Il malinconico destino di un percorso letterario volutamente appartato
Nel centenario della nascita di Federico Hindermann
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Nel centenario della nascita di Federico Hindermann
Quanto silenzio è il titolo della prima poesia che dà il titolo alla prima raccolta di versi in italiano di Federico Hindermann (Milano, Scheiwiller, 1978).
Un titolo che suona, evocando temi e toni cari all’autore, ma anche che risuona, oggi, in occasione del centenario della sua nascita, come una sorta di malinconico rinvìo alla scarsa attenzione che i nostri media danno a questa importante ricorrenza.
Certo, Hindermann è stato un autore molto particolare, che in italiano ha cominciato a scrivere tardi e solo versi, quando già aveva scritto saggi e tradotto in tedesco opere importanti della letteratura mondiale.
Certo, come autore svizzero italiano, è stato scoperto tardissimo, semplicemente perché “non ticinese”, non legato al mondo letterario e culturale del Cantone, ma attivo a Zurigo, a dirigere una prestigiosa collana di letteratura mondiale per la casa editrice Manesse. E poi, Hindermann, di padre basilese e madre piemontese, ha vissuto per decenni ad Aarau, dove – per dirla con l’amico e noto critico italiano Pietro Citati – ogni mattina usciva dalla propria casa percorrendo una strada silenziosa, salutando o ignorando i passanti, per arrivare alla stazione e prendere il treno che lo avrebbe portato a Zurigo.
Ecco, la silenziosa Bachstrasse di Aarau era un po’ il mondo intimo e poi poetico di un autore che ha scritto numerose raccolte di versi uscite in Italia e poi finalmente anche in Ticino, facendone, poco a poco, e senza che lui mai si adoperasse per promuoversi, un grande della nostra letteratura del Novecento.
Insieme a Giorgio Orelli, nato anch’egli in quel 1921 misteriosamente benedetto per le nostre sorti letterarie, Hindermann è oggi da considerare il massimo poeta svizzero in lingua italiana. Ne fa fede un volume antologico uscito nel 2018 a Milano, presso le edizioni Marcos y Marcos, a cura di Fabio Pusterla e Matteo Pedroni, intitolato significativamente Sempre altrove.
Sempre altrove sembra davvero essersi posta la produzione poetica di Hindermann, così come sempre altrove ci portano i suoi versi, frutto di un’indagine del mondo che parte da una condizione di appartatezza per estendersi con grande libertà e non rare e quasi funamboliche sperimentazioni sintattiche, sempre coltissime e raffinatissime, alla minuziosa descrizione o evocazione di “cose perdute: il passato caduto dalla betulla, la nocciola scivolata tra le zampe dello scoiattolo, i ricordi smarriti intorno alla lampada spenta” ( cit. P.Citati, intr. F.H., Poesie 1978 – 2001).
A nove anni dalla sua scomparsa, Federico Hindermann è un autore che offre continue, costanti sorprese, chiavi di lettura della realtà che stanno lì, anche in brevi stornelli o mottetti, in testi di tre versi (che hanno caratterizzato la sua ultima produzione) da leggere come fossero haiku giapponesi, soppesando parole e silenzi sulla misteriosa bilancia di un equilibrio sempre da ritrovare, nello spazio e nel tempo.
Nel silenzio, sempre altrove, ricordiamo Federico Hindermann con un senso di debito ancora non saldato verso un vero grande poeta ed intellettuale svizzero (italiano) oggi, una volta di più, troppo trascurato dalle cronache ma ben presente con le sue centellinate parole sulla nostra modesta zattera, al largo, altrove, come il suo prezioso lascito letterario, ancora ampiamente da sondare.
Lode a Federico Hindermann, ma sottovoce, con discrezione ed un po’ di ironia, quei tratti che fra i tanti scritti gli ha fatto dire:
La lode va meritata non tanto da chi la riceve quanto da chi la tesse. Dimostri costui di averne il diritto. Fuori i documenti! Quasi sempre ne è sprovvisto. Si procuri almeno un alibi, chiarisca il suo passato, spieghi per quali motivi e come sia giunto fin qui presente alla manifestazione: gradita, vuol dar da bere brindando, al complimentato ( che forse si vergogna inorridito). (da Un pugno di mosche, ANA Edizioni, 2003, p.35)
Senza alcun merito, ma nella convinzione che la nostra cultura ed identità siano fatte anche dai versi di Federico Hindermann, il nostro è, qui, solo un grazie.
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