Andrea, l’ultimo degli Agnelli se ne va: fine di una dinastia
Cambiare tutto affinché tutto rimanga come prima: basterà?
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Cambiare tutto affinché tutto rimanga come prima: basterà?
la Juventus, per finire con Andrea erede di Umberto e di suo zio Gianni; prestigio, marchio di fabbrica e ‘oppio’ per il popolo dei lavoratori che si identificano con la squadra del Padrone.
Ora: perché azzerare il Consiglio d’ amministrazione? Perché cancellare il nome Agnelli – anche se il padrone resta il cugino Elkann, che ha subito nominato Presidente Gianluca Ferrero? Perché due spade di Damocle pendono sulla testa del Club: la prima è un’inchiesta per «false comunicazioni sociali, false comunicazioni ai mercati, ostacolo alle autorità di pubblica vigilanza, uso di fatture per operazioni inesistenti». In soldoni: i club calcistici si inventano valori eccessivi per il proprio capitale-giocatori, e si inventano incassi eccessivi per le vendite: il tutto per rimanere nei parametri del fair-play finanziario: non possono spendere molto di più di quanto hanno in cassa.
Naturalmente la pratica è corrente, questi trucchi contabili sono frequenti, ma da nessuna parte in uso come alla Juve; su 62 irregolarità riscontrate nei vari club, 42 sono a carico della Juve, che non ha mai accettato di perdere il suo dominio storico.
La seconda spada di Damocle è la conseguenza di questa scuola di pensiero, pensiero «da razza padrona»: se non vinco la coppa dei campioni malgrado gli 80 milioni spesi per Higuain, gli 85 per De Ligt, gli 81 per Vlahovic, i 100 per Ronaldo (più i 30 milioni di paga annuale) non mi resta che la fuga in avanti: la fondazione di una Superlega Europea con una ventina di squadre fisse a dividersi l’enorme torta dei diritti televisivi, operazione che ha visto in prima fila Agnelli, assieme al presidente del Barcellona Laporte, e a quello del Real Madrid Perez.
Operazione che è stata un’autentica pugnalata alle spalle dell’ Uefa, e dell’intero calcio europeo, alle spalle dello sport e dei suoi valori primordiali, della sua ragione d’essere: la speranza di vincere concessa a tutti, nobili e plebei; oltre tutto portata avanti da un uomo, Agnelli, che rappresentava i club europei ed era il vice del presidente Ceferin, che naturalmente ha reagito.
Ora è pendente il giudizio della Corte Europea, che tarda in modo sospetto e che dovrebbe arrivare a febbraio; una sentenza epocale. O la vecchia Europa cancella il progetto o il calcio, lo sport, non sarà più tale. Sarà a circuito chiuso, dove si affronteranno sempre le solite squadre: «vengo anch’io, no tu no!».
Juventus, Barcellona e Real Madrid dicono di battersi contro un monopolio, quello dell’Uefa. Il loro agente, Bernd Reichert è a Bruxelles per difendere il progetto: contatta i deputati ultraliberisti che vorrebbero privatizzare anche Europei e Mondiali e darli in mano con regole nuove a Netflix e soci: a quando la privatizzazione del Vaticano e del Papa? Che sia televisivo, che aumenti gli indici di ascolto, che faccia cassa. Ma la Corte Europea potrebbe non accontentarsi di dichiarare irricevibile, contrario a tutte le carte europee, il progetto privato: potrebbe – spero lo faccia – punire i 3 club, escludendoli per un anno, per esempio, da ogni competizione europea o appioppando loro forti multe.
Agnelli ha dovuto sciogliere gli ultras ‘Viking’ e ‘Drughi’ infiltrati dalla Mafia, diretti da Dino Mocciola, a piede libero dopo 12 anni di carcere per omicidio; è stato messo sotto inchiesta con l’accusa di aver «partecipato personalmente, in alcune occasioni, a incontri con la malavita organizzata»; non ha mai accettato la perdita di due scudetti tolti per le malefatte del direttore generale Luciano Moggi, condannato a 2 anni e 4 mesi di carcere per associazione a delinquere perché ‘comprava’ gli arbitri: un comportamento non da alto dirigente, ma da ‘ultras’, anzi, da uno che pretende di essere sopra la legge.
A lungo, alla Juventus tutto è stato perdonato: di recente anche il goffo tentativo di falsificare l’esame di italiano dell’uruguaiano Suarez, per poterlo ingaggiare secondo le nuove norme.
Ora i nodi vengono al pettine. Un brutto momento per l’intero Paese, non solo per la Juve e la famiglia Agnelli. Con Andrea tramonta una dinastia, spesso paragonata ai Kennedy americani, che in passato ha avuto ben altro stile. Fermo restando il suo ruolo ‘padronale’.
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