Cari sostenitori di Putin, ecco come si organizza un’elezione putiniana
Domenica prossima il capo del Cremlino “vincerà facile” le presidenziali; manuale per conoscere regole e condizioni per capire come si vota nella “democrazia russa”
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Domenica prossima il capo del Cremlino “vincerà facile” le presidenziali; manuale per conoscere regole e condizioni per capire come si vota nella “democrazia russa”
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• – Redazione
Domenica prossima il capo del Cremlino “vincerà facile” le presidenziali; manuale per conoscere regole e condizioni per capire come si vota nella “democrazia russa”
Neppure il bookmaker più distratto, o il più ubriaco, scommetterebbe un rublo sull’ipotesi che Vladimir Putin non sarà rieletto Presidente della Federazione Russa, e anche Marco Travaglio sarebbe disposto a riconoscere che le elezioni russe hanno qualche problema di trasparenza. Malgrado ciò per il plebiscito del 17 marzo ci sarà comunque qualcuno che sicuramente alzerà il dito per dichiarare “io non sono putiniano ma… in fondo la maggioranza dei russi è con lui!”. Vale quindi la pena chiarire meccanismi e dinamiche del voto di domenica per svelarne alcuni dei “segreti” e delle dinamiche interne.
L’eventualità di poter concorrere nelle presidenziali russe è legata (se non si è candidati di partiti rappresentati alla Duma) a una raccolta di 100.000 firme verificate. Dal 2000, anno di ascesa di Putin al potere, alcuni candidati hanno beneficiato di questa possibilità. Il maggiore successo, nel 2012, l’ottenne il miliardario Michail Prochorov che raccolse l’8% dei voti. Considerato vagamente “liberal”, Prochorov fu definito a suo tempo da “Limes” “l’oligarca inoffensivo”. Molti altri potenziali candidati invece non hanno potuto presentarsi nel corso delle varie tornate perché la commissione elettorale li ha respinti con diverse motivazioni. Nel 2008 non venne ammesso Mikhail Kasyanov, che era stato premier del primo governo Putin dal 2000 al 2004, e rappresentava un’alternativa credibile al monopolio putiniano e nel 2018 Alexey Navalny, perché già condannato penalmente.
Le presidenziali tenutesi dal 2000 in poi hanno visto sempre la vittoria di Putin con oltre il 50% dei voti, percentuale che è andata via via crescendo nel corso degli anni in concomitanza con il calo inesorabile del Partito Comunista (fino ad oggi eterno secondo, e passato dal 29% del 2000 all’11% del 2018). Tutte queste elezioni sono state accompagnate da polemiche su brogli documentati, in alcuni casi sono stati persino riconosciuti dalle autorità, che hanno condotto all’annullamento del voto in alcuni specifici seggi. Ma non risulta tuttavia che ci siano mai state né inchieste penali nei confronti di chicchessia né tanto meno condanne per queste violazioni della legge.
All’epoca del Coronavirus, in occasione del referendum del 2020 che ha modificato la Costituzione dando la possibilità a Putin di restare al potere fino al 2036, il voto è diventato anche elettronico. Esso viene gestito direttamente dalla Commissione Centrale Elettorale e non dal Ministero degli Interni e non è sottoposto a nessun controllo indipendente. Durante le elezioni per la Duma del 2021 a Mosca si sono avuti molti casi in cui candidati indipendenti dopo aver vinto ampiamente nei seggi “fisici” sono risultati perdenti dopo lo spoglio elettronico del voto. Inutile dire che le loro denunce delle falsificazioni sono finite in nulla.
