Salvate il giornalista!
Quello recente non è solo lo sfogo di un politico stressato. In ballo c'è ben altro
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Quello recente non è solo lo sfogo di un politico stressato. In ballo c'è ben altro
• – Silvano Toppi
Il PS ticinese a congresso l'8 giugno per ridefinirsi dopo la scissione del 2022 - Di Martino Rossi
• – Redazione
Un "decreto fuffa" (dice Elly Schlein) tirato fuori dal cappello in extremis per raschiare il fondo del barile elettorale
• – Gino Banterla
Una voce che va ascoltata - Di Massimo Danzi
• – Redazione
La cosiddetta Europa delle nazioni, reclamata dalle destre di tutto il continente, avrebbe ben poco da aggiungere al peso che già oggi gli stati nazionali esercitano sull’azione e soprattutto sull’inazione delle politiche europee
• – Redazione
Il Primo Ministro indiano rimane al potere, ma perde la maggioranza assoluta per la prima volta in 23 anni di carriera politica, e non appare più così saldo al comando
• – Loretta Dalpozzo
La denuncia di "Anziane per il clima", che aveva ottenuto ragione dalla Corte europea dei diritti umani nel ricorso contro la Svizzera
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Se la guerra a Gaza dovesse concludersi con una seconda Nakba, la legittimità di Israele sarebbe definitivamente compromessa
• – Redazione
Un secolo fa moriva l’autore de “Il processo” e “La metamorfosi”. Ora il monumentale libro di Rainer Stach ne ricostruisce la vita in tre volumi: un piccolo e prezioso miracolo editoriale
• – Redazione
Quello recente non è solo lo sfogo di un politico stressato. In ballo c'è ben altro
Si scrive anche: in quell’ ignobile scena” (il politico che vuol annientare il giornalista reo di avergli fatto una domanda critica) c’è anche un pregio: risvegliare un dibattito al quale nessuno che abbia a cuore la salute della democrazia dovrebbe sottrarsi (v. “Il pregio di una sbroccata, di Daniel Ritzer su “La Regione”). Qui perlomeno si tenta di risuscitare le sentenze di Seneca o Svetonio (“quae nocent docent”, le cose che nuociono possono istruire) passate in certa misura anche nel diritto romano. Che sia però necessario che qualcosa debba danneggiarti per ammaestrarti o farti accorgere che c’è un valore intangibile, la democrazia, sembra purtroppo sempre più aria dei nostri tempi, mai preoccupati di toccare il fondo. E non è certo un buon segno e tanto meno una giustificazione per il peggio che viene (v.ad esempio discorsi sul clima)
Sarà anche per questo che apparendo negli stessi giorni dell’”ignobile scena” l’analisi sempre accurata di “Reporters sans frontières” (RSF) sulla libertà della stampa 2024 (con il sottotitolo esplicito: “le journalisme sous pressions politiques”) si rimane ancor più tristemente colpiti perché si ha la conferma che tutto fa parte di una tendenza generale: precipita di parecchi punti la libertà della stampa a livello internazionale, persino in paesi che figuravano ai primi posti tra i più liberali e socialmente aperti e avanzati, passati in buona parte negli ultimi tempi a governi retti da partiti o da coalizioni di destra o destra estrema (v. Norvegia, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Finlandia, Estonia; Svizzera posta al nono posto). Si è abbassato di molto quello che vien definito: “indicatore politico”: Stati e partiti politici svolgono sempre meno la loro funzione nella protezione della libertà della stampa e “questa deresponsabilizzazione (si osserva) si accompagna a una rimessa in discussione del ruolo dei giornalisti”. Cresce così una strumentalizzazione dei media in campagne di accalappiamento, che avviene anche attraverso pressioni o dominanze o accorporazioni finanziarie e quindi, in concreto, di sistematica volontà di disinformazione politica, con il denaro principe.
