Putin e l’arma della grande fame
Potenziali vittime milioni di persone che dipendono dalle esportazioni alimentari russe e ucraine
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Potenziali vittime milioni di persone che dipendono dalle esportazioni alimentari russe e ucraine
Da che mondo è mondo, da che guerra è guerra, l’arma della fame è sempre stata utilizzata per stroncare la resistenza del nemico. L’Ucraina, poi, ne è stata segnata in modo particolarmente atroce. Accadde sotto Stalin, fra il 1932 e il 1933, quando la decisione sovietica di collettivizzare la piccola proprietà agricola, provocò la morte per fame di almeno tre milioni di contadini ucraini, strage pianificata attraverso una carestia poi chiamata ‘Holodomor’, e ogni anno ricordata da Kiev nel mese di novembre. Tragedia storica, da tener ben presente quando si cerca di capire perché una parte del Paese accolse gli invasori nazisti con benevolenza, formò un reparto ucraino di SS, si gettò nelle braccia della rivolta nazionalista più radicale di Stepan Bandera, lasciando lunghe tracce nei decenni successivi, fino alla creazione di quel battaglione di Azov, con i suoi simboli neo-nazisti, che per ottanta giorni ha resistito nelle viscere del gigantesco cantiere metallurgico di Mariupol; e tragedia storica necessaria anche per capire perché, nell’uso forzato, strumentale e ideologico della Storia, Putin insista (con un puro pretesto) sulla volontà di denazificare l’intera nazione militarmente invasa, che nazista certo non è.
Si immagini dunque cosa possa significare ed evocare, nello stato d’animo collettivo dell’Ucraina, l’inevitabile riferimento alla grande carestia subita nel ventesimo secolo. Disinvoltamente, cinicamente, in modo criminale, oggi è Putin a servirsi nuovamente dell’arma della fame per vincere la ‘sua’ guerra. Non tanto, o non solo, puntando quell’arma contro l’Ucraina, ma soprattutto contro 47 milioni di persone che, minacciati dalla carestia, andranno a raggiungere i 276 milioni di sottonutriti (in 83 nazioni) che già sopravvivono soltanto grazie all’aiuto umanitario garantito dal Programma Alimentare Mondiale (PAM) dell’ONU. Tanta Africa, ma anche tanto Medio Oriente. Insieme, Russia e Ucraina garantivano circa un terzo delle esportazioni mondiali. Paesi come Egitto, Tunisia, Giordania, Libano, Yemen, Siria dipendono dal 50 al 70 per cento dai due “granai del pianeta”, e molte delle contestazioni popolari più importanti (anche l’avvio delle primavere arabe), sono nate dalle ‘proteste per il pane’.
Sappiamo cosa significherebbe una replica di quelle rivolte: nuove tensioni politiche, nuove repressioni, nuovi e grandi flussi migratori verso l’Europa. Il blocco navale nel Mar Nero imposto dalla Russia fin dal primo giorno dell’aggressione blocca nei silos ucraini 25 milioni di tonnellate di cereali (e altri prodotti della e per l’agricoltura), destinate ad aree che ne hanno un disperato, urgente bisogno. “Sciagura mondiale imminente”, ammonisce il PAM.
Da sempre la vergogna della fame nel mondo non è una tragedia naturale e inevitabile. È il flagello causato da scelte politiche scellerate. Contadini dei paesi più poveri cacciati e privati dei loro terreni, esportazioni massicce organizzate dalle multinazionali, acquisti di enormi appezzamenti coltivabili da parte delle nazioni più ricche (Cina in primis), corruzione dei leader politici locali. Ora anche Putin. Che pensa di vincere. Di aver individuato un altro grimaldello per replicare alle sanzioni. Utilizzando la più immorale delle armi convenzionali.
Articolo scritto per laRegione
Immagine di Claire Nevill (PAM)
Una cintura nera per un Cantone che stringe la cinghia