Le tre rendite e quella partita a tresette
Il “passato che sembra non passare mai”, in Ticino, (di cui hanno saggiamente parlato qui, ripreso da La Regione, Spartaco Greppi e Christian Marazzi) non è dell’altro ieri e non...
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Il “passato che sembra non passare mai”, in Ticino, (di cui hanno saggiamente parlato qui, ripreso da La Regione, Spartaco Greppi e Christian Marazzi) non è dell’altro ieri e non...
• – Silvano Toppi
Putin tace, il suo portavoce e la stampa di regime poco soddisfatti dei risultati dei pro-russi nell’UE: sono soltanto il 12 per cento dell’europarlamento
• – Yurii Colombo
Il secondo schieramento politico del paese propone una coalizione di governo all’ANC, ma con una serie di condizioni che nel partito che fu di Mandela apre un serrato dibattito interno
• – Carla Ferrari
Lo scrittore spagnolo: «Le nuove destre sono minacciose, ma le forze europeiste reggono. Il loro errore è non smontare la retorica nazionalista, il progetto dell’Ue va condiviso»
• – Redazione
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• – Franco Cavani
In una campagna elettorale giocata molto, e spesso anche in modo scomposto, in chiave interna più che europea, Schlein ha avuto il merito di puntare sui temi delle disuguaglianze, della giustizia sociale, dei diritti, dal salario alla sanità all’immigrazione
• – Redazione
All’europarlamento vi sono ancora i numeri favorevoli all’integrazione nell’UE, ma c’è da sperare che venga colta la lezione dopo l’allarmante avanzata dei sovranisti; grandi sconfitti Macron-Scholz; il presidente francese scioglie l’Assemblea dopo il trionfo della le Pen, subito elezioni anticipate
• – Aldo Sofia
Per una rivincita il capo dell'Eliseo punta sulle elezioni anticipate, sperando che il fronte repubblicano del "tutti contro Marine" torni a funzionare; ma il rischio è che si vada a una coabitazione che aprirebbe il palazzo all'estrema destra
• – Aldo Sofia
C’è da sperare che i cittadini, dopo il segnale d’allarme, riprendano in mano la loro storia
• – Redazione
L’iniziativa per premi meno onerosi, lanciata dal Partito socialista, è stata bocciata dal 56% dei votanti svizzeri. In Ticino ha avuto successo, approvata dal 57,5% dei cittadini. Per un freno ai costi è stata respinta dal 68,8 % dei votanti.
• – Fabio Dozio
Anche gli economisti classici, quelli definiti “padri dell’economia” (ch’erano tutti filosofi o anche teologi, come Smith) sapevano distinguere, nel discorso economico, tra sostanza ed accidenti. La sostanza è l‘essere, è il concreto esistere della cosa, in quanto se stessa e non altro; l’accidente è quanto si è aggiunto, la forma data, il modo.
In Ticino si è spesso rovinata la sostanza, quella sostanza che faceva il nostro essere, il nostro possibile bene-essere, la nostra possibile “cultura”, con l’aggiungerle cose e modi, nefasti o corrodenti. Un territorio, ad esempio, è “sostanza” perché è anche “identità”; se lo distruggi o lo depauperi sistematicamente distruggi e immiserisci te stesso a vantaggio di pochi. “Una società che privilegia la rendita (che è “aggiunta” è “modo”) rispetto al lavoro produttivo (che è facitore di sostanza) sta erodendo le fondamento del proprio futuro economico; a maggior ragione in un Paese fragile”, osservano ad esempio Greppi e Marazzi.
Il discorso è però ancora un altro. La sostanza non è o non è solo “materialità”, non è tanto quel che tocchi con mano. È quel che sei, quel che pensi, quel che riesci ad osservare, quanto riesci far funzionare la “ragion critica”, quanto sai progettare il futuro, quanto sai dare sostanza, “sostanza culturale”, ai tuoi comportamenti, alle tue scelte, alle scelte politiche e societarie.
Andiamo indietro nel tempo, duecento anni fa. Riprendiamoci nelle mani gli “Scritti giornalistici” di Stefano Franscini, diligentemente e intelligentemente riproposti da Fabrizio Mena (v. Scritti giornalistici, 1824-1855, ed. dello Stato, Dadò). Vi scopriamo sia lo sforzo continuo, quasi sistematico, per fare questa “sostanza”, ma anche quello di rilevare e deprecare uno dopo l’altro gli “accidenti” (di mentalità, di costume, politici) suscitando avversità e denigrazioni (come capita ancora oggi per ogni buon e attento giornalista). Ed anche qui emerge spesso, in un modo o nell’altro, il passato che non sembra cambiare mai. Non è però disperante o mortale. Emerge anche qui, come regola di vita, il senechiano (del filosofo Seneca), “quae nocent, docent”: ciò che danneggia, insegna, ammaestra. Sono spesso i guai che fanno maturare. Se però non capita e ci si rassegna è il disfacimento, il disastro programmato.
E qui (come ho già avuto modo di rilevare in altra occasione, v. Archivio storico ticinese 157) il Ticino costituisce non solo una singolarità, ma anche un paradosso.
Non c’è solo “il problema delle tre rendite”, incastonato nella sua storia; c’è anche- se è permessa la metafora – una “partita a tresette” maledettamente persa. Ed è qui che sta il paradosso. Ancora nel senso filosofico del termine: percepisci cioè le idee buone, poni dei presupposti riconosciuti giusti, validi, ma poi cadi su risultati nulli o che contrastano con la buona ragione di partenza e appaiono contraddittori.
Rivisitando gli anni che precedono gli Ottanta, con tutti i problemi capitati addosso e accumulatisi con l’esplosiva disordinata crescita economica, ci si può quasi meravigliare della consapevolezza, della tempestività e persino dell’arditezza con cui nel Ticino si cercò di affrontare da un lato i problemi che si ponevano e d’altro lato le proposte, le politiche, le tecniche di soluzione.
Insomma, facciamola breve. C’era tutto per una partita di tresette (economia, territorio, finanza) vincente, culturalmente e politicamente vincente. Persino con incredibili anticipi sulla stessa nazione, arrivata poi dopo a imporci in parte (v. sistemazione del territorio, ad esempio, la protezione delle acque, la politica regionale, la perequazione finanziaria), ciò che una cariatidizzata “politica-partitica” cantonticinese, quella che ha partorito e nutrito le “tre rendite” (ritenutasi minacciata nientemeno che da un sovvertimento comunista) è riuscita a bloccare, impedire, lasciando il Ticino in quel “passato che non sembra passare mai”.
D’altronde si dice che il gioco di tresette l’abbiano inventato tre sordomuti.
Potenziali vittime anche milioni di persone che dipendono dalle esportazioni dei paesi in guerra
Ricordo della prima intervista a un giornale straniero del leader zapatista, che oggi scrive libri per bambini