La strage senza fine dei bambini migranti
Una barca a vela si ribalta a cento miglia dalla Calabria. Tra i 66 dispersi, 26 sono minori. Solo undici migranti superstiti. Erano partiti dalla Tunisia
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Roma. Ancora morti nel Mediterraneo. A un anno di distanza dalla strage di Cutro e da quella al largo di Pilo, in Grecia, 66 migranti, di cui 26 bambini, risultano dispersi in un naufragio a 110 miglia dalle coste della Calabria. Lo raccontano gli 11 superstiti che viaggiavano su una barca a vela partita dalla Turchia e che si è rovesciata dopo un incendio, portando con sé le persone a bordo, provenienti da Iran, Siria e Pakistan .
Soccorsi dalla Guardia costiera sono sbarcati ieri mattina nel porto calabrese di Roccella Jonica, per poi essere accolti nella tensostruttura della Croce Rossa. Intanto proseguono le ricerche di eventuali superstiti da parte della Guardia costiera, anche con il ricorso a un aereo Atr42 e alla nave Dattilo. La procura di Locri ha già aperto un fascicolo, per ora senza ipotesi di reato: se ne occupa il pm Stefano Guglielmino.
Ma non è l’unica sciagura che si è registrata ieri. A Lampedusa, infatti, una ong ha soccorso un natante in avaria e portato sull’isola 54 sopravvissuti, mentre ci sono 10 vittime, probabilmente soffocate nel piano inferiore. Per liberare dei migranti, rimasti privi di sensi, i soccorritori hanno dovuto demolire parte del ponte a colpi di ascia. «Sono oltre 920 i morti e i dispersi in tutto il Mediterraneo solo nel 2024, pari a più di 5 persone al giorno – denuncia Save the Children -, oltre 29.800 dal 2014 , in quella che si conferma essere ancora una volta la rotta più letale al mondo».
Le due nuove stragi avvengono all’indomani del G7 di Borgo Egnazia che ha lanciato una coalizione «per prevenire e contrastare il traffico di migranti». Ma molto critiche restano le agenzie dell’Onu, Unhcr, Oim e Unicef che in una nota congiunta rimproverano all’Europa l’assenza di un dispositivo efficiente di soccorsi in mare: «Se questi dati dovessero essere confermati il numero dei morti e dispersi nel Mediterraneo centrale salirebbe a oltre 800, una media di quasi 5 morti e dispersi al giorno dall’inizio dell’anno. Questi ennesimi incidenti generano un senso di profonda frustrazione per i ripetuti appelli inascoltati a potenziare risorse e capacità per le operazioni di ricerca e soccorso in mare a supporto della Guardia costiera italiana. Ogni naufragio rappresenta un fallimento collettivo, un segno tangibile dell’incapacità degli Stati di proteggere le persone più vulnerabili». Il presidente della Croce Rossa italiana, Rosario Valastro si dice «attonito davanti a quanto accaduto. Da questo triste momento tragga nuova forza la nostra Umanità». Con l’estate alle porte c’è da ipotizzare un incremento degli sbarchi, ma anche del rischio naufragi, anche a causa delle imbarcazioni di fortuna usate per le traversate. Dal Viminale, tuttavia, precisano che nell’ultimo anno gli arrivi sono diminuiti circa del 60%, del 57,56% per esattezza, scendendo da 55.902 a 23.725, «grazie alla collaborazione di Libia e Tunisia che non solo hanno incrementato i controlli sulle partenze ma hanno anche svolto un’attività di deterrenza sul business dell’immigrazione distruggendo le fabbriche che producono i barchini».
La politica del governo non convince però l’opposizione. «Le disumane politiche del governo italiano e dell’Ue – osserva il senatore Peppe De Cristofaro (Avs) – continuano ad uccidere. Dalla destra un approccio securitario al fenomeno migratorio ma, l’immigrazione non è un’emergenza, è un fenomeno che va gestito. Per prima cosa vanno fermate le morti in mare. Subito una missione europea di ricerca e soccorso in mare». Per Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria e vice segretario nazionale di Forza Italia, il naufragio con i 66 dispersi è «un pugno nello stomaco. Quelle che stiamo vivendo sono ore di grande angoscia per tutta la regione. Ore che ci riportano alla mente il dramma immane che abbiamo vissuto a Cutro poco più di un anno fa. La tratta turca è stata troppo spesso sottovalutata in questi anni, servirebbe invece una maggiore attenzione da parte dell’Europa e dei governi nazionali. I nostri mari dovrebbero risplendere di vita e di speranza, e non trasformarsi periodicamente in immensi cimiteri».
Sulla base delle nazionalità dichiarate al momento dello sbarco, dei 23.725 migranti giunti nell’ultimo anno 4.839 provengono dal Bangladesh, (il 20% del totale); gli altri arrivano dalla Siria (il 14%), dalla Tunisia (il 13%), dalla Guinea (l’8%), dall’Egitto (il 6%), poi da Pakistan, Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Sudan. Sono 5.010 quelli provenienti da altri Stati o per i quali sono ancora in corso l’identificazione.
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