Il Capo del Dipartimento Istituzioni Norman Gobbi sembra stia cercando alleati in Romandia per trovare modo di creare un fronte comune contro il Consiglio Federale, che vuole riversare sui cantoni, a nome del ribilanciamento delle finanze federali, milioni di costi per la gestione di richiedenti d’asilo e rifugiati.
Malgrado le visite di due Consiglieri federali a Chiasso negli ultimi mesi, vien da pensare che per Gobbi la situazione particolare del Ticino non sia capita o non sia presa sufficientemente in considerazione a livello federale. Ecco dunque che ieri è apparsa, sul quotidiano losannese “Le Temps” una lettera del Consigliere di Stato ticinese rivolta esplicitamente ai “compatrioti romandi”. Una forma piuttosto particolare, non proprio usuale, vien da dire, per battere il chiodo sulla questione (certamente delicata e complessa) della gestione del dossier migrazione.
Una modalità, fra l’altro, che Gobbi adotta parlando quasi a titolo personale, non richiamandosi mai ad una strategia condivisa con gli altri membri del Governo, ma solo a quanto finora da lui sperimentato in qualità di membro della Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia.
Nella lettera, sembrerebbe potersi ravvisare un segnale, se non di disperazione, di scarsissima fiducia nelle possibilità di ottenere ascolto per le vie tradizionali del confronto e della concertazione intercantonale e federale. Anche qui, forse, ancora una volta, la politica federale non pare sensibilissima verso le “specificità” ticinesi; oppure la delegazione politica ticinese non sa porsi, a Berna, con la necessaria autorevolezza nel richiamare l’urgenza particolare della questione nel nostro Cantone.
Resta il fatto che siamo al punto in cui un Consigliere di Stato si rivolge attraverso un giornale al pubblico d’oltre Gottardo (anzi, a quello specificamente romando, e ci sarebbe da chiedersene il motivo) “parlando a nuora perché suocera intenda”. Ci pare dunque interessante, senza entrare nel merito di quella che Gobbi vorrebbe adottare in Ticino come “strategia” nei confronti di richiedenti asilo e rifugiati, proporre qui la lettera in questione in versione italiana a cura della redazione [red].
Cari compatrioti romandi,
in un momento segnato da tante incertezze geopolitiche, dal ritorno della guerra nel nostro continente e da flussi migratori sempre più consistenti e incontrollati, il motto iscritto sotto la nostra cupola federale assume tutto il suo significato: “Unus pro omnibus, omnes pro uno”, ossia “Uno per tutti, tutti per uno”.
Vi scrivo non solo come “Compagnon d’honneur” della Confraternita bacchica “du Guillon”, un’onorificenza vodese di cui sono fiero e grato, ma prima di tutto come Confederato e come membro del Governo ticinese.
Come sapete, il Ticino è uno dei cantoni più colpiti dalle conseguenze dei flussi migratori internazionali. Lo è stato storicamente e lo è ancora oggi. Senza andare troppo indietro nel tempo, penso alla crisi dei Balcani negli anni ’90 e al grande afflusso di migranti nel 2015-2016. Per la sua posizione geografica di porta meridionale della Svizzera, il Ticino ha esperienza e competenza nella gestione delle emergenze migratorie.
Tuttavia, le conseguenze negative, sia in termini di costi che di peggioramento della qualità di vita dei nostri residenti, rischiano nel tempo di minare lo spirito di accoglienza che da sempre caratterizza i ticinesi. Permettetemi di illustrare il mio punto di vista con alcuni fatti e cifre. Primo: da almeno un anno, oltre il 50% degli stranieri clandestini (con punte di oltre il 75% per alcuni mesi) è entrato in Svizzera attraverso il confine del Mendrisiotto.
Secondo: quando nel febbraio 2022 è scoppiata la guerra in Ucraina, il Ticino è stato pienamente coinvolto dalle autorità migratorie svizzere, accogliendo, in proporzione, più rifugiati di quanti ne siano stati ripartiti in altri Cantoni.
