L’odio verso Israele
Un giudizio con cui si tenta di delegittimare la condanna dell’operato dei governi dello Stato ebraico - Di Patrizio Fenini
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Un giudizio con cui si tenta di delegittimare la condanna dell’operato dei governi dello Stato ebraico - Di Patrizio Fenini
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Un giudizio con cui si tenta di delegittimare la condanna dell’operato dei governi dello Stato ebraico - Di Patrizio Fenini
Con il titolo “La sinistra e l’odio verso Israele” Adrian Weiss, presidente dell’Associazione Svizzera-Israele, su laRegione del 22 ottobre sostiene che l’odio verso Israele, attribuito alla sinistra con la complicità di certi giornalisti, sia una reazione viscerale all’affermazione di Israele come Stato che non si lascia controllare né dalle grandi potenze né dalle organizzazioni internazionali.
Odio no, ma una crescente condanna dell’operato d’Israele, decisamente sì. Crescente, perché più dura il “lavoro” – come l’ambasciatrice israeliana a Berna ha definito la mattanza in corso a Gaza – e più la gente s’informa. L’opinione pubblica ha così appreso delle vergognose pressioni sioniste, con bustarelle milionarie e minacce di morte, per garantirsi l’inaccettabile partizione della Palestina messa ai voti all’Onu; del fatto che Israele, all’indomani della sua costituzione, fosse già in grado di respingere gli eserciti di Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Iraq, Libano, Siria e Yemen messi assieme e di conquistarsi nuovi territori; ha pure appreso che i primi fondi destinati all’attuale UNRWA sono stati stanziati in seguito alla richiesta del mediatore delle Nazioni Unite in Palestina che, a quattro mesi dalla nascita d’Israele, scrisse “la scelta è tra salvare la vita di migliaia [circa 440’000, ndr] di persone ora o permettere loro di morire”, il che la dice lunga sul trattamento riservato ai Palestinesi dopo averli cacciati dalle loro case e dalle loro terre; ha inoltre potuto immaginarsi cosa significhi vivere per decenni segregati dal mondo in quello che Giulio Andreotti, nel 2006, definì un campo di concentramento; ha anche compreso la disproporzione del conflitto: tra il 2008 e il 6 ottobre 2023, Israele ha visto 308 suoi cittadini perdere la vita a causa dei palestinesi e ha risposto causando 6407 morti al nemico, cioè vendicando ogni caduto israeliano con l’uccisione di venti palestinesi, proporzione salita a venticinque dal 7 ottobre 2023 ad oggi.
Se a questo quadro si aggiunge la situazione politica d’Israele, con un premier che deve la sua sopravvivenza politica a personaggi come il ministro della sicurezza nazionale Ben-Gvir – che in passato ha giustificato lo sputo verso i cristiani come “un’antica usanza ebraica” – e quello delle finanze Smotrich – il quale ha affermato che lasciar morire di fame due milioni di civili a Gaza potrebbe essere giustificato e morale – allora sia a destra che a sinistra si capisce che Israele non è propriamente quello “Stato democratico che rappresenta i valori occidentali” come scritto da Adrian Weiss.
Joseph Deiss, nel suo libro “Ruptures” scrive: “Israele compie le sue azioni con violenza e sistematicamente, senza mostrare la minima compassione per le sofferenze della popolazione civile, che è indigente, sfollata, dissanguata, affamata, assetata e senza cure mediche.” E ricorda che la Svizzera è depositaria delle convenzioni di Ginevra e che come tale dovrebbe sostenerne l’applicazione. Invito allora l’Associazione Svizzera-Israele e i suoi membri a prendere le distanze dal governo Netanyahu e dalla spirale di odio che alimenta.
Nell’immagine: un ebreo ortodosso sputa verso alcuni cristiani a Gerusalemme durante la processione per la festa di Sukkot, il 4 ottobre 2023 (fotografia della polizia israeliana)
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