Le università, Gaza, il dito e la Luna: un racconto
Ti chiedo: ma davvero lo scandalo è nelle università occupate, nei giovani che gridano la loro indignazione, e pretendono che tacciano le armi?
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Ti chiedo: ma davvero lo scandalo è nelle università occupate, nei giovani che gridano la loro indignazione, e pretendono che tacciano le armi?
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Cosa potevano fare questi lavoratori e studenti? Qualche migliaio di persone ha sfilato ripetutamente per le strade, senza che molti vi abbiano fatto caso. Poi, alcuni degli studenti schifati hanno avuto l’idea di riunirsi nelle loro università dicendo che non si sarebbero mossi a meno che la guerra cessasse. Apriti cielo! Avresti dovuto sentire quanti si sono scandalizzati per questo. “Ma che sfilino anche loro, che ritornino sui banchi, che non impediscano agli altri di fare il loro lavoro”. “Basta, si ristabilisca l’ordine, la ricreazione è finita!” Insomma, si è molto parlato di queste “occupazioni”, ma non della condanna dei massacri, non delle cose tristi ma semplici che anche un bambino capisce. No, si è detto cose da adulti, come “bisogna mettere un termine all’ideologizzazione delle università da parte di una sinistra nemica delle libertà e amica del terrorismo”. Non saprei dirti cosa vuol dire, ma dev’essere roba seria, visto che l’ha detto un importante gruppo che conta tanti membri in governo. Insomma è la solita storia del dito e della Luna: tu mostri la Luna e tutti guardano il dito. O allora ti dicono che non è con quel dito che devi mostrarla, o che non devi tenerlo così dritto, e così via. Della Luna non frega granché a nessuno, tranne alle persone sensibili o a quelli che vogliono piantarci una bandiera.
Esagero? Semplifico? Tu questa storia l’avresti raccontata diversamente? È vero che magari gli studenti non sono così ingenui come li ho fatti apparire, però quelli che protestano stanno dalle parte del giusto. Non usano sempre parole adeguate, e alcune delle loro rivendicazioni si possono anche discutere. Per esempio non credo che sia il momento di chiedere di rimuovere una placca che commemora il passaggio in un nostro ateneo di uno dei creatori del paese rifugio. Parliamone in un altro momento e rimaniamo concentrati sull’essenziale: fermare al più presto il massacro e ristabilire la dignità per tutti. Detto questo, non si può pretendere che nelle università non si esprimano opinioni politiche divergenti: è una vita che le università sono schierate, in un modo o nell’altro. Come potrebbe essere diversamente, visto che sfornano quadri dirigenti, e che sono sempre più aperte sulle società che le accolgono. La scienza è prodotta in un contesto, e le università ne sono coscienti. Di fatto, si sono dotate di codici etici largamente discussi, che regolano le loro attività. Oggettivamente, il disagio creato dalle cosiddette occupazioni da parte degli studenti non è stato importante. Il movimento è essenzialmente pacifico, e comunque infinitamente meno violento dell’intervento armato che denuncia. Laddove i rettorati hanno saputo stabilire presto un dialogo con gli studenti le cose sono andate lisce. Altrove non si è trovato niente di meglio che far intervenire le forze dell’ordine.
E quando il disagio e lo sdegno non potranno più esprimersi sui campus, dove troveranno uno sfogo, visto che le istituzioni politiche faticano ad accoglierli? E dove si potrà gridare: allora fate, ma non in nome nostro?
Nell’immagine: la protesta degli studenti dell’Uni di Ginevra (poi fatta sgomberare dalla polizia)
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