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Mentre volano gli stracci la scuola resta là
Naufragi

Mentre volano gli stracci la scuola resta là

L’ennesima sconfitta politica di un progetto del DECS lascia strascichi e polemiche che non aiutano la scuola


Enrico Lombardi
Enrico Lombardi
Mentre volano gli stracci la scuola resta là
• 1 Febbraio 2022 – Enrico Lombardi

Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole

Che il clima generale che si respira a Palazzo delle Orsoline, specie durante le sedute del Gran Consiglio, non sia dei più favorevoli ad un dibattito fruttuoso per affrontare i tanti e scottanti temi sul tappeto per il futuro del Cantone, è un dato di fatto, e neanche tanto sorprendente, se si pensa che si è ormai entrati in piena campagna elettorale e che la litigiosità endemica fra i vari fronti, o anche dentro fronti comuni, trova in queste occasioni anche un notevole livello di bieco calcolo opportunistico.

In questa chiave è stato letto da più parti il clamoroso rigetto da parte del Parlamento cantonale del progetto del DECS (sostenuto dal Consiglio di Stato) relativo all’abolizione dei livelli in terza media. Come raramente si è visto, un Capo Dipartimento (Manuele Bertoli) dopo aver dovuto inghiottire la sconfitta ha rigurgitato tutta la sua rabbia verso i banchi di destra e di sinistra dell’aula, evocando termini come “mobbing”, “fango”, “toni indegni” rivolti un po’ qua e un po’ là.

Già, perché in questo caso, il fronte avverso al progetto, collocato a destra e anche un po’ nel centro, fra i seggi liberali, ha avuto un alleato decisivo all’estrema sinistra, con i tre deputati del Movimento per il Socialismo, che, ago della bilancia, sono rapidamente diventati oggetto di sdegno e di ira dei PS come anche un po’ di gongolante divertimento fra i banchi della destra.

Naturalmente, a seguito di questa concitata votazione, si sono succedute dichiarazioni e prese di posizione tutte tese a giustificarsi in vario modo. E se dal “Mattino” è arrivato il solito compiaciuto dileggio verso una sinistra che vuole la “squola rossa” e che, ancora una volta, viene “asfaltata” (con tanto di fotomontaggio di Bertoli alla lavagna con il consueto colbacco), da parte del MpS sono arrivate immediatamente una serie di lunghe ( e non necessariamente richieste) spiegazioni relative alla decisione di votare NO a Bertoli insieme a Lega e UDC. Una lettera di questo tipo è pure stata inviata via mail a tutti gli insegnanti, così tanto per far sapere chi sta (davvero) dalla loro parte.

Curiosamente (forse) nel proprio sito il PS non offre alcun commento sull’esito della votazione in Gran Consiglio. Forse ci va un tempo di “digestione”, che implichi anche una certa qual capacità di farsi “un esame di coscienza”, o chiamiamolo come vogliamo, per dire chiaramente come il partito voglia uscire dalle sabbie mobili di un irrisolto rapporto fra le sue due (o più) anime, che lo vedono da tempo dibattersi fra opposizione parlamentare riformista e condivisione delle decisioni altrui in sede di esecutivo. Come non bastasse, ci sono, probabilmente, anche questioni meramente personali, ad esempio riguardo al ruolo di Manuele Bertoli o di altri (pochi) leader; vicende legate per di più alla scelta di una strategia elettorale che porti il PS a confermare il suo non così scontato seggio in governo l’anno prossimo.

Vien da pensare (male, forse, ma a volte ci si azzecca) che proprio quest’ultimo aspetto abbia fortemente condizionato lo stesso esito della famigerata votazione di mercoledì scorso. Forse Bertoli ha giocato lì la sua ultima carta, ha pescato dal mazzo (infausto) della “Scuola che verrà” il jolly dell’abolizione dei livelli ed in mano si è ritrovato la classica Peppa tencia.

Gliel’hanno fatta trovare, come da copione, Leghisti ed UDC tutti votati all’attrattività fiscale e alla riduzione della spesa (anche quella sulla scuola), ma poi anche  i liberali (che vogliono riposizionarsi per smarcarsi da un “centro” indistinto dentro cui stanno annaspando) e infine il MpS, che con il proprio “massimalismo” sta cercando di profilarsi maggiormente e decisamente come vera e unica forza di opposizione della sinistra.

E così, invece di astenersi dal voto sul progetto DECS, come si sono astenuti in merito all’Audit sull’ex-funzionario socialista del DSS, qui i tre MpS hanno votato contro. Insomma, un’opposizione variabile, o “flessibile” (o ragionata, per carità, perché i due oggetti in questione erano ben diversi). In ogni caso una consapevole bordata contro la sinistra di governo, che poteva esprimersi anche con un’astensione e l’apertura di un aspro confronto, e che si è deciso invece di far deflagrare fino alle estreme conseguenze ( che tali rischiano di essere anche per lo stesso MpS).

Di fatto, nell’area di sinistra è crisi aperta; una crisi che la “Regione”, con la consueta vena ironica di Lorenzo Erroi accolla interamente a Pino Sergi e al suo Movimento. Citando una sua dichiarazione, secondo cui quello del MpS è stato un “No diverso, un No di sinistra” Erroi annota: “il Bertinotti di casa nostra un merito ce l’ha: è riuscito a riassumere in una sola frase gli ultimi cinquant’anni di sinistra europea. Anni in cui partitini, gruppetti e fazioni si sono scannati tra loro nella cristallina convinzione di essere più puri, più veri – più ‘di sinistra’, appunto – di tutti gli altri, in una sorta di eterna occupazione liceale, ma senza le chitarre, parecchio stempiata e con l’ideologia a ottundere i cervelli al posto delle canne.”

Un po’ tanto facile, vien da dire, anche l’ironia. Che la sinistra europea abbia sofferto, in passato come oggi, di divisioni interne letali sarà pur vero, ma non basta evocare beghe e frammentazioni (che per altro, in politica, sono sempre più riscontrabili in ogni schieramento) per dar conto di una crisi che parte, necessariamente, da un riformismo socialista che non sa più mostrare alcuna progettualità, se non quella di una logica consociativa in cui viene fagocitato regolarmente dal fronte di centro-destra.

Perché se restiamo, doverosamente, al caso del progetto Bertoli, dovremmo pur dire che, al di là delle alchimie di improbabili e infelici alleanze partitiche,  quello che non ha funzionato è stato anzitutto l’”ascolto” del mondo della scuola, la voce degli insegnanti, che invitati (obbligati) ad esprimersi in merito ai livelli, lo hanno fatto, necessariamente di corsa prima di Natale, per far dire in aula che c’era anche il loro preavviso, in realtà costellato di rilievi molto critici, fatti diventare come per magia “adesioni” dal capo- Dipartimento.

Siamo di fronte ad un aspetto importante, che, va detto, il MpS ha denunciato, a giusta ragione. Basta andare a leggere i rapporti delle diverse sedi di scuola media e del medio-superiore nel sito del “Movimento della scuola” per constatare come dagli insegnanti siano venute indicazioni e riflessioni che ponevano il progetto in questione come relativamente sussidiario rispetto ad altre e ben più cruciali questioni.

La Scuola è, storicamente ed oggi più che mai, il contesto sociale che più di ogni altro meriterebbe quotidianamente attenzione e sostegno, perché è il “laboratorio” ribollente di problematiche e di contraddizioni, in cui si prefigura il futuro prossimo del nostro paese. Ne è, oggi, la perfetta cartina di tornasole, con le questioni di integrazione, di disagio, di formazione culturale e civica, di preparazione al lavoro con cui ogni giorno centinaia di insegnanti si confrontano e si dannano per venire a capo di esiti sempre nuovi, sempre diversi, spesso incontrollabili.

La vera prova di resistenza della nostra tenuta democratica si gioca lì, fra le aule, i corridoi e i cortili delle nostre scuole, dove professionisti a lungo dileggiati per le loro tante vacanze, quasi eroicamente a volte, cercano faticosamente di fornire risposte parziali e sofferte a domande che la politica trascura o elude, trasformandole per lo più in pretesto di scialbi teatrini in cui volano stracci, mentre là fuori, la scuola ancora aspetta di poter cambiare, davvero.






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