Le settimane precedenti al voto sono sempre accompagnate da quello che un funzionario del Cremlino definisce con cinismo la mobilitazione “del carro bestiame”, ovvero dell’elettorato più o meno legato all’economia statale. Nelle caserme, negli uffici pubblici amministrativi, nelle sedi della polizia, nelle aziende controllate dallo Stato, la partecipazione al voto viene sollecitata, ricordata, segnalata, “consigliata vivamente” negli ultimi giorni prima della kermesse. Inoltre nelle strade sono stati apposti cartelloni pubblicitari che ricordano l’esistenza di una lotteria istantanea che garantisce all’elettore che fa il suo dovere un premio sicuro, che va dal buono spesa di pochi spiccioli fino alla vincita di un appartamento a Mosca.
Tuttavia questa è solo una parte del lavoro che deve svolgere la macchina elettorale russa, quella forse più oleata e più collaudata. A cui si somma la necessità di confezionare un prodotto mediatico vagamente credibile, che allo stesso tempo accontenti i diversi partiti presenti al voto dell’ “arco costituzionale”.
I sondaggi sono gli stessi da almeno due anni: in linea con le aspettative degli spin-doctor del Cremlino sono riassumibili nella formula “80×80” ovvero 80% di partecipazione con l’80% delle preferenze a Putin. Uno schema che replica il canovaccio del 2018 leggermente al rialzo, anche se aggiustamenti dell’ultimo momento sono sempre possibili.
Gli altri tre candidati che fanno da corona al plebiscito per lo “Zar” dovranno accontentarsi dei resti. Il candidato comunista, Mikhail Kharitonov, è un anziano signore, un’ombra rispetto allo Zyuganov dei tempi d’oro che superava senza problemi l’asticella del 25% ed era un genuino sparring-partner del potere oligarchico. Adesso dli slogan anti-capitalisti intrisi di statalismo e stalinismo dei comunisti non convincono più neppure gli anziani nostalgici e i giovani ribelli, tanto che Kharitonov è dato a un modesto 5-6%. Al Cremlino si chiedono in realtà da anni cosa fare per tenere comunque in vita il partito della falce e martello, ala populista innocua del sistema.
L’altro “classico” candidato è Leonid Sluzky, presidente del Partito Liberal-Democratico. In realtà di “liberaldemocratico” il partito fondato nel lontano 1989 dall’allora xenofobo e ultranazionalista Vladimir Zirinovskij, recentemente scomparso, ha unicamente il nome. Sluzky, ha messo in chiaro di non voler disturbare il manovratore sostenendo che “attualmente Putin non è solo il miglior politico in Russia, ma anche su scala mondiale”: quindi è inutile iniziare a competere.
Il quarto candidato, che secondo molte voci potrebbe ambire a piazzarsi alle spalle del presidente, è Vladislav Davinkov, del partito “Nuova Gente”, creato nel 2020 dall’ex-consigliere di Putin Alexey Nechayev. Vera e propria creatura del Cremlino, “Nuova Gente” è una formazione a caccia di voti nell’area liberale e di opposizione. Non è un caso che il partito abbia superato agevolmente l’asticella del 4% nelle elezioni della Duma nel 2021, agitando temi secondari come il “no alla censura nella cultura e al burocratismo” ma sostenendo in seguito senza fiatare l’avventura in Ucraina.
Infine la variegata opposizione, per bocca di Julia Navalnaya non ha scelto il boicottaggio (considerato da sempre da suo marito uno strumento inefficace nella situazione Russia) bensì il voto a “un qualsiasi candidato che non sia Putin” proponendo ai suoi seguaci di presentarsi ai seggi elettorali a mezzogiorno in punto di domenica prossima: la vedova dell’oppositore più seguito in Russia, punta in realtà soprattutto sul voto nelle ambasciate dei Paesi a forte presenza di esuli politici (Armenia, Georgia, Germania, Polonia). Certamente non è il terreno più favorevole per denunciare il bonapartismo russo, ma come ci dice un attivista moscovita “è un appuntamento a cui non potevamo sottrarci”.
Nell’immagine: le operazioni di voto sono già iniziate in alcuni uffici elettorali speciali (fotogramma da un servizio di Euronews)
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