Le elezioni farsa nella Russia di Putin, dove l’opposizione è stata annientata
Si aprono le urne, un voto lungo tre giorni, unica possibilità per i contestatori presentarsi ai seggi tutti assieme a mezzogiorno di domenica prossima
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Si aprono le urne, un voto lungo tre giorni, unica possibilità per i contestatori presentarsi ai seggi tutti assieme a mezzogiorno di domenica prossima
• – Redazione
Ovvero: come si vince un’elezione nella prima democrazia al mondo a partito unico
• – Gianni Beretta
Magistratura e bagarre fra i partiti in Gran Consiglio per la nomina di due nuovi procuratori pubblici scelti secondo il loro orientamento politico. Terremoto in casa leghista - Di Giuseppe Sergi
• – Redazione
Una discutibile esclusione nel concorso per la direzione del neonato settore musicale del LAC - Di Marisa Mengotti
• – Redazione
L’Unione europea compie un altro passo decisivo verso la prima regolamentazione su scala globale dell’intelligenza artificiale
• – Redazione
Lo zar tende a indebolire quanto più possibile i partner della Ue
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Per una medicina umanista, concentrata sulla salute, non sull’assistenza - Intervista a Stéfanie Monod, epidemiologa e geriatra losannese
• – Boas Erez
Domenica prossima il capo del Cremlino “vincerà facile” le presidenziali; manuale per conoscere regole e condizioni per capire come si vota nella “democrazia russa”
• – Yurii Colombo
La Bbc mostra un filmato girato nel principale ospedale di Khan Yunis in cui si vede una fila di uomini lasciati in mutande, inginocchiati con le mani dietro la testa. Alcuni avevano davanti a sé dei camici medici.
• – Redazione
Si aprono le urne, un voto lungo tre giorni, unica possibilità per i contestatori presentarsi ai seggi tutti assieme a mezzogiorno di domenica prossima
Alle 12 di domenica 17 marzo si deciderà se in Russia esiste ancora un’opposizione, o se Vladimir Putin trascorrerà i prossimi sei anni a concludere la sua opera di eliminazione di qualunque dissenso. Le “elezioni” del presidente russo non presentano nessun intrigo: il nome del vincitore si sapeva ancora da prima che venissero indette, e tutto il processo, dall’ammissione dei candidati alla corsa alla campagna elettorale alle procedure di voto allo spoglio delle schede, è interamente controllato dal Cremlino e dalla sua “verticale di potere” edificata nel quarto di secolo precedente. Il Putin-2024 deve battere il Putin-2018, che aveva conquistato il 76% dei consensi con il 67% di affluenza, e l’unica incognita sulle percentuali può derivare dalla nomenclatura del regime, ansiosa di estrarre dalle urne risultati talmente alti da guadagnarsi una promozione nei ranghi di Russia Unita.
Le grandi purghe putiniane sono iniziate ancora prima dell’invasione dell’Ucraina, con l’arresto di Navalny nel 2021, e oggi i critici del Cremlino sono prevalentemente in esilio all’estero, in carcere, o ridotti a un silenzio terrorizzato. Un’azione politica legale e pacifica non è più praticabile: non si può scendere in piazza, non si può correre alle elezioni, non ci si può esprimere. Lo scontento è diffuso, ma organizzarlo appare impossibile: i politici e intellettuali della protesta abitano in Europa e su Youtube, quelli che vorrebbero motivare a mostrarsi al regime sono in Russia, e rischiano – la carriera, la scuola, la libertà – in assenza di programmi e speranze.
Per questo il movimento del dissenso finalmente unito dalla morte di Navalny prova a rinascere da un rito semplice e primitivo, quello della testimonianza fisica, silenziosa, priva di simboli, quasi clandestina, che però dovrebbe rompere l’immagine della unanimità putinista. Potrebbe essere una mossa ingenua – a meno di una mobilitazione di massa, sarà difficile distinguere i dissidenti dagli altri elettori – e anche pericolosa. Ma gli spazi della legalità in Russia sono ormai quasi inesistenti, e il programma minimo della sopravvivenza oggi è quello del darsi un appuntamento per guardarsi in faccia, per contarsi, per scoprire di non essere soli e isolati. In assenza di leader, la protesta non può che assumere il volto dei suoi partecipanti “ordinari”. Se non ci riuscirà, ai russi che non sono d’accordo con Putin non rimarrà che sperare che «un giorno tutto questo finirà», una frase diventata ormai leitmotiv di conversazioni e social, in un triste ritornello di impotenza e rassegnazione.
Edward Lucas: l’Occidente ha le sue responsabilità, ed è la cosa più difficile da digerire
Il messaggio di una giovane giornalista in fuga dopo che i talebani hanno occupato la sua città