Sempre più soldi per le forze armate, sempre meno per la spesa sociale
Il bilancio militare russo indica le vere intenzioni di Putin sulla guerra contro l’Ucraina
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Il bilancio militare russo indica le vere intenzioni di Putin sulla guerra contro l’Ucraina
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Il bilancio militare russo indica le vere intenzioni di Putin sulla guerra contro l’Ucraina
Nelle ultime settimane più di un analista ha iniziato a sostenere la tesi che la guerra russo-ucraina volgerebbe all’epilogo. E davvero esistono alcuni buoni motivi per ritenere che nel giro di qualche mese ci possa essere un’evoluzione sia diplomatica sia sui campi di battaglia. L’eventuale vittoria di Trump nelle presidenziali americane, la stanchezza degli eserciti al fronte, la pressione crescenti di alcuni Paesi chiave per una soluzione negoziale, sono fattori che incidono e incideranno nelle dinamiche politiche nell’ex Urss. Malgrado ciò quando si scruta il cielo di Mosca i motivi di ottimismo si diradano.
Per intendere quali siano le intenzioni di Putin per i prossimi mesi e forse anche anni in Ucraina, basta andare come si suol dire al sodo, basta cioè dare un’occhiata alla bozza della legge di bilancio della Federazione Russa. Scritto nero su bianco il 30 settembre sul sito della Duma, il governo del premier Michail Mishustin prevede per il 2025 che le spese militari ammontino a 13,5 mila miliardi di rubli. L’incidenza sul PIL sarà del 6,31%, mentre in totale, la difesa e la sicurezza rappresenteranno il 41% di tutte le spese.
Un aumento vertiginoso rispetto allo scorso anno, che già era stato da guinness (10,4 mila miliardi di rubli). Nel 2023, nelle previsioni per l’anno successivo il governo russo aveva promesso che avrebbe ridotto le spese per la difesa a 8,4 mila miliardi. Promesse da Pinocchio verrebbe da dire (anche in Russia, con il nome di “Burantin”, la favola di Collodi è molto nota).
Restano così solo le briciole per la spesa pubblica propriamente detta. Per le pensioni e i contributi alle famiglie saranno stanziati 6,4 mila miliardi, 3,2 mila miliardi andranno alle regioni, ci saranno 1,6 mila miliardi per lo sviluppo tecnologico. Fanalini di coda la sanità (1,8 miliardi) e l’istruzione (1,5 mila miliardi).
Anche le bollette saranno più care: a partire dal 1° luglio, il prezzo dell’elettricità aumenterà del 12,6%, quello del gas del 10,3% e il totale delle utenze sarà “indicizzato” dell’11,9%. Non è tutto: a partire dal nuovo anno, le tariffe per il trasporto ferroviario di passeggeri aumenteranno dell’11,6%. In arrivo anche un’imposta salata sui depositi bancari che colpirà soprattutto il ridotto ceto medio urbano russo.
Anche il costo del mantenimento di colui ha che ha voluto e pervicacemente pianificato la guerra in Ucraina aumenterà fino a 31 miliardi di rubli all’anno. Nel 2025 la spesa per il mantenimento di Putin e del suo staff aumenterà di oltre il 25%. Per capire di cosa si tratti basterà segnalare che questo importo supera i bilanci complessivi di quattro regioni della Russia: i Distretti Autonomi Ebraico e di Nenets (20,5 miliardi di rubli e 25,5 miliardi di rubli), nonché la Calmucchia (26,6 miliardi) e l’Inguscezia (27,7 miliardi).
Il fattore principale dell’aumento della spesa sarà l’aumento degli stipendi dello stesso Putin e del personale del Cremlino. Il fondo salariale dell’amministrazione presidenziale, che impiega circa 2 mila persone, passerà da 18 a 21 miliardi di rubli nel 2025. Che tutto ciò non possa piacere al cittadino comune è chiaro e così l’amministrazione presidenziale ha “raccomandato” ai propagandisti di non dire ai russi dell’aumento della spesa per la guerra con l’Ucraina. Secondo quanto rivelato dal portale di opposizione “Meduza” l’amministrazione presidenziale teme che le notizie in merito “provochino una percezione negativa tra i cittadini” e possano portare a un calo della popolarità del governo”. I media avrebbero ricevuto istruzioni precise: il bilancio in generale “non dovrebbe essere un argomento tabù”, ma “la conversazione su di esso [nei media] dovrebbe essere condotta con i giusti accenti”. Aggiunge una fonte vicina all’AP: secondo una “gola profonda” del Cremlino, idealmente le pubblicazioni dei media sul bilancio dovrebbero ispirare “l’ottimismo sociale”. La stessa fonte sostiene che tra l’altro Putin ha smesso di considerare la possibilità di colloqui di pace con Kiev dopo che le Forze armate ucraine hanno invaso la regione di Kursk ed è pronto a combattere fino a quando lo Stato ucraino “cadrà a pezzi”.
Non che in Russia sia tutto rose e fiori. “Circa il 15-20% degli impianti di raffinazione del petrolio è fuori uso, ed entrambi i Paesi hanno l’inverno davanti”, sostiene un altro funzionario statale che preferisce naturalmente restare anonimo. E ha aggiunto che Putin non scambierebbe la regione di Kursk con Donetsk o Luhansk. Allo stesso tempo, i sostenitori dei colloqui di pace nel governo dopo l’operazione Kursk sarebbero ora in minoranza.
Così, incurante dei pacifisti a senso unico, il Cremlino sembra pronto ancora a combattere una lunga guerra, iniettando denaro a più non posso nel suo onnivoro complesso militar-industriale.
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