Di Enrico Pitzianti, Linkiesta
Secondo alcuni è un dato negativo che un miliardario come Bill Gates sia tra le figure più influenti nel dibattito ambientalista. Secondo altri è un bene: chi meglio di lui, ricchissimo imprenditore con ottime conoscenze in fatto di scienza e tecnologia, può occuparsi della più grande sfida che affronta in questo momento la nostra specie?
Lui stesso si è definito «messaggero imperfetto» della lotta al riscaldamento globale, e lo ha fatto proprio per via della sua grande impronta ecologica e del suo stile di vita. Insomma, Gates sembra consapevole di avere un nomea ingombrante, ma ha deciso di usare la propria celebrità e il posto di rilievo che occupa nello spazio pubblico per insistere soprattutto sui temi ambientali, consapevole di essere impossibile da ignorare. L’ultima prova di questa sua volontà è “Clima: come evitare il disastro”, l’ultimo suo libro in cui il magnate di Seattle fa un quadro realistico di come si potrebbe evitare la catastrofe ecologica.
Da sempre, il Bill Gates personaggio pubblico sembra un preciso tipo di miliardario. Piuttosto raro. Uno di quelli la cui ricchezza (e il potere e la fama che ne derivano) non ha dato il via a ridicole eccentricità, semmai ha innescato una seria e razionale presa di coscienza delle proprie possibilità di fare la differenza in società. Gates sembra il tipo di persona che chiunque di noi si augura di diventare, o rimanere, nel fortuito e remotissimo caso di diventare miliardario. Il suo vestiario da impiegato, il taglio di capelli, la postura, il modo di parlare calmo e ragionato, tutto sembra farci scorgere una psiche stabile e un uomo affidabile. Molto diverso da chi, con l’arrivo dell’estrema ricchezza, scade nella mondanità e si presenta in modo che fa trasparire un palese rifiuto della propria età e, spesso, dell’idea stessa di mortalità. I ricchissimi, anche quelli con una certa intelligenza, finiscono inevitabilmente per essere oggetto di gossip, chiacchiere del peggior giornalismo concentrate su vizi e più o meno veritieri fidanzamenti. Se si cerca su Google «Bill Gates», invece, le notizie che appaiono vengono tutte da una sua consapevole esposizione su un tema sociale. Anche su quelli maggiormente, come ormai si dice, “divisivi”: vaccini, energia nucleare, cooperazione internazionale, tassazione per i più ricchi e così via.
Gates ha 66 anni, tre figli e un recente divorzio alle spalle. Nel 2020 si è dimesso dal consiglio di amministrazione di Microsoft, l’azienda che ha fondato e di cui per decenni è stato il volto noto. Ad oggi non ha incarichi politici, ma un’importante fondazione filantropica (si ritiene sia la più ricca al mondo) che gestisce insieme alla sua ormai ex moglie, Melinda Gates.
Naturalmente esporsi così frequentemente su temi come la ricchezza, l’energia e la sanità, per un imprenditore molto esperto di tecnologia ha anche una conseguenza negativa inevitabile: essere uno dei personaggi più citati e odiati dai complottisti di tutto il mondo. C’è chi crede che Gates non sia un ricco e influente imprenditore statunitense, ma uno dei malvagi ideatori di piani per l’estinzione umana, ma anche parte di sette religiose occulte e misteriosissime, nonché alieno sotto mentite spoglie e fautore di progetti per il controllo delle menti. L’ormai celebre fissazione dei complottisti per il microchip sottocutaneo, per esempio, fa capo a una narrazione dove i cattivissimi ideatori del piano sarebbero quasi sempre due: George Soros e, per l’appunto, Bill Gates. La sua scelta di esporsi però, fa sì che Gates non ignori, ma risponda direttamente anche a queste tesi. E così, in un’intervista concessa a Reuters, le chiama «evil theories» e si augura che in futuro l’educazione si concentri anche su questo, sulla dietrologia e il complottismo.
«Nessuno avrebbe mai potuto prevedere che io e il dottor Fauci saremmo stati così tanto protagonisti in questo genere di teorie davvero malvagie sulla creazione della pandemia e sul tentativo di trarne profitto. Sono sorpreso». Ovviamente, il fatto stesso che Gates in persona ne abbia parlato, darà il via a infinite, nuove, teorie complottiste. Non sono fenomeni passeggeri, ma paranoie di massa alimentate dal meccanismo con cui funzionano i social network. D’altronde oggi c’è chi sostiene, ricevendo migliaia di like, che Gates sarebbe molto vicino a essere incastrato e processato per aver causato la pandemia, e che se entrasse in India verrebbe condannato a morte. Che sia falso, proprio per come funzionano le teorie del complotto, ha poca importanza.
Come scrivevamo su Linkiesta pochi giorni fa, Gates oltre alla divulgazione e l’esposizione in prima persona sui temi ambientali, ha anche dei progetti che agiscono direttamente sul contenimento della crisi climatica. La sua azienda TerraPower finanzia la ricerca scientifica sul nucleare – energia che secondo lui potrebbe servire ad abbandonare immediatamente la nostra dipendenza da combustibili fossili in attesa di passare al 100% di energie rinnovabili – e su dei nuovi reattori più piccoli, efficienti e di veloce costruzione.
È la sua capacità di non essere solo un influencer del cambiamento climatico, ma anche un tecnico, a rendere la figura di Gates unica e così influente. Nel suo ultimo libro che citavamo poco fa (sul Guardian c’è un’ottima recensione firmata dall’ex primo ministro britannico Gordon Brown) c’è un elemento della transizione ecologica che Gates chiama «green premium», cioè la differenza di spesa che esiste tra un prodotto e lo stesso prodotto nella sua versione non inquinante. Qual è la differenza di prezzo tra una tonnellata di cemento prodotto – come avviene oggi – senza far caso alle emissioni che provoca e un cemento “pulito”? Circa del doppio. E qual è la differenza di prezzo tra un’auto con motore standard e un’auto elettrica? Ecco, abbattere questa differenza di costi e prezzi è l’obiettivo principale, secondo Bill Gates. Perché se non venisse abbattuta, allora qualunque paese in via di sviluppo (e anche molti paesi economicamente sviluppati, a dire il vero) rifiuterebbero a priori le misure ecologiche, per il semplice motivo di essere sconvenienti.
Gates cita questo e diversi altri dati perché, a suo parere, l’obiettivo dei paesi industrializzati non può limitarsi a raggiungere la soglia della neutralità carbonica (cioè il punto di equilibrio tra i gas serra emessi in atmosfera e quelli che il pianeta può assorbire). Serve creare un sistema economico in cui la transizione sia conveniente. E va fatto proprio perché la situazione è grave abbastanza da imporre una certa fretta, nel raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Sono ragionamenti, certo, e come tali possono essere discussi e confutati, ma sono basati su dati oggettivi.