Moldavia, sì all’Ue ma tra i veleni: “Putin ha comprato 300 mila voti”
Passa il referendum costituzionale con il 50,4%, la presidente Sandu va al ballottaggio. Bruxelles: interferenze russe senza precedenti. Mosca: elezioni antidemocratiche
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Passa il referendum costituzionale con il 50,4%, la presidente Sandu va al ballottaggio. Bruxelles: interferenze russe senza precedenti. Mosca: elezioni antidemocratiche
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Passa il referendum costituzionale con il 50,4%, la presidente Sandu va al ballottaggio. Bruxelles: interferenze russe senza precedenti. Mosca: elezioni antidemocratiche
Chișinău. La lunga notte elettorale della Moldavia si è trasformata in un’alba di smarrimento e rabbia tra chi credeva che il futuro del Paese fosse già al sicuro, saldamente orientato verso Occidente e con un piede dentro l’Unione europea, di cui l’ex repubblica socialista sarebbe presto diventata il nuovo confine orientale. Dopo ore interminabili appese a uno spoglio capriccioso, capace di ribaltare i risultati nel giro di secondi e per un pugno di voti, una cosa è ormai chiara: la vittoria trionfale delle forze europeiste non è arrivata. Al referendum, che chiedeva agli elettori di cambiare la Costituzione per rendere l’adesione all’Unione un processo irreversibile, il 50,46% degli elettori ha detto “sì”, contro il 49,54% di “no”, una vittoria conquistata per un soffio (13 mila voti di differenza) e solo grazie alla partecipazione massiccia della diaspora (oltre l’88% di “sì”, su 220 mila voti). Un “sì” solo sussurrato e amaro, soprattutto perché anticipato da sondaggi che certificavano il larghissimo sostegno dei moldavi all’Europa e alla sua paladina, la presidente in carica Maia Sandu, che ieri non è riuscita a vincere al primo turno ottenendo il 42,45 % dei voti e ora, al ballottaggio del 3 novembre, dovrà vedersela contro un candidato insidioso, Alexandr Stoianoglo. L’ex procuratore, sostenuto dai socialisti filorussi, ha ottenuto un risultato superiore alle aspettative, poco sotto il 26%, lontano da Sandu, ma capace di portare dalla sua parte gli altri candidati esclusi, 8 su 9 dichiaratamente filorussi.
La presidente sa benissimo cosa l’aspetta. Proprio lei, la scorsa notte, ha smesso il suo solito sorriso e, in un discorso pieno di rabbia, ha attaccato le «forze straniere» che in combutta con «gruppi criminali» hanno manipolato il voto e ha promesso «prove» sull’attività di questi gruppi in grado di «comprare 300 mila voti con decine di milioni di euro». Il riferimento era alla rete di propaganda e attacchi ibridi della Russia, su cui è intervenuta anche Bruxelles denunciando «interferenze senza precedenti». Sandu ha detto che la Moldavia ha assistito a «una frode, un assalto alla libertà e alla democrazia», ammettendo indirettamente di non essere stata in grado di fermare la strategia post-sovietica di guerra ibrida e quegli oligarchi che sfidano l’indipendenza del Paese da trent’anni.
Ieri mattina, a spoglio concluso, ha ripetuto nella sostanza le accuse, intiepidite dal suo ritrovato sorriso e ingentilite nella sostanza: le «prove» della frode riguarderebbero “solo” «150.000 elettori comprati» e saranno consegnate direttamente alla procura. La presidente ha chiamato a raccolta diaspora ed europeisti, «la battaglia non è finita», «dobbiamo unirci nel nome di una visione europea che deve diventare uno scudo contro l’aggressione». L’aggressione, naturalmente, è quella della Russia, la visione è quella diametralmente opposta a quella del suo avversario, l’ex procuratore generale sostenuto dal Partito socialista, Alexandr Stoianoglo.
Originario della Gagauzia, inquisito per abuso d’ufficio, omissione d’atti d’ufficio, corruzione e falsa testimonianza quando indagava sull’oligarca Ilan Shor, (oggi in esilio a Mosca, ma ancora l’uomo del Cremlino in Moldavia), è stato nominato procuratore generale nel 2019 per essere rimosso quando Maia Sandu è salita al potere. Nel 2023 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che il suo diritto a un giusto processo era stato violato. Da allora, nonostante altre inchieste a suo carico, ha goduto della reputazione di una “vittima” del governo filo-Ue di Sandu, ed è diventato il candidato perfetto per il Partito socialista moldavo sostenuto (alcuni dicono “gestito”) da Mosca, il cui leader – l’ex presidente Igor Dodon, plurinquisito -, ha per questo puntato gli occhi sui di lui, apparentemente più moderato e meno filo-russo.
Ma se la forma è sostanza, la sua indipendenza dai desideri di Mosca durerà quanto basta a traghettarlo fino al duello con Sandu, meno di due settimane. Ieri, una volta chiaro che la presidente non sarebbe passata al primo turno, Stoianoglo ha convocato un incontro con la stampa: «Questo voto è un miracolo», ha detto dalla sede del Partito socialista, alle spalle del Liceo Puskin e in faccia a un’armeria.
Giornalisti in piedi, stelle rosse, slogan in russo alle pareti, nessuna domanda e guardie del corpo come armadi, Stoianoglo ha esordito in romeno, lingua ufficiale della Moldavia, leggendo con un forte accento russo un comunicato: «Nonostante il tentativo di polarizzare la società – ha detto diplomatico – tra filorussi e filoeuropeisti, i moldavi hanno dimostrato con il referendum che il cammino europeo non è appannaggio di un solo schieramento». Sull’Europa, all’inizio, si mostra quasi moderato. Poi però passa al russo, e il tono cambia: l’Europa diventa un gruppo di «banditi che cercano di imporci il loro stile di vita e vogliono dettare le loro regole a casa nostra», e «il percorso europeo può significa censura, terrore poliziesco e povertà. La via europea non significa organizzare referendum propagandistici nell’interesse dei privati, irridendo la Costituzione e discriminando la maggioranza dei cittadini». I toni, e i contenuti riecheggiano quelli del Cremlino: «La presidente usa metodi antidemocratici e totalitari». Soianoglo getta poi il guanto di sfida a Sandu, forte dei numeri che, contando i voti dei candidati filorussi, arriverebbero al 56,43%: «Cerca istericamente i nemici del popolo, seminando paura, panico e repressione». La retorica ricorda da vicino certe atmosfere putiniane.
Il prossimo duello per la Moldavia, insomma, è già iniziato. Molte maschere sono cadute, altre ne cadranno ancora e, nonostante gli attestati di stima, la solidarietà, e l’esultanza per un referendum che dovrebbe portare la piccola repubblica in Europa, la porta potrebbe all’improvviso chiudersi.
Nell’immagine: Il primo ministro della Repubblica di Moldova Maia Sandu
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