E qui emerge spesso, quasi tragicomicamente, un altro paradosso: la stampa critica o la televisione che rivela quanto c’è di incongruente nella realtà politica finiscono sempre per essere etichettate “di sinistra”. Capita però che a dominare, politicamente, rimane sempre la destra e sembra quindi che stampa o televisione abbiano scarsa o contraria presa sull’elettorato. La destra avrebbe quindi l’interesse a lasciar le cose come sono (soprattutto per la Televisione) e stare allegra perché, a quanto pare, le giova. Tuttavia è tipico della destra possedere e sentirsi sempre, anche quando è dominante, in un complesso di inferiorità, soprattutto intellettuale, e di necessaria conquista di tutto quanto può “fare cultura”, soprattutto giornalistica.
È vero, i giornalisti, dicono alcuni, possono ormai essere i pedagoghi della complessità. Sempre infatti in una posizione ambivalente: da un lato temuti per la possibilità che hanno di ricercare e investigare negli angoli anche oscuri della vita politica e sociale, d’altro lato detestati per il potere pressoché “giurisdizionale” che la democrazia (o la Costituzione) assegna loro. Perché “il giornalismo degno di questo nome è la condizione di un sistema democratico e dell’esercizio delle libertà politiche”, si afferma sin dall’inizio nel rapporto citato di RSF.
La stampa è fondamentalmente “politica”. E ridicolo, per un giornalista, sentirsi rimproverare di “fare domande politiche” (ridotte poi sempre, per ipocrita scrupolo democratico, a “ideologiche” e, quindi, per dire: di parte, solitamente di sinistra, e sobillatrici).
La stampa ha sempre accompagnato le grandi battaglie per la libertà dalla fine del XVIII secolo. Tributaria del diritto di pensare, è e deve essere il vettore naturale di tutte le rivendicazioni (ed anche le critiche) che contribuiscono a costruire la democrazia.
Un’idea politica, poi, non esiste se non trova il supporto di un giornale. In particolar modo da noi, nel Ticino, la stampa prettamente politica (il tempo di ogni partito un quotidiano, perlopiù ad “orto chiuso”) ha ceduto il posto ad una stampa di informazione. Non disertando per questo la vocazione originale: un editoriale, un commento, una domanda critica nutrita dalla realtà, dall’osservazione, ci dice sempre (o quasi sempre) che il giornalista non è solo un osservatore (o, si è detto qui, un postino o, televisivamente o radiofonicamente, un semaforo che assegna i tempi …della parlata), ma è fattore della vita sociale e politica e quindi della democrazia.
Il paradosso o la dannazione è che oggi, con i nuovi media, tutti sono diventati e si pretendono giornalisti, così come tutti, dopo aver consultato Internet, si recano dal medico indicandogli o suggerendogli la propria diagnosi.
È a questo punto che i media diventano l’oggetto sul quale si tenta di esorcizzare la gamma immensa delle collere o insoddisfazioni collettive. Tanto più che offrono agli individui una esperienza singolare, prova mentale inedita nella storia delle società: un confronto permanente allo spettacolo del mondo nel quale vivono. Questo confronto incita lo spettatore a valutarsi rispetto agli altri, a paragonarsi. Costringe a prendere posizione su temi o situazioni nei confronti dei quali è perlopiù impotente, per livello di conoscenza, ricerca e verifica (compiti fondamentali di un giornalista formato): un flusso di opinioni, di parole, di immagini che ti si rovesciano addosso secondo un principio di equivalenza, inducendoti a farti diventare il solo giudice. E qui c’è il rischio di una paranoia incrociata tra i giornalisti e il pubblico. Oppure quello di fare della stampa, della televisione, il comodo capro espiatorio di tutto.
Nell’immagine: la situazione mondiale della libertà di stampa. La Svizzera “soddisfacente” (giallo), ma non “buona” (verde)
Dopo la morte di Abraham B. Yehoshua quale figura letteraria potrà farsi paladina della lotta politica in Israele?
Dopo lo strano “caso” dell’incidente automobilistico che ha visto coinvolto il Direttore del Dipartimento Istituzioni, tutti i pompieri hanno negato che esista un “caso Gobbi”, ma...