Se l’astensionismo viene dal centro
Si è concentrato di più tra le donne, i giovani, gli operai, i disoccupati, i piccoli imprenditori e artigiani e i meno istruiti
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Si è concentrato di più tra le donne, i giovani, gli operai, i disoccupati, i piccoli imprenditori e artigiani e i meno istruiti
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Si è concentrato di più tra le donne, i giovani, gli operai, i disoccupati, i piccoli imprenditori e artigiani e i meno istruiti
L’astensione è entrata prepotentemente nel novero delle scelte di voto dei cittadini. Il voto non è più inteso un dovere come era in passato. Il voto è un diritto conquistato,ma l’esercizio del voto spesso non è percepito come tale, ma come un’opzione possibile e spesso improbabile. Ormai si può votare o non votare. Cioè, il voto è diventato a tutti gli effetti una facoltà di cui avvalersi oggi, e domani chissà. Non è necessariamente sfiducia totale, anche se a volte lo è, né rifiuto aperto, può essere anche attesa per un successivo riallineamento o di una proposta convincente o di interesse. Certo è che nella storia della Repubblica non avevamo mai raggiunto livelli così bassi di partecipazione al voto, mai sotto al 50% né in elezioni politiche né in quelle europee. Sono molto lontani gli anni di altissima partecipazione
D’altro canto il processo di ricomposizione strutturale dei partiti e la loro crisi verticale è andato avanti inesorabilmente, la complessità è cresciuta ed è sempre più difficile per i cittadini riuscire ad orientarsi. Basti pensare che nel 1976 la somma dei voti dei primi due partiti arrivava a 73.1% e ora al 45% nel 2022. L’elettorato è diventato più mobile, e così si arriva in soli 10 anni prima al successo improvviso e, nelle Europee del 2014, vertiginoso del Pd di Renzi, poi a quello dei 5 stelle, di Salvini e infine di FdI di Meloni.Cambiamenti così vistosi come negli ultimi 10 anni risultano anomali nella storia del nostro Paese. Ma parallelamente a questi sconvolgimenti che cosa è successo negli ultimi 10 anni nel rapporto con la politica da parte dei cittadini? Si informano di politica molto di meno. Calano, secondo l’Istat, di 12 punti percentuali quelli che lo fanno almeno una volta a settimana e raggiungono faticosamente il 50,6%.Tra le donne si informano di politica solo una minoranza, il 44,6%. Tra i 20-24enni sono ancora meno,il 38,2%. Si dimezza l’ascolto di dibattiti politici fino all’11% e diminuisce la lettura dei quotidiani, cioè di quegli strumenti che consentono maggiore approfondimento. Calano anche gli strumenti informali, come l’informazione tramite parenti, amici, colleghi, che in passato crescevano, mentre quelli di approfondimento diminuivano. Era quindi facilmente prevedibile che l’astensionismo potesse crescere.
Ma dove si è concentrato di più? Secondo i dati Ipsos, tra le donne, i giovani, gli operai, i disoccupati, i piccoli imprenditori e artigiani e i meno istruiti. Quella che dovrebbe rappresentare la base elettorale di un campo progressista. I dati Ipsos ci dicono anche un’altra cosa rilevante. Non si sono astenuti di più coloro che si dichiarano di sinistra o di destra, né quelli che si dichiarano di centro-sinistra o di centro — destra, ma chi si dichiara di centro e chi non esprime il suo schieramento. E guardate che il totale di questo raggruppamento non è piccolo, supera il 40%. Sapete questo che vuol dire? Che c’è una potenzialità enorme per un campo progressista che sappia farsi interprete delle questioni chiave delle condizioni di vita dei cittadini, e della democrazia di questo Paese con approccio innovativo e di competenza. Credo che il governo stesso stia sottovalutando l’impatto che l’autonomia differenziata avrà sul Paese, con le gravi conseguenze particolarmente nel Mezzogiorno. Un patto di potere a danno dei più deboli. Una parte non piccola della popolazione si sentirà tradita ed abbandonata, soprattutto al Sud. E allora ci sono due anni e poco più alle prossime elezioni politiche. La fiducia si ricostruisce elaborando una proposta politica credibile, UNENDOSI, superando i conflitti interni, non mettendo steccati a priori, puntando su figure competenti e significative, come tante sono emerse dalle elezioni comunali, regionali ed europee. Affrontando le questioni concrete che sono a cuore della maggioranza dei cittadini, su punti qualificanti, che riescano a coniugare, rendendole indissolubili, la spinta allo sviluppo economico con l’equità sociale, la cura del territorio e dell’ambiente e la difesa e sviluppo dei diritti e della democrazia. Se si è uniti, c’è spazio per la crescita di tutti. Se ci si divide si perde tutti.
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