Il buon giornalismo vince sempre: è il messaggio rinnovato anche quest’anno dal Premio Pulitzer, il prestigioso riconoscimento assegnato ieri sera da Columbia University che lo gestisce fin dal 1917: in onore di quel Joseph Pulitzer che ne ideò la scuola di giornalismo e prima di morire lasciò un fondo di due milioni di dollari all’università appunto per istituire il premio in sua memoria. Ad accaparrarsi i riconoscimenti più prestigiosi sono stati Washington Post, New York Times, Reuters e ancora una volta la no-profit dell’informazione ProPublica. Ma come di consueto, fra i premiati ci sono anche testate minori: quest’anno è toccato a Lookout Santa Cruz per la copertura delle inondazioni in California. E i podcast sulla sparizione di una serie di ragazzine afroamericane a Chicago “che rivela come il razzismo sistemico e l’incuria del dipartimento di polizia abbiano contribuito alla crisi” come si legge nella motivazione ai podcast di Sarah Conway diCity Bureau e Trina Reynolds-Tyler dell’Invisible Institute.
Col campus nell’Upper West Side ancora chiuso dopo le proteste studentesche, la serata è stato dunque trasferita nella sede dell’Associated Press: e prima di annunciare i vincitori è stato rinnovato l’appello alla Russia affinché liberi il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, detenuto da oltre un anno. A essere premiati con 15 mila dollari i pezzi che sono stati riconosciuti come il meglio del giornalismo del 2023 in 15 categorie. Oltre alle tradizionali otto categorie “artistiche” negli ambiti di libri, musica e teatro, con una novità: dall’anno prossimo l’ammissibilità ai premi letterari e artistici i premi andranno anche ai residenti e a “coloro che hanno fatto degli Stati Uniti la loro casa principale da molto tempo”. Al solo vincitore della sezione “Servizio Pubblico” è andata come di consueto una medaglia d’oro.
È stato l’impegno nel coprire la guerra di Gaza ad attirare particolarmente l’attenzione dei giudici: ai reporter del New York Times è infatti andato il premio per il miglior giornalismo internazionale con l’inchiesta sui fallimenti dell’intelligence israeliana rispetto all’attacco di Hamas dello scorso ottobre. Mentre ai fotografi della Reuters (a uno dei quali era anche già andato il World Press Photo 2024) è andato quello per le immagini Breaking News: «Foto crude e urgenti che documentano l’attacco mortale del 7 ottobre in Israele da parte di Hamas e le prime settimane del devastante assalto israeliano a Gaza». Quelle stesse foto che avevano provocato da parte d’Israele l’accusa di essere “embedded coi terroristi”.
Una citazione speciale è poi andata ai “coraggiosi reporter e operatori di media” attivi nella Striscia occupata da Israele. “In circostanze orribili un numero straordinario di giornalisti sono morti nello sforzo di raccontare storie di palestinesi e di altri a Gaza, in una guerra che ha reclamato anche le vite di poeti e scrittori”.
Al quotidiano della Grande Mela sono andati anche altri due premi: quello del reporting investigativo, toccato ad Hannah Dreier per una serie di storie dedicate al lavoro minorile e ai fallimenti aziendali e governativi che lo perpetuano. E quello per i “feature writing”, a Katie Engelhart per il suo racconto – pubblicato sul Magazine del giornale – sulla madre affetta da demenza: «Ritratto imparziale delle difficoltà legali ed emotive di una famiglia durante la demenza progressiva di una matriarca che sonda con sensibilità il mistero del sé essenziale di una persona».
Tre premi sono andati anche all’altra grande testata americana, il Washington Post: miglior giornalismo nazionale per l’inchiesta sull’impatto politico e culturale del fucile d’assalto AR-15, il più usato nelle stragi d’America: «Ha costretto i lettori a fare i conti con gli orrori provocati dall’arma spesso utilizzata per le sparatorie di massa in America» hanno scritto i giudici nella nota che accompagnava il riconoscimento. Nella stessa categoira è stata eccezionalmente premiata anche ad un’altra testata, la Reuters, per le sue inchieste su Elon Musk «una serie illuminante di storie incentrate sulle attività automobilistiche e aerospaziali di Musk, notevoli per ampiezza e profondità che hanno provocato indagini ufficiali sulle pratiche delle sue aziende in Europa e negli Stati Uniti». I migliori editoriali sono invece quelli del columnist del WP Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere in Russia, condannato a 25 anni per alto tradimento, che scrive dalla sua cella. Infine quello per gli editoriali a David E. Hoffman «sulle tattiche utilizzate dai regimi autoritari per reprimere il dissenso nell’era digitale e sul come possono essere combattute».
L’importante riconoscimento al “Servizio pubblico” è andato invece a ProPublica: no-profit nata nel 2007 col che mette online gratuitamente le sue raffinate inchiesta e che di Pulitzer ne ha già vinti sette. Il team composto da Joshua Kaplan, Justin Elliott, Brett Murphy, Alex Mierjeski e Kirsten Berg «ha squarciato lo spesso muro di segretezza che circonda la Corte Suprema per rivelare come un piccolo gruppo di miliardari politicamente influenti ha corteggiato i giudici con doni sontuosi e viaggi, spingendo la Corte ad adottare il suo primo codice morale di condotta».
La rivista New Yorker ha ottenuto due Pulitzer: a Sarah Stillmanper il suo «rapporto sulla dipendenza del sistema legale dalle accuse di omicidio criminale che sta devastando le comunità afroamericane». E a Medar de la Cruz, un collaboratore di origini domenicane, il premio per il reportage illustrato: per la sua storia disegnata che umanizza i detenuti dell’infame prigione di Rikers Island a New York City.
Il romanzo Night Watch di Jayne Anne Phillips, una saga madre-figlia ambientata in un manicomio del West Virginia dopo la guerra civile, ha vinto il Premio per la narrativa. A Day in the Life of Abed Salama: Anatomy of a Jerusalem Tragedy di Nathan Thrall ha vinto il premio alla saggistica: «Un resoconto intimo e finemente documentato della vita sotto l’occupazione israeliana della Cisgiordania, raccontato attraverso il ritratto di un padre palestinese il cui figlio di 5 anni muore in un violento incidente con lo scuolabus perché le squadre di soccorso israeliane e palestinesi non arrivano in tempo a causa delle troppe norme di sicurezza». La messicana Cristina Rivera Garza si è aggiudicata la sezione memoir col libro dedicato alla memoria della sorella morta per femminicidio che in Italia è tradotto col titolo L’invincibile estate di Liliana. La miglior biografia è quella di Martin Luther King scritta da Jonathan Eig e intitolata King: a Life. Il vincitore della sezione Poesia è Tripas: Poems, di Brandon Som dove affronta la questione della doppia eredità, cinese e messicana, dell’autore. Infine il concerto per sassofono “Adagio (For Wadada Leo Smith)” di Tyshawn Sorey si è aggiudicato la sezione musica.