraggiare - Di Ivo Durisch
RSI invece di Netflix. Le prime due stagioni dell'ottima serie verranno trasmesse su LA1 - Di Davide Staffiero