Negli ultimi giorni sulla stampa nostrana e nei corridoi (visto il periodo elettorale forse meglio dire nei bar) della politica si è molto discusso di quanto successo lo scorso novembre al Consigliere di Stato Lega/UDC Norman Gobbi (ha la doppia affiliazione, per cui è abbastanza curioso per non dire assordante il silenzio dei democentristi sulla vicenda) e portato alla luce da un’interpellanza del presidente nostrano de Il Centro Fiorenzo Dadò a metà marzo.
In estrema sintesi: il cittadino Norman Gobbi – perché non risulta che al momento dei fatti rivestisse ruoli istituzionali – è stato coinvolto in un incidente d’auto mentre era al volante, pare senza colpa, ma lievemente alticcio. Non vi sono stati feriti, per cui non sarebbe neppure stato necessario chiamare la polizia. Tuttavia, visto che non è stato possibile raggiungere un accordo tra le persone coinvolte, le forze dell’ordine sono state allertate per le constatazioni del caso. Fin qui nulla da eccepire né di strano, ché di incidenti di tal fatta ne succedono decine ogni giorno: non si capisce dunque perché non sarebbe potuto accadere anche al signor Gobbi.
In questo senso dobbiamo dare ragione alla Lega quando afferma che non c’è nessun “caso Gobbi”, e molto in parte all’avvocato Galfetti, che assiste il nostro al momento ancora comune cittadino, quando scrive di “panna montata senza panna”, montata dai/sui media (per contro sulla calunnia, fossi in lui, sarei più cauto, visto che tacciare qualcuno di calunniatore ben sapendo, da avvocato, che non vi sono le condizioni per questo reato, paradossalmente potrebbe far scattare proprio la stessa accusa nei suoi confronti da chi si fosse sentito offeso).
Qui, tuttavia, inizia la sua disavventura. Perché il signor Gobbi non è un cittadino qualunque, ma nella sua veste di politico ricopre anche la carica di direttore del Dipartimento delle Istituzioni, per cui formalmente tutti gli agenti di polizia sono suoi sottoposti. Immaginarsi il riflesso pavloviano di sudditanza condito dall’istinto di sopravvivenza dei poverini inviati sul posto non è dunque per nulla difficile. Ma anche questo se non normale è per lo meno comprensibile – vorrei vedere faccia e reazione di chiunque nel momento in cui scopre il suo personale megadirettore galattico con le mani nella marmellata – per lo meno se, passato lo stupore e ripresi sensi e padronanza di sé, i sottoposti con il loro superiore si fossero comportati esattamente come farebbero con una qualsiasi altra persona.
Purtroppo, lo sappiamo, non è andata così, e fra test di controllo fatti (per di più sbagliati) oltre ogni tempo massimo immaginabile, mezzi che scompaiono dal luogo dell’incidente (l’universo parallelo Ticino può vantare un nuovo caso ai confini e oltre la realtà: l’auto che si scontra con se stessa), versioni dei fatti che necessitano di un’aggiustatina quasi continua, rivelazione stampa dopo rivelazione stampa – malvezzo usuale nei nostri politici, visto anche quanto successo e sta succedendo a Lugano con la demolizione dell’ex macello – di panna da montare, ci scuserà l’avvocato Galfetti, ce n’è a iosa.
Per colpa di chi, ossia se per pressioni del Consigliere di Stato (perché se le ha fatte, le ha fatte in questa veste) o, appunto, per sudditanza congenita delle nostre forze dell’ordine, non ci è dato di sapere, e probabilmente mai si saprà. Punterei tuttavia su questa seconda ipotesi, tanto più che, a quanto pare, non è neppure la prima volta che fatti simili accadono. In effetti in questi giorni nei corridoi e nei bar non solo della politica ma di tutto il Cantone si sta facendo a gara a raccontare di quella volta che anche a me… Sarà che nessuno degli “eminenten” nostrani (politici, direttori di ogni tipo e sorta e chi più ne ha più ne metta) vuole sentirsi così piccolo e insignificante da non voler/dover dimostrare in questo modo che lui è uno che conta, ci sarà anche la sindrome da pescatore per cui molto verrà ingigantito, ma se più persone raccontano storie simili, ipotizzare che al fondo qualcosa di vero ci sia alla fine pare anche lecito.
Insomma, se non c’è alcun “caso Gobbi”, come afferma la Lega, c’è di sicuro un “caso polizia”, che agirebbe in modi diversi e userebbe riguardi diversi a dipendenza di chi ha di fronte, ben oltre, verrebbe da pensare, a quanto la sempre possibile interpretazione di leggi e regolamenti e il loro adattamento alle situazioni particolari permetterebbe. Una disparità di trattamento tra cittadini riprovevole per principio, su cui la politica dovrebbe non solo chinarsi e intervenire con la dovuta fermezza per eliminarla (che sarebbe poi il minimo sindacale richiesto), ma di cui dovrebbe anche assumersi la responsabilità, traendone magari anche le conseguenze del caso. Pure personali.
Ricapitoliamo: sull’incidente non esiste alcun “caso Gobbi”, perché a chiunque può accadere di essere coinvolti in un sinistro (e anche di bere un paio di bicchieri e perciò guidare con lo 0,5 per mille di alcool nel sangue); esiste per contro un “caso polizia”, perché non è ammissibile che, in uno Stato di diritto, leggi, regolamenti e procedure siano applicati in funzione della carica ricoperta, del censo o dello status sociale dei cittadini; esiste quindi un “caso Gobbi”, perché la responsabilità politica del malandazzo in auge tra le nostre forze dell’ordine e che proprio l’incidente occorso al consigliere di Stato Lega/UDC ha fatto emergere, non può non ricadere su chi il Dipartimento delle Istituzioni lo dirige dal 2011, ossia da ben quattro legislature.
È il “sillogismo Norman Gobbi”. Praticamente perfetto.
Senza dimenticare che tra permessi facili, targhe vendute sottobanco e un paio di altre robette già emerse negli anni passati, non è che il DI in questi anni abbia brillato per rigore procedurale e rispetto della legalità. Il povero “SuperBeltra” era stato mandato in pensione anticipatamente per molto meno, ci par di ricordare.
Ed ora siamo arrivati addirittura all’apertura di un procedimento penale aperto dal Ministero pubblico nei confronti di un agente di polizia (per favoreggiamento) e nei confronti di “ignoti” per abuso di potere. I soliti ignoti? E vai col sillogismo.
Nell’immagine: la panna c’era, eccome (visualizzazione IA di DreamStudio)