In terzo luogo, nel Mendrisiotto la Segreteria di Stato per la migrazione (SEM) dispone di centri di registrazione per richiedenti asilo che negli ultimi mesi hanno registrato il tutto esaurito. La situazione è aggravata dal crescente numero di minori (più o meno) non accompagnati. La prossima apertura del nuovo centro di accoglienza di Pasture, situato nei comuni di Balerna e Novazzano, migliorerà certamente le condizioni dei migranti, ma non risolverà alcune delle conseguenze negative della loro presenza sul territorio.
In quarto luogo, oltre ai “tradizionali” richiedenti asilo provenienti dal sud e dall’est del bacino del Mediterraneo, negli ultimi due anni si è assistito all’arrivo di persone provenienti dall’Ucraina, alle quali è stato riconosciuto lo status di protezione S. Questo aumento non solo ha un impatto sui costi, ma anche sulle preoccupazioni e i possibili attriti con la popolazione locale.
Di fronte a questa situazione oggettiva, il Ticino si è sempre assunto pienamente le proprie responsabilità, collaborando con la SEM sia nel settore dell’accoglienza che sul fronte della sicurezza. Ma abbiamo anche avanzato richieste specifiche che non sempre sono state accolte.
In particolare, da oltre dodici anni chiedo l’introduzione di misure disciplinari per gli immigrati recalcitranti.
Solo dopo troppi anni è pronta la modifica della legge federale sull’asilo. La legge introdurrà misure più severe per coloro che causano problemi nei centri federali e al di fuori di essi. Questo è un esempio della mancanza di strategia e pianificazione del governo federale nella gestione delle situazioni di emergenza. Il Cantone di Neuchâtel sta subendo la stessa sorte con il centro federale per richiedenti asilo di Boudry. Può contare sulla nostra piena solidarietà e comprensione.
Ma oggi non è più solo una questione di ordine pubblico o di capacità di accoglienza. La questione è diventata finanziaria. La consigliera federale Karin Keller-Sutter e il Consiglio federale hanno inserito il settore dell’asilo tra le aree in cui è possibile risparmiare, nell’ambito della loro azione di contenimento dei costi. Si tratta di una pessima idea. Prevede una riduzione degli aiuti versati ai Cantoni per il loro contributo alla politica federale in materia di asilo. Un approccio inaccettabile!
La recente richiesta della SEM di distribuire un credito di 57 milioni di franchi per la costruzione di alloggi temporanei straordinari, che non è altro che riproporre un intervento già respinto dalle Camere federali, è già stata rispedita al mittente dalla Conferenza dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia (CCDGP).
A tal fine, mi impegnerò affinché si possa raggiungere un consenso in seno alla CCDGP per mantenere e intensificare la legittima pressione esercitata dai Cantoni sul Consiglio federale e sul nuovo capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia Beat Jans. Non si può risolvere un’emergenza con dei tagli di bilancio.
Come ho detto, il Ticino è uno dei cantoni più esposti in materia di asilo. Si dimostra solidale e beneficia anche della solidarietà intercantonale per condividere l’onere. La credibilità della politica svizzera in materia di asilo dipende anche dall’unità d’azione: si tratta di applicare le leggi e non abbandonare a sé stessi i Cantoni che più di altri contribuiscono alla gestione della migrazione. Nel caso del Ticino, in particolare, dobbiamo accettare le conseguenze negative della presenza sul nostro territorio di stranieri illegali e richiedenti asilo recalcitranti. Questo ha un costo finanziario, per non parlare delle questioni di sicurezza e di ordine pubblico.
Il Ticino merita la solidarietà della Confederazione. Il mio Cantone, come sapete, è una terra accogliente e di eccezionale bellezza, ma è anche “vittima” della sua posizione geografica sulle principali rotte migratorie. Il Ticino ha dimostrato di saper essere solidale con il resto del Paese e con i migranti. È anche grato al resto del Paese per il suo sostegno. Ma se ai problemi di capacità ricettiva e di sicurezza si aggiungono i tagli di bilancio, è questa solidarietà confederale ad essere messa in pericolo.
Un saluto confederale!