Elezioni europee, le liste truffa all’italiana
Farsi eleggere per non andare a Bruxelles e Strasburgo
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Farsi eleggere per non andare a Bruxelles e Strasburgo
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• – Michele Ferrario
Farsi eleggere per non andare a Bruxelles e Strasburgo
Decine di candidati hanno fatto altrettanto – la legge lo permette – con la stessa dizione “detto/detta” per timore che qualche voto venga cassato per un errore di ortografia, soprattutto quando il cognome risulta complicato da ricordare e scrivere. Si sono raggiunti così livelli al limite del ridicolo, come nel caso di Federico Petitti “detto Petiti, detto Pettiti, detto Pettitti, detto Petti”. Lo supera con cinque varianti Edmondo Tamajo “detto Tamaio, detto Di Maio, detto Edy, detto Edi, detto Eddy”. Il voto sarà valido anche se si è scritta sulla scheda soltanto una variante del cognome o del soprannome o dell’abbreviazione.
Mi vengono in mente, per una sorta d’inconscio contrappunto, le parole di una cara amica, Giovanna Marini, morta a Roma l’8 maggio scorso all’età di 87 anni. La celebre cantante e studiosa della musica popolare italiana, presentando in tempi lontani la sua struggente composizione “Lamento per la morte di Pasolini”, ebbe a dire: «Un Paese che è capace di uccidere un genio, un poeta come lui, è un Paese malato». Intendeva con quelle parole addossare la responsabilità politica e morale dell’uccisione di Pier Paolo Pasolini all’intera società italiana, incapace di comprendere il messaggio di un profeta che «si sentiva crocifissa l’anima», per dirla ancora con le parole di Giovanna. A proposito di Pasolini, poiché una citazione tira l’altra, il ricordo corre anche al film “La Ricotta” (1963), contenente una lapidaria e sprezzante dichiarazione di Orson Welles il quale, intervistato da un giornalista su che cosa pensasse della società italiana, rispose: «Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa».
Ecco, quello che si appresta a votare per l’Europa è ancor oggi, e più di ieri, un Paese malato. Lo è, se ben vogliamo vedere, sin dalla sua unificazione nel 1861, dopo che Giuseppe Garibaldi e i Mille sbarcati in Sicilia dovettero scendere a più di un compromesso con i potentati mafiosi locali per realizzare il loro progetto.
Un filo mai reciso lega quell’epoca lontana all’Italia d’oggi, come dimostrano le tante vicende storiche tra Otto e Novecento – ventennio fascista compreso – e i numerosi fatti di cronaca verificatisi negli anni in cui era in corso la trattativa Stato–mafia. Quel filo tiene insieme, a partire dall’immediato dopoguerra, l’organizzazione paramilitare Gladio (nata da un’intesa della CIA con i servizi segreti italiani, finalizzata a impedire una paventata invasione dell’Italia da parte del blocco comunista), la lunga sanguinosa serie di attentati di matrice neofascista (la strategia della tensione), il terrorismo rosso e nero, il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro, Tangentopoli, le stragi mafiose con i delitti Falcone e Borsellino, la stagione berlusconiana e l’attuale deriva autoritaria del Governo presieduto da Giorgia Meloni, le decine di episodi di corruzione e di arresti eccellenti generati dall’oscena commistione tra politica e affari, ultimo dei quali quello del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. «Stiamo passando dalla democrazia alla cleptocrazia», ha commentato in un’intervista con “Il Fatto Quotidiano”, il 14 maggio scorso, l’ex-magistrato Roberto Scarpinato, ora senatore del “Movimento 5 Stelle”.
Quest’Italia erede di oltre 160 anni di contraddizioni, che ne fanno una democrazia mai pienamente compiuta, anzi, perennemente inquinata, è chiamata dunque a scegliere 76 dei 705 deputati che faranno parte dell’Europarlamento. È un’Italia stanca, demotivata, pessimista, dominata da una classe politica autoreferenziale, una casta che resiste a ogni tentativo di rinnovamento, lontana anni-luce dalla realtà del Paese. Un’Italia malata.
Ne sono ennesima prova tangibile, appunto, le liste dei candidati, sulle quali vorrei soffermarmi individuando alcune “perle”. A partire dai nomi di alcuni capilista. I “Fratelli d’Italia” sono capeggiati in tutte le cinque circoscrizioni in cui è suddivisa l’Italia dalla presidente del Consiglio. Ovviamente – come ho accennato – Meloni, sicuramente eletta, non lascerà Palazzo Chigi e non andrà pertanto a fare l’eurodeputata. Lascerà il posto ad altri. Non andranno a occupare un seggio a Bruxelles neppure la segretaria del PD Elly Schlein, a capo delle liste presentate in due circoscrizioni, e nemmeno il segretario di “Forza Italia” Antonio Tajani, capolista in quattro circoscrizioni.
Si consuma così una truffa nei confronti degli elettori, un vero e proprio furto di democrazia – è il caso di dirlo – all’italiana, considerando che negli altri 26 Paesi UE nessuna personalità titolare di ruoli pubblici si candida al Parlamento europeo. Evidentemente questi tre leader, ai quali si aggiunge Carlo Calenda di “Azione”, considerano le elezioni europee alla stregua di un sondaggio personale, usando i loro nomi pur di raccogliere consensi. O rilanciando, assurdo ma vero, il nome di un defunto, come fa “Forza Italia” che nel proprio simbolo riporta la dicitura “Berlusconi Presidente”, offendendo così le persone di buon senso e pure la memoria del “Cavaliere”.
Diversa è la scelta di Matteo Salvini, segretario della “Lega”, il quale giustamente rinuncia a candidarsi ma inserisce nelle liste del proprio partito e come capolista nelle circoscrizioni del Centro e del Sud il nome del generale dell’esercito Roberto Vannacci, autore del libro “Il mondo al contrario”, reso celebre – si fa per dire – per affermazioni come questa: «Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione! Non solo ve lo dimostra la Natura, che a tutti gli esseri sani “normali” concede di riprodursi, ma lo dimostra la società: rappresentate una ristrettissima minoranza del mondo. Quando vi sposate ostentando la vostra anormalità la gente si stupisce, confermando proprio che i canoni di ciò che è considerato usuale e consuetudinario voi li superate».
“Fratelli d’Italia”, per non essere da meno, candida Vittorio Sgarbi, già sottosegretario al Ministero della Cultura con il Governo Meloni, costretto alle dimissioni dopo che sono venute a galla le sue attività illecite, parallele a quelle dell’incarico governativo: conferenze, inaugurazioni, organizzazione di mostre, pagate a peso d’oro da enti pubblici e privati secondo un preciso “tariffario”. Su Sgarbi, già condannato in via definitiva nel 1996 per truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, pendono due inchieste della magistratura: una sul dipinto di Rutilio Manetti rubato nel castello di Buriasco, in provincia di Torino (il critico è indagato per riciclaggio), l’altra sul capolavoro “Concerto con bevitore” del caravaggesco Valentin de Boulogne, che stava per essere venduto all’estero, il che gli è valsa un’accusa per esportazione illecita di beni culturali. Come ciò non bastasse, Sgarbi rischia anche un processo per non avere pagato i debiti con il fisco, oltre 700mila euro. E allora via! Cacciato da Roma viene premiato con un seggio a Bruxelles.
Sia pure a fin di bene “Alleanza Verdi e Sinistra” candida nella circoscrizione nord-occidentale Ilaria Salis, detenuta da febbraio 2023 in condizioni disumane nelle carceri ungheresi con l’accusa di lesioni aggravate nei confronti di due militanti di estrema destra, ma condannata in Italia (va precisato, con pene lievi) per resistenza a pubblico ufficiale durante manifestazioni di protesta. L’intento del partito guidato da Nicola Fratoianni era in origine di sottrarre l’insegnante lombarda alle inaccettabili condizioni carcerarie, ma poi le sono stati concessi, dietro cauzione, gli arresti domiciliari a Budapest. La messa in libertà, in caso di elezione, non è tuttavia scontata, e per di più c’è il rischio di creare un certo imbarazzo nei giudici di Budapest, se non di essere controproducente.
Senza entrare nel merito dei programmi elettorali (il tema della pace e dello stop alla corsa agli armamenti, che dovrebbe essere la priorità assoluta di tutti i partiti, è presente in maniera sostanziale nella lista guidata da Michele Santoro “Pace, Terra e Dignità” e in quella del “Movimento 5 Stelle”) sono molti altri gli aspetti sorprendenti di questa competizione elettorale. Che dire per esempio dell’appoggio in Sicilia al candidato di “Noi moderati”, il partito di Maurizio Lupi nel quale milita anche il già citato Giovanni Toti, da parte della nuova Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro, ex-presidente della Regione Siciliana condannato a sette anni di carcere per favoreggiamento della mafia?
In questa Italia malata suona dunque stridente il pur nobile appello al voto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sottoscritto congiuntamente anche dai presidenti di Germania, Frank-Walter Steinmeier, e d’Austria, Alexander Van der Bellen: «Le prossime elezioni per il Parlamento europeo offriranno l’opportunità di eleggere rappresentanti che si impegnino a trovare soluzioni costruttive, accettando la complessità del sistema democratico».
Sarà, ma ho il timore che molti non lo ascolteranno e non andranno a votare. Vincerà il partito dell’astensionismo, sempre più forte. Viva comunque l’Italia